Questa rubrica si va vieppiù arricchendo di lettere dei lettori e di pronunciamenti ufficiali di movimenti ed associazioni, di singoli lettori. Il focus sta diventando, come giusto, una sorta di progress working di percezioni, riflessioni, convincimenti e testimonianze.
Gli sviluppi, in larga parte imprevedibili (ad eccezione dell'incipit) dell'affaire rivelano ogni giorno, ogni ora del giorno, materie che offrono stimolo sia per condanne quasi scontate sia per approfondimenti ineludibili, per chi vuole interpretare adeguatamente i fatti e schierarsi a ragion veduta.
Pubblichiamo le lettere giuntaci da una lettrice di Vicenza e da una lettrice di Cremona.
Cui faremo seguire la nostra postilla.
L'incipit di questo 4° Focus Ucraina è affidato all'edizione, appena uscita, dedicata all'intervista del Direttore Del Bue di Avantionline
UN SOCIALISTA A KIEV
Mauro Del Bue 3 MARZO 2022
Edoardo Crisafulli, autore fra l'altro del libro “Le ceneri di Craxi”, riminese, socialista dal 1983, da quando a Craxi venne affidato il compito di guidare il governo, e precedentemente uscito dalla Fgci perché quell'organizzazione era pencolante sui principi universali della democrazia e del rapporto tra i blocchi, è da anni addetto culturale del ministero degli Esteri italiano. E ha viaggiato mezzo mondo. Oggi ha 58 anni. Si definisce un socialista liberale o un liberalsocialista. Entrato alla Farnesina nel 2001, è stato nell'Istituto di cultura italiana in Israele per 5 anni, poi due anni a Tokio come vice direttore del medesimo istituto, 3 anni come direttore in Libano, poi anche in Sira, e dopo lo scoppio della guerra evacuato a Roma. Diciotto mesi fa è stato inviato a Kiev, che ha lasciato qualche giorno fa sotto il bersaglio dei missili russi. Voglio ricordare che Edoardo è tuttora iscritto al Psi e collaboratore dell'avantionoline. Riesco a collegarmi con lui in Moldavia, dove era appena arrivato, perché gli voleva strappare una disponibilità a rilasciarmi un'intervista. Lo trovo sfinito da tre giorni di viaggio senza dormire e quasi senza mangiare. Poi lo intercetto in Romania e ci mettiamo d'accordo. Gli invio domande scritte e lui mi risponde a voce. Gli chiedo subito che Kiev ha lasciato, com'è stato il viaggio e come si sente. Lui mi risponde che “ha lasciato una Kiev surreale, semideserta, coi militari che pattugliano le strade. Cittadini che con molta dignità senza scene isteriche e di panico, fanno la fila nei supermercati e alcuni portano in giro il cane. Su tutti il presentimento della catastrofe. Il viaggio è stato allucinante. Non ho dormito per tre giorni. È cominciato dall'abitazione dell'ambasciatore Pierfrancesco Zazo, e proseguito con una macchina diplomatica. Ci davano informazioni sulle strade più sicure. Si procedeva a zig zag per evitare bombardamenti. C'erano numerosi posti di blocco. Siamo arrivati in Moldavia dopo tre giorni di viaggio. Avevamo solo tre biscotti e tre fette di pane con noi. Terribile il freddo. Insopportabile. Io avevo solo con me una piccola valigia messa insieme alla rinfusa per la fretta. In dieci minuti ho perso tutto quel che avevo, 2500 libri e molto altro”.
Riparto io. Edoardo smontiamo i pretesti di Putin. E in particolare quello delle motivazioni che avrebbero scatenato la guerra d'aggressione. E cioè la volontà dell'Ucraina di aderire al patto atlantico. Insomma la sua paura dell'accerchiamento.
Sì, il concetto dell'accerchiamento è pretestuoso e ideologico. Putin accusa ed è lui che minaccia gli altri. Si attribuisce un potere assoluto nella sua area d'influenza. O meglio, in quella che ritiene sia la sua. Come nel 1956 l'Urss in Ungheria e nel 1968 in Cecoslovacchia. Putin e rimasto quello del Kgb. Cioè ha una concezione sovietica del rapporto con i paesi ex sovietici. Con la differenza che mentre l'Urss, per dirla con le parole di Craxi, era “una società illiberale con tratti socialisti”, la Russia di Putin non ha alcun tratto socialista. Quando una piccola parte di gente di sinistra è così tiepida a contestare Putin affonda la sua timidezza in un paradosso: oggi la Russia è un sistema capitalista, su basi statali, che ha arricchito a dismisura pochissimi, i cosiddetti oligarchi, mentre le pensioni medie sono di 100 euro. La vera minaccia alla Russia è di tipo politico e culturale. Se l'Ucraina entrasse in Europa, cosa che chiede l'80% della sua popolazione, si aprirebbe alle porte di Mosca una singolare competizione di modelli. La contaminazione sarebbe drammatica per la Russia. I giovani, soprattutto, non accetterebbero di vivere in un sistema senza libertà e benessere al contrario dei loro fratelli ucraini.
Parliamo di Ue. Ma la Nato è altra cosa…
Ma gli ucraini chiedono di entrare nella Nato per quello che si è poi verificato. Se l'Ucraina fosse nella Nato non sarebbe stata invasa. Sergio Romano lo stimo. Ma contesto la sua analisi. L'Ucraina sbaglia perché non ha accettato la neutralità? Ma quale neutralità? Quella imposta? Dobbiamo abbandonare il modello Budapest 1956. Anche sugli americani. C'è differenza tra l'uso americano dell'egemonia fondato sulla ricerca del consenso e quello russo affidato sempre all'uso della forza. Tutti i popoli dell'ex patto di Varsavia non vogliono stare nell'area di influenza russa. Non ci vogliono stare liberamente, secondo una scelta loro.
E dunque non è che la Nato si sia allargata all'Est, sono le nazioni dell'Est che hanno voluto allearsi con l'Ovest…
Certamente. Questi popoli si sentono più sicuri sotto l'ombrello protettivo della Nato. Hanno paura, con ragione, dell'imperialismo russo. Il nostro ministro degli Esteri Di Maio ha detto al proposito cose giuste e pienamente condivisibili. Lo stesso quando ho oltrepassato la frontiera ho respirato l'aria della libertà.
Ti pare che l'Occidente abbia compreso in ritardo le mire di Putin?
Non ha compreso in ritardo le mire di Putin. Nessuno si aspettava un conflitto armato di queste dimensioni. Quando sarà finita questa guerra anche noi dovremo trovare un punto di equilibrio con la Russia, ma anche e soprattutto con la Cina. I russi sono passati dallo zarismo all'Urss e ai regimi seguenti. Non si improvvisa una cultura democratica. L'Occidente deve trovare una via di riconciliazione. La pace sarà garantita da un buon rapporto ovest-est. Come decenni orsono.
Qualcuno sostiene che nel 2014 ci sarebbe stato un colpo di stato contro il governo filo russo di Janukovich…
Assolutamente no. Nel 2014 non c'è stato alcun colpo di stato. La stragrande maggioranza degli ucraini allora come ora vuole entrare nell'Unione europea. Si confonde tuttora il russofono col russofilo. Nella vita quotidiana a Kiev si parla russo. Ma anche l'Austria parla tedesco, ma non è tedesca. I belgi parlano francese, ma sono belgi, gli svizzeri tedeschi parlano tedesco. Ma sono svizzeri. Gli ucraini sono più integrabili con l'Europa. Come hanno visto i russi l'Ucraina? I russi hanno sempre pensato che la Russia sia una potenza, ma che con l'Ucraina diventi un impero.
E il genocidio del Donbass, uso una parola che unisce Putin a qualche frangia di casa nostra?
Sul Donbass parlare di genocidio ë assurdo. Ma è sbagliato lo stereotipo che si usa. Si scambia il concetto della parola nazionalista che in ucraino significa patriottismo con la versione italiana, che sconfina nel fascismo e addirittura nel nazismo. Possono esserci oltranzismi. Ma sostanzialmente la maggioranza di nazionalisti difende l'unità e l'identità del loro popolo.
Mi pare che l'ambasciatore Zazo ne esca con un comportamento inappuntabile mentre Zelensky é divenuto un eroe nazionale…
Il comportamento del nostro ambasciatore è stato eccellente. Impeccabile. Ma da lodare è stato il comportamento di tutto il personale dell'ambasciata. Zelensky si è dimostrato un grande leader. È riuscito a guidare il popolo in questa eroica resistenza. Auspico tuttavia che la soluzione del conflitto possa essere affidata a un negoziato e non un'escalation. Bisogna evitare che i morti si moltiplichino senza cedere sui principi basilari di indipendenza. Lasciami dire ancora due cose in conclusione. Sono orgoglioso di Draghi del governo italiano. Decidere di votare a favore dell'invio di armi non era facile per noi e per la Germania, visto il passato di entrambe. Sono contento del comportamento della Von der Leyen che ha saputo, a fronte delle sanzioni, tenere unita l'Europa. E da ultimo un elogio al presidente Biden che si sta rivelando un grandissimo uomo politico. La gestione di questa fase é stata impeccabile. Ha scelto la strada di rivelare al mondo informazioni riservate. Dando prova di verità sulle autentiche mire di Putin.
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L'Eco Forum dei Lettori
Caro direttore, ho apprezzato molto il tuo pezzo, ben articolato e ricco di spunti di riflessione. La condanna dell'invasione dell'Ucraina da parte di Putin è unanime, persino la Cina, amica della Russia non può tacere davanti all'evidenza. L'autarca del Cremlino deve riflettere sul no alla guerra e il no alla soppressione delle prerogative di autodeterminazione dei popoli e degli stati, perché la forza e la repressione portano alla ribellione della popolazione. Anche gli oligarchi fedeli a Putin corrotti e corruttori, non condividono atti tanto estremi. L' Occidente però non deve solo manifestare per la pace, deve anche essere pronto a rinunciare ad interessi economici. Perché le sanzioni contro la Russia danneggiano anche le economie europee.
La “lavagna Eco” mi è servita a farmi un quadro storico e politico da Lenin all'attuale zar Putin. Già, trovo sia giusto definirlo così, la sua distorta smania di potere e grandezza ha fatto sì che si arrivasse all'aggressione dell'Ucraina. Tutto era stato deciso da tempo sotto ogni profilo: militare, comunicazionale ed economico. Oggi l'Occidente ha il dovere politico e morale di non rompere la solidarietà morale verso l'Ucraina. Questa è una guerra partigiana, gli ucraini difendono la loro indipendenza ed il loro diritto di democrazia e libertà, diritti sacrosanti soffocati da Putin in Russia con dure repressioni. Penso a Pertini, il vero socialista, da me tanto amato perché mi ha insegnato i valori dell'onestà intellettuale e della libertà, virtù che si conquistano combattendo contro la tirannia.
C.L. - Vicenza, 27 febbraio 2022
Guardiamo., nel riavvolgere la pellicola del tempo, agli ultimi trent'anni e ai tanti errori che i nostri politici hanno combinato verso il blocco dell'est.... È inutile riassumerli, Dall'abbracciarsi di Berlusconi con Putin... all'esaltazione di Salvini per lo Zar-Putin... Nessuno ha esaminato a fondo il fine dello Zar. Adesso siamo qui a stupirci di quello che succede? NO... Lo Zar aveva la situazione chiara perché nel tempo li ha presi per il collo mostrandosi amico. No non mi sta bene. Noi siamo (temporaneamente) al sicuro ma il popolo Ucraino sta soffrendo di tutto e non ci fermeremo qui. Io Rinuncio al riscaldamento, sono pronta a spegnere luci, televisore, lavastoviglie, phon,ecc, purché a Putin si tolga l'aria intorno.... Abbiamo paura è vero.... Ma facciano un mea culpa i politici che ci hanno messo in questa condizione.
A.P. - Cremona, 1 marzo 2022
Diciamolo francamente (e in questo senso gli intercorsi epistolari con i nostri elettori ne sono testimonianza, piccola ma molto significativa) l'affaire Ucraina, unitamente a tanta sofferenza morale e a tante fondate preoccupazioni dei fratelli europei dell'est (ma anche nostre, più di quanto i duemila chilometri di distanza indurrebbero a percepire) prospettano sempre più un rovescio fecondo della medaglia di questa terribile e, per certi versi, inaspettata vicenda.
Che discende, una buona volta, dalla presa di contatto col vicolo cieco determinato, per i nostri scenari nazionale e continentale, da democrazie logorate dagli effetti delle suggestioni della globalizzazione/finanziarizzazione e, più recentemente, dalle tossine del populismo, del sovranismo, dell'antieuropeismo.
Molto più autorevolmente di noi, sotto questo profilo, ieri su Corsera Panebianco rifletteva e argomentava “La verità è che se una colpa l'Occidente ha è di avere a lungo creduto che, una volta dissolta l'URSS, la Russia potesse diventare un paese simile ai nostri.”
Nei lati positivi (pochi) e nei lati negativi (molti). Per di più, come annota Marco Damilano sull'Espresso in uscita questa settimana, “l'aggressione di Putin all'Ucraina fa tramontare l'idea di un mondo pacificato dal mercato. E condiziona l'Europa in bilico tra sovranismi e democrazia.”
Diciamolo francamente. Se questa immane tragedia, umana e materiale, non riuscirà, parallelamente all'ineludibile mobilitazione di risorse e di solidarietà umana, a produrre un tagliando degli scenari alimentati dall'ultimo trentennio, il mondo cosiddetto “libero” dimostrerà un gravissimo deficit di visioni globali e si meriterà questo ed altro.
Occorre un check up dello stato dell'arte, a parere di scrive, del percorso, almeno a partire dai prodromi diretti e dall'evento snodo, la caduta simbolo del Muro; nel corso del quale l'assenza di lucidità e di lungimiranza, ha in qualche misura (se non addirittura in toto) sedimentato le premesse per uno scenario non inimmaginabile.
Le "economie europee", in competizione con il fratello maggiore a stelle e a strisce, hanno approcciato lo scenario postsovietico animate solo o prevalentemente dall'euforia dello scampato pericolo del blocco sovietico e della prateria (i tutti i sensi) aperta dal default dell'antagonista (militare, politico e socioeconomico).
Dall'impulso ad omologare un modello deflagrato, nelle sue basi di sostenibilità, ma soprattutto dalla pulsione a fare business. Mentre, come insegnano le culture più evolute, la strategia economica di mercato non può mai prescindere dall'accompagnamento delle sinergie con il modello politico liberaldemocratico. Si è allargato il mercato continentale ad Est, non tanto sotto l'impulso razionale di convertire un sistema collettivistico. Ma prevalentemente per acquisire a condizioni di saldo un mercato enorme, fatto di domanda insoddisfatta con standards arretrati e di quasi monopolio di risorse energetiche. Che da Eltsin in poi fino a Putin i rating liberaldemocratici (che avrebbero dovuto essere propedeutici a qualsiasi allargamento e partnership sistemica) lasciassero a desiderare e non potessero in futuro costituire una spina nel fianco europeo, costituì una sine cura, nelle strategie di allargamento. Del che hanno grande responsabilità un convincimento collegiale e, soprattutto, la mission della troika di Bruxelles e della punta di diamante tedesca. Da Khol in giù. Tra questi anche e più cinicamente Schröder (con l'aggravante del trascorso socialdemocratico). Se nelle strategie globali del mondo occidentale manca il binomio sviluppo economico/garanzia liberaldemocratica, tutto (in negativo!) può succedere. Gli ex paesi satelliti della Cortina di ferro adesso traccheggiano o convergono sui perni europei e atlantici solo perché temono che Putin, dopo Bielorussia e Ucraina, voglia "allargarsi". Come abbiamo scritto, in tempi non sospetti, il loro format di cultura civile (a parte le minoranze liberali e progressiste) non è approdato agli standards fondativi. E non costituisce (come dimostrano gli scenari cecoslovacchi, ungheresi, polacchi e in qualche misura romeni, bulgari, croati e sloveni) garanzia di appartenenza ad un comune modello/fronte occidentale; suscettibile di fornire una partnership omogenea almeno dal punto di vista dei capisaldi.
Insomma, quel che vogliamo affermare (anche se in questo scenario, inimmaginabile ma reale, capace di far comprendere che la “ricreazione” è finita) è che non si può stare con un piede in due scarpe.
Non si può pretendere di attingere benefici a larghe mani, senza nulla dare in termini di modelli irreversibilmente democratici e civili. Mentre, come è noto, al di là dell'embrassons nous sollecitato dai contesti in atto, è indispensabile armonizzare e convergere, soprattutto da parte dei paesi dell'Est cooptati trent'anni fa (il cui impianto di democrature poco diverge dalle autarchie della sfera di influenza postsovietica), verso un'adesione totalitaria, sistematica e senza sbavature.
Lo esigono la resipiscenza delle falle del processo di integrazione continentale e la consapevolezza che il Manifesto di Ventotene e le testimonianze di Degasperi, Adenauer, Schumann rappresentano un modello universale e permanente per il primo del suo progetto: mai più guerre.
Al momento di chiudere questo editing, valutiamo per il momento difficilmente percorribile il progetto prospettato dal coordinatore cremonese del PSI, prof. Diego Rufo, di aprire un centro di raccolta aiuti per il popolo ucraino.
Un'iniziativa, suggerita dal cuore e dalle consapevolezze civili. Che incoraggiamo presso i nostri lettori. Con l'invito a sostenere, ad esempio, la campagna Together for Ukraine, promossa dalle Acli cremonesi e insieme all'Associazione Pellegrini con gioia
“Together for Ukraine” è lo slogan della colletta alimentare e di beni primari destinati alle famiglie ucraine promossa dalle Acli di Cremona e insieme all'Associazione Pellegrini con gioia.
«Non possiamo abbandonare i fratelli in Ucraina – spiegano le ACLI cremonesi presentando l'iniziativa – e non possiamo farci trovare impreparati. Siamo chiamati alla carità, proprio come ci indica il nostro Vangelo. Confidiamo nella vostra solidarietà e profondo gesto di umanità! Pellegrini con gioia onlus è già stata allertata, perché possa assistere le famiglie che si troveranno in stato di bisogno».
Chi volesse sostenere il progetto potrà consegnare o far recapitare il proprio contributo (omogeneizzati, pannolini, cibo secco, cibo in scatola, sughi pronti, legumi in barattolo, prodotti per l'igiene, …) a:
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Cremona, presso la sede provinciale delle Acli (via cardinal Massaia 22)
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San Bassano, presso la sede di Pellegrini con gioia (via Roma 40)
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Casalmaggiore, presso Spazio Tenda (via Pozzi 17 – sabato pomeriggio dalle 15.30 alle 19)