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Focus Ponchielli/5

E MO E MO E MO…

  24/09/2020

Di E.V.

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…è rigorosamente, a questo punto, proseguire con qualsiasi correlazione al brand del prodotto e al suo testimonial, che sessant'anni fa furoreggiarono nella rubrica, considerata da bambini ed adolescenti ipnotizzati da quindici minuti percepito come un festival del cinema in miniatura.

A questo punto, infatti, non dovrebbero sussistere, in contesti ispirati da modelli razionali e prerogative accettate, ulteriori dubbi sul fatto che la “pratica” è esaurita e che non ha un prosieguo come campione di work in progress.

Andava a scadenza un incarico di rilievo (anche se non esattamente il principale) nella vita cittadina. Un incarico, andrebbe aggiunto, durato, al di là di una simpatica prorogatio incorporata, il tempo di un'investitura a vita.

Per la prima volta, violando questa norma accettata e praticata (fin da quando l'attuale primo cittadino frequentava le elementari) dagli addetti ai lavori, l'esito dell'oggetto all'ordine del giorno non ha replicato l'esito in passato scontato come una formalità.

Gli alti lai sprecati per una protesta, di cui non afferriamo, se non si vogliono bellamente scavallare i rilievi inquietanti delle valutazioni del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Ponchielli, il senso razionale, appaiono non già in remissione, bensì destinati a lasciar spazio ad altre partiture polemiche.

Diciamo che i cambi di fase nelle istituzioni teatrali (Piccolo Teatro milanese docet) non sono mai stati assistiti da contesti idilliaci (ed ispirate dalla priorità delle ricerca del superiore interesse comunitario).

Giocherà, forse, in tale ormai consolidata abitudine l'automatica traslazione delle suggestioni dal teatro alla vita reale.

Verrebbe da dire “grande la baruffa sotto il cielo”; ma la situazione, alla luce dei toni alti mantenuti, non appare né ottima (come suggeriva il grande timoniere) né, soprattutto, congrua sia per l'interesse complessivo della città sia per l'autorevolezza istituzionale.

Solo nei sistemi lobotomizzati nelle prerogative democratiche non c'è diritto di critica e di replica.

Ma se non proprio un “cosa fatta, capo ha”, l'adozione delle recentissime determinazioni (ferma restando l'ovvia ampia prerogativa di critica) dovrebbe quanto meno affidare ad altra dimensione il confronto.

Con tali provvedimenti torna a passare, per quanto si riferisce un settore importante ma non esattamente esclusivo della vita cittadina, se non proprio il futuro, quanto meno una possibilità di discontinuità.

Rispetto ad una pratica ingessata ed in contrasto con le regole di trasparenza e di verifica costante della correttezza dei comportamenti e della rispondenza alle regole di ingaggio.

Si è manifestato un ampio fronte, articolato nelle posizioni di partenza e, teoricamente, di coerenza con la testimonianza, ma coeso attorno ad un fulcro assertivo, giocato sul nesso di causalità tra la nomina di un anno fa di due consiglieri, l'impeachement del vertice, la mancata proroga (sarebbe stata la decima?), l'avvio di una procedura di nomina ad usum delphini.

Qualsiasi minimale gentlemen agreement escluderebbe picchi polemici imperniati su congetture che quanto meno andrebbero dimostrate.

Nei precedenti approfondimenti non abbiamo mai nascosto la nostra predilezione per innesti diversi su quello che abbiamo percepito come il passaggio di svolta implicito nella discontinuità delle responsabilità.

Probabilmente perché orientati da un timing imposto dalla successione degli adempimenti i responsabili (istituzionali) hanno mostrato, in qualche misura, di non considerare pienamente l'opportunità di una più ampia ridefinizione delle condizioni della ripartenza.

Anche se il Sindaco, in una sua recente dichiarazione pubblica ha mostrato di essere consapevole di una mission dell'istituzione teatrale molto più vasta e congrua rispetto all'interesse più generale di Cremona (sin qui sacrificato sul terreno del compiacimento di visioni anguste), avremmo preferito che la scelta del nuovo management fosse preceduta da un'operazione tesa a rivoltare il calzino.

Operazione che, dopo trent'anni caratterizzati da incrostazioni autoreferenziali e dal probabile approdo ad una condizione di non ulteriore sostenibilità del modello gestionale, avrebbe dovuto essere avvertita come ineludibile e prioritaria.

Altresì, non abbiamo, nel prosieguo, sottaciuto perplessità in ordine all'opportunità di una verifica preliminare dell'esistenza  di “risorse” autoctone, testate e ritenute come minimo ex aequo sia alla figura prescelta che ai cinque selezionati.

Per ragioni di opportunità (e di loro tutela a futura memoria) non le abbiamo identificate nominalmente.

Ci conforta (anche se andrà corroborata dagli atti concreti) quella sorta di esternazione di profilo strategico del Sindaco che inserisce il cambiamento in uno sforzo di promozione turistica della città e, soprattutto, nell'idea forte di un Teatro, che sa diventare interlocutore di altri promotori di eventi in città e nel territorio e che sa farsi anche gestore dove serve; che sa essere sempre sostegno e riferimento di protagonisti della vita culturale di Cremona. 

Con una forte dose di generosità potremmo azzardare, in questo endorsement, un salto di qualità progettuale dalla scombiccherata teoria della rigenerazione urbana (che ha calcato l'era galimbertiana dagli esordi) alla percezione/consapevolezza di una città, forma di intelligenza collettiva. A cominciare dalla formulazione di organiche politiche culturali.

E, per concludere, sosteniamo che, una volta fronteggiati gli adempimenti conseguenti al cambio di fase al vertice del teatro comunale ed una volta rassicurati sia i fruitori che gli operatori, sarebbe il caso di fronteggiare un passaggio reso ineludibile dalla permanenza di elementi più che di criticità di vera e propria prospettiva disgiunta nei rapporti politici ed istituzionali.

Non è un problema nostro; ma indubbiamente farebbe bene al prestigio della civica amministrazione ed alla chiarezza stemperare la percezione di una rarefazione degli elementi coesivi su cui la maggioranza è stata confermata un anno fa.

La Giunta "Galimberti 2" ha davanti gli altri quattro anni che il Sindaco/insegnante aveva chiesto per completare un progetto amministrativo ampio.

Le polemiche sul Ponchielli hanno dimostrato la permanenza di carsiche difformità di lettura di passaggi importanti nella vita comunitaria.

Le dimissioni dei due consiglieri di minoranza del Ponchielli rappresentano un apprezzabile gesto personale e civile; oltre che l'opportunità di avviare un più ampio confronto suscettibile di coinvolgere in primis i protagonisti della vita culturale di Cremona.

Solo dopo questo doveroso step sarà possibile per il vertice comunale trarre conseguenze ed auspici per mettere sui binari il cambio di passo implicito nelle intenzioni e nelle motivazioni della discontinuità del Ponchielli.

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