“Rinnovo: occasione mancata o solita melina della politica liquida?”, fu il titolo della precedente edizione del focus Quartieri. Cui avevamo appiccicato una non troppo beneaugurante chiusa: “non si fanno nozze coi fichi secchi.”
Tant'è, come succede spesso (per non dire sempre), il parterre della politique politicienne affronta i dossier dal ballatoio e con la ratio delle baruffe tra casalinghe. Si accalora, alza la voce … eppoi… passa ad altro.
Gli investiti di ruolo gestionale, appagati di aver adempiuto a minimo sindacale alla pratica (il rinnovo dei Quartieri) sia pur lamentando che meglio di così non si sarebbe potuto fare.
Le opposizioni controdeducono a minimassimo sindacale argomentando l'opposto (ma quasi flebilmente, perché il dossier del decentramento e della partecipazione non porta indotto elettorale.
I pochi battitori liberi, seduti sulla riva del fiume, non si arrendono e eccepiscono la quasi inutilità dei Quartieri, a petto di una governance comunale che delle segnalazioni dal basso si fa un baffo. Così è se vi pare…
Gli è, però, che esistono ancora liberi pensatori, che non s'arrendono e testimoniano un punto di vista fuori dal coro.
È il caso delle lettere che pubblichiamo di seguito.
Il primo lettore la prende un po' da lontano, partendo dallo spunto dell'editoriale da noi pubblicato del Direttore dell'Avantionline.
Ci scrive T.A.:
La politica deve tornare a fare "partecipazione". Invece fa comodo tenere lontana la gente dalla politica e stabilire dall'alto la direzione che tutti devono intraprendere. Che può essere una risposta alla maggioranza di "beoti resilienti" che non saprebbero fare la "o" col bicchiere, ma allora diciamolo che non v'è più una sovranità popolare ma un'oligarchia (di podestà) senza né arte né parte (Di Maio, Speranza, Bianchi, ma anche Monti, Draghi, Letta...) che tra l'altro risponde ad un'aristocrazia mondialista. Non lo accetterei comunque, ma almeno evitiamo falsità ed ipocrisie. Io, però, voglio esercitare il diritto di tirarmene fuori. E non sarò affatto resiliente. Sarò Resistente.
F.T. da Milano ci scrive:
Di fronte al rifiuto generale di Partecipazione (e di Informazione) di gran parte dei Cittadini (vince la Condivisione 2.0), ho sviluppato una - secondo me - motivata convinzione: dai Consigli di Quartiere (chiamiamoli ancora così?) possono ripartire una rinnovata consapevolezza civica e una socialità partecipata. E mi allargo anche: la crisi dell'Informazione può essere superata certo attraverso i nuovi mezzi, ma soprattutto se riguarda le realtà di…prossimità. Per dirla con uno slogan: Ripartiamo dal basso, dal nostro Condominio.
L'affezionata C.L. da Vicenza argomenta:
Che bello l'entusiasmo di Paola Tacchini neo eletta nel Consiglio di quartiere. Il suo impegno si sintetizza nel motto: conoscere, ascoltare, aiutare ed aggregare. Manca il senso civico nei cittadini, c'è il diritto ma anche il dovere di una convivenza pacifica all'insegna della legalità e della solidarietà.
Di nostro aggiungiamo e chiudiamo con il compiacimento di aver preso parte ad una riflessione e ad una divulgazione ispirata da impulsi non preconcetti. Gli stessi che albergano nelle convinzioni di molti lettori e cittadini. Ci pare che non si possa più tergiversare su un obiettivo: strappare le coscienze civili da una lunga disaffezione collettiva allo sforzo di percezione e consapevolezza. Senza del quale la tenuta del modello democratico ci pare sfibrata. Necesse un forte sforzo per rilanciare un perimetro civico all'interno del quale sia possibile nutrire la speranza di portarsi dalla propria parte (e viceversa) l'interlocutore in dissenso. Diversamente, come sul Corsera sostiene Antonio Polito, la democrazia sarebbe destinata ad esaurirsi con gli election days. Preda di demagoghi, fanatici e aspiranti tiranni. Tale è, infatti, la democratura. Far partire questa resilienza dal perno della partecipazione dal basso non appare minimalistici.