Lo scippo della volontà popolare si consuma nel tardo pomeriggio del 28 giugno 1994 nella sala del consiglio comunale di Cremona
L'afa toglie il fiato. Un improvviso acquazzone, preceduto da due potenti tuoni, le fa solletico.
Pubblico delle occasioni storiche che, incazzato contro l'amministrazione comunale, già prima della votazione, si fa sentire: «Buf-fo-ni, buf-fo-ni». Cartelli e striscioni completano la coreografia. Polizia municipale e Digos vigilano.
Presenti trenta consiglieri su quaranta, che al momento del voto si riducono a ventotto.
Con 21 voti favorevoli, 6 contrari e un astenuto viene approvata la mozione Ppi-Pds che respinge il risultato del referendum consultivo che aveva bocciato la costruzione dell'inceneritore in via San Rocco. Tra i favorevoli, il consigliere dei verdi, sostenitore convinto e attivo del referendum. Un colpo di teatro che lascia basiti. Un calcio nelle parti basse che fa male e non giova alla politica.
La vittoria dei referendari del 18 giugno è sepolta. L'amarezza è molta, la rabbia ancora di più.
Bruno Poli, portavoce dei referendari, detta l'epigrafe da incidere sulla lapide: «Ladri di verità, di giustizia, di democrazia». È standing ovation.
Mario Bini, leader degli Autonomi, con tutto il fiato che ha in corpo, assicura: «Occuperemo l'area». Viene accompagnato fuori dall'aula consiliare dalla polizia municipale.
La promessa sarà mantenuta. In via San Rocco nascerà Forte Apache, un'esperienza unica e, pertanto, irripetibile.
Quasi tre mesi dopo lo scippo, il 17 settembre il terreno destinato ad ospitare l'inceneritore è presidiato dagli Autonomi. Viene piantata una baracca che il quotidiano La Provincia battezza Forte Apache. Sarà smantellata nel maggio del 1995.
La costruzione non ha nulla dell'avamposto militare in terra ostile. Realizzata con materiale di recupero, vicina ad una roulotte, un murales – il Mulino nero - su una parete esterna, rappresenta nel contempo il simbolo della precarietà e della tenacia. Quando soffia un vento un poco più intenso di una brezza, il tetto si solleva. I pezzi dispersi nel prato intorno sono raccolti e, in poche ore, il Forte ritorna agibile.
La sera di lunedì 22 novembre 1994, all'oratorio di San Sigismondo, quartier generale di Cremona Pulita, viene stipulato un accordo tra gli Autonomi del Forte e la stessa Cremona Pulita, associazione moderata, presidente Federico Balestreri.
L'operazione, all'apparenza impossibile, è sancita con un Manifesto sottoscritto da entrambe le parti. Sei punti programmatici codificano l'agire comune. Non è escluso un rapporto con i partiti e viene valutata la possibilità di blandire quelli vicini alle posizioni del Forte, in prima fila Rifondazione Comunista.
Per i più duri e puri, soprattutto tra gli autonomi, l'alleanza è contro natura. È una vergogna.
L'accordo tiene, ma rimangono le differenze tra le due componenti, divise da estrazione sociale, cultura e prospettive politiche antitetiche.
Funziona perché i protagonisti comprendono che tatticamente il patto è l'extrema ratio per ridare impulso alla contestazione dell'impianto dopo la cocente sconfitta politica del 28 giugno.
In uno scontro che non prevede il pareggio, la scelta di Autonomi e Cremona Pulita di muoversi uniti è lungimirante e mediaticamente molto vantaggiosa.
Le azioni programmate - dagli striscioni appesi alle finestre, al volantinaggio, all'assemblea del mercoledì alle 19 al Forte, alla vendita delle cartoline con il Mulino nero - ottengono un notevole successo. L'organizzazione dei turni di guardia h 24 al Forte crea qualche difficoltà, soprattutto per quelli di notte, ma il problema viene risolto in fretta.
Tra i due estremi Autonomi e Cremona pulita si muovono numerosi comitati e associazioni con personalità precise e indipendenti e obiettivi specifici. È la galassia ambientale che, nel rispetto delle differenze e delle specificità di ciascuna aggregazione, dimostra una solidarietà ed una unione esemplari.
C'è il Comitato del quartiere del Battaglione - un nome, un programma - presidente Claudio Lucini. C'è il Comitato dell'Incrociatello, presidente Francesco Bordi. C'è il Comitato contro l'inceneritore e la raccolta differenziata con Enrico Gnocchi, Giancarlo Ziglioli, Dante Ferrari, Giuseppe Corni. È la pietra angolare sulla quale viene costruita prima l'opposizione all'inceneritore e successivamente il comitato per il referendum. C'è il Comitato difesa della Terra di Malagnino con Ruggero Poli. Non mancano Greenpeace con Matteo Lodi e Germana Scaglioni e WWf con Carlo Capurso.
È un elenco parziale, ma sufficiente per capire la vastità della mobilitazione.
Il 20 dicembre gli irriducibili del Forte, insieme ai riformisti di Pannella e ai militanti di Rifondazione Comunista si recano in consiglio comunale. Una delegazione è ricevuta dal sindaco Alfeo Garini. Si scambiano i regali natalizi.
Per il sindaco, del carbone. Per la delegazione, una bottiglia di whisky Johnnie Walker Black Label, 12 anni. «Serve per scaldarvi per le ore passate al Forte». Insieme alla bottiglia Garini consegna una copia del diploma con la benemerenza Cremona comune riciclone ricevuta per avere realizzato una raccolta differenziata tra le più alte d'Italia. Sul diploma la dedica «Gli amministratori ringraziano e augurano buone feste».
Il sindaco promette che la baracca abusiva non sarebbe stata abbattuta.
La delegazione torna in consiglio e si unisce al resto della truppa che ha esposto uno striscione molto esplicito sulle intenzioni. «Senza il rispetto del referendum nessuna pace». Così fu.
Il Natale non fa il miracolo. Inizia un'altra storia.