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Focus: biometano… e molto altro

Biometano in via Bosco: sottoscrizione pubblica

  23/06/2023

Di Redazione

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La nuova fase avviata che prevede la convocazione di tavoli tecnici dove dovremo affrontare con puntualità i temi tecnici del progetto, ci impone uno sforzo economico importante. Noi da soli non riusciamo a sostenere questi costi!

Per questo abbiamo attivato una sottoscrizione pubblica. I dettagli nel video qui sotto 

Per donare: 

  • Comune di Gerre de' Caprioli - tesoreria comunale 
  • BANCO BPM spa
  • Agenzia 4 di Cremona - Via Giuseppina 12/R
  • Iban: IT 43 C 05034 11440 000000002902
  • Causale: sostegno spese tecniche tavolo VIA biometano

Se tante persone ci aiuteranno con una piccola donazione riusciremo in tempi brevi a coprire tutti i costi. Grazie per quello che riuscirete a fare!

La vicenda dell'opposizione popolare al progetto di impianto di biometano segna, con l'istituzionalizzazione del Comitato e, soprattutto, con l'avvio della raccolta fondi destinati al sostegno di un adeguato contrasto tecnico-legale, una via di non ritorno. Almeno sul piano dell'esclusione di un format di contrasto che, come in molti casi correnti, volesse assumere i connotati dell'opposizione a sua maestà.

Non è stato così sin dall'inizio e così non sarà nel prosieguo di una vicenda, i cui snodi, evidentemente, non erano stati preventivati dai “poteri”, abituati da decenni a praticare l'aforisma del Marchese del Grillo.

Siamo da sempre privi di uno spirito per l'azzardo; ma, fossimo nei panni del competitor, ci asterremmo rigorosamente dal dare per scontato un esito privo di criticità (almeno sul piano dialettico).

Vero che, l'inedita malagiunta PCI-DC aveva capovolto l'esito di un referendum popolare (vinto dai contrariano) e imposto alla città un allora inedito impianto di trattamento dei rifiuti. Punto su cui, per ragioni di onestà intellettuale, sarebbe improbo, dopo trent'anni, non ammettere l'assenza (ora e allora) di serie e praticabili alternative.

Vero, anche però, che sarebbe inammissibile che un Comune, retto da un quarto di secolo da un aggregato in teoria ispirato da uno stretto rapporto con un dante causa popolare, continuasse a dare per scontato un allineamento acritico a qualsiasi progetto munito da ricadute strategiche sulla Città e sulle adiacenze.

Come abbiamo detto e ripetuto, il bacino su cui insisterebbe l'innovazione costituisce una propaggine territoriale posta ai limiti della giurisdizione comunale. Non di meno si tratterebbe di un quadrante che insiste in una zona particolarmente inurbata e, soprattutto, gravata di una presenza intensiva di insediamenti di servizio.

Ma a prescindere da ciò (che potrebbe indurre a percepire un backyard marginalizzato, una sorta di condizione borderline rispetto al baricentro geomunicipale), balza in tutta la sua evidenza il limite totale e irreversibile di una governance incapace di una visione territoriale, almeno di rango comprensoriale.

D'altro lato, è ben manifesto l'ingeneroso confronto con la ben diversa impronta del comprensorio cremasco, che, specie nei tempi recenti, sta dimostrando una significativa capacità di analisi e di progetto orientati da una visione circondariale.

Di cui potrebbe fruire la testimonianza politico-istituzionale dell'intero territorio provinciale se questo indubbio valore fosse comune al resto della provincia.

Cremona, che negli anni 70 ed 80 dimostrò la capacità di allungare lo sguardo molto oltre le demarcazioni comunali e di mettere a punto soluzioni sinergiche coi Comuni di immediata o media contiguità, da tempo ormai, in ciò rinunciando alle prerogative derivanti dalla condizione di capoluogo caricato anche di doveri etici nei confronti delle piccole municipalità, non fa altro che girare la testa dall'altra parte. Anzi, come nel caso della balzana idea di aggiungere alle montagne dello storico accumulo dell'indifferenziato di via S. Rocco, al più recente sito di raccolta e di smistamento, al termovalorizzatore, allo stabilimento di TRM, una nuova funzione (l'impianto di biometano), che, non solo non costituisce una dotazione di servizio aggiuntivo nell'interesse dei cremonesi (del capoluogo e del territorio “della bassa”, ma acuisce una condizione di gravame nella difficile sostenibilità ambientale.

La percezione che nella “sala dei bottoni”, in cui l'esercizio della funzione strategica non è detenuto da chi dovrebbe (la Municipalità) bensì dalla “partecipata” (la multiutility  cui l'Amministrazione Comunale si è consegnata mani e piedi legati a qualsiasi programmazione), non si potesse continuare a trattare il dissenso come l'aggregato dei picchiatelli, ma si dovesse qualcosa concedere almeno sul piano del riconoscimento di qualche step di confronto e di verifica partecipata delle precondizioni, è condizione necessaria ma non sufficiente.

Il VIA, su cui conviene l'intero Consiglio, è, appunto, condizione necessaria ma non sufficiente. Sbaglierebbe enormemente il Comune se pensasse di esaurire in tale adempimento l'intero spettro delle verifiche preventive, sulla sostenibilità ambientale e sulla compatibilità dell'interesse territoriale.

Perché è bene dire, apertis verbis, che il la modalità energetica del biometano non solo non costituisce un dogma irrefutabile della green economy, ma (e, soprattutto, per Cremona) costituisce esclusivamente un'operazione profittevole solo l'investitore.

Il fatto che esso sia “partecipato” infinitesimalmente dal Comune di Cremona non significa in alcun modo che la Città avrà dall'operazione delle ricadute, in termini di avvio di indotto sinergico sulle attività economiche e di partecipazione ai dividendi.

Cremona è e resterà, nei rapporti con le strategie di A2a, solo un conferente di suoli per insediamenti e di users dei servizi.

Le cui strategie sono prerogativa dell'asse del gemellaggio Milano-Brescia e la cui finalizzazione è e resterà ancorata al core business, di macinare profitti e migliorare le posizioni nella borsa.

Le quote di partecipazione di Cremona nell'asset della multi utility sono, si ripete, infinitesimali; al punto che, come ha dimostrato la recente surreale vicenda dell'elezione della governance, la Città, un tempo dotato di una sua efficiente e apprezzata azienda municipalizzata, svolge un ruolo meno che simbolico.

D'altro lato, la presenza di un qualche consigliere nei consigli delle controllate, non modifica in alcun modo la constatazione dell'irrilevanza.

Come abbia potuto finire così una municipalizzata, una delle prime in assoluto nell'esordio degli strumenti della teoria del “municipalismo socialista” (a partire dalle prime giunte rosse del 1914), che tenne la scena per tanti decenni, con onore rispetto alla missione autogestionaria dei principali servizi cittadini e con risultati gestionali lusinghieri, è qualcosa che assomiglia molto alla categoria dei misteri.

Nella transizione (locale) dalla prima alla seconda repubblica, e al momento della staffetta l'ex AEM riconosceva stabilmente all'ente “partecipante” una cedola annuale di una decina di milioni e un cash di 100 mln.

Come ha potuto succedere l'inversione di tendenza che nel breve volgere di tempo avrebbe portato all'azzeramento della ceda annuale e ad un debito verso le banche di 150mln?

Non mancherà l'occasione per spiegarlo. Indubbiamente, hanno giocato nel gesto suicidario la messa in campo di una nomenklatura di derivazione partitica, priva di professionalità, e la messa a punto di una sinergia tra partecipata e partecipante con cui la funzione della municipalizzata molto spesso veniva giocata sul terreno di un vero e proprio salvadanaio. Cui attingere, attraverso spericolati asset immobiliari, cespiti con cui ristorare le esauste finanze comunali.

Anche su questo terreno l'Amministrazione Comunale dovrebbe sentirsi in dovere di fornire alla cittadinanza un quadro giustificativo dei passaggi attraverso cui in meno di un decennio la sua Municipalizzata è stata asfaltata dal soccorso fraterno delle municipalizzate lombarde maggiori.

Al punto della sua totale insignificanza nei processi strategici e al punto, come dimostra la vicenda dell'imposizione dell'impianto di biometano (che si aggiunge alle calende greche della dismissione/efficientamento dell'impianto di termovalorizzazione) dell'approdo alla condizione di essere considerata e trattata come il terminale di qualsiasi operazione profittevole.

Queste avrebbero dovuto essere le ragioni per cui il dibattito in Consiglio Comunale avrebbe dovuto spaziare a visioni più ampie. Queste sono per noi le ragioni per cui aderiamo al Comitato NO Biometano e per cui, compatibilmente con le nostre possibilità, partecipiamo alla sottoscrizione.

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