Restando (strettamente!) aderenti all'insegnamento implicito nell'aforisma di Vujadin Boškov, espliciteremo ad nauseam che sull'accertamento di eventuali rilevanze giudiziarie a carico del percorso comportamentale nell'avvenuta somministrazione del vaccino anticovid alle categorie esposte dirà arbitro. D'altro lato, era ben manifesto, nella nostra doverosa testimonianza dei fatti, conseguente alla più vasta campagna di approfondimento e di divulgazione intrapresa dall'aggregazione civica “Pizzighettone al Centro” (frequentemente riscontrata dagli interventi del consigliere comunale indipendente Bissolotti e, più recentemente, dalla locale sezione del PD), l'ancoraggio con la più vasta campagna di sensibilizzazione attorno alla ormai cronicizzata criticità dell'Opera Pia Mazza.
Che (si sarà capito) resta nel puntatore della nostra analisi, in considerazione della gravità di quello che da tempo è apparso come un default annunciato, suscettibile di coinvolgere un più esteso asset di conseguenze sociali ed economiche su Comune capo-comprensorio dell'Adda, ormai da decenni risucchiato da una spirale di marginalizzazione nei processi di alta scala.
Siamo ben consapevoli del fatto che è in atto un più vasto processo di infragilimento dell'intera rete delle RSA del territorio, che discende da politiche regionali non esattamente avvedute in materia di socio-assistenziale. Come non è difficile percepire che in tale accelerazione e, forse, nella progressione verso un non ritorno abbia giocato un peso lo tsunami pandemico. Una falce che, dopo essersi accanita, su ospiti ed operatori, ha fatto strame dei fondamentali gestionali ispiratori per decenni delle linee-guida assistenziali e finanziarie.
Ebbene, quei fondamentali appaiono tutti nella loro drammatica obsolescenza e congiurano contro la residua sostenibilità della rete territoriale di un settore assistenziale riservato all'accudimento della fascia di fragilità (per fascia generazionale e per cronica patologia), che per molti decenni garantì anche un presidio medico di base.
Nei precedenti articoli non ci siamo mai stancati di esortare la rete istituzionale locale, i corpi sociali intermedi, le associazioni di tutela degli utenti di uscire dalla logica delle consapevolezze scontate, per prendere il largo ed immaginare approdi di forte discontinuità rispetto ad un passato/presente fortemente segnalatore (a chi volesse, ovviamente, vedere, capire, agire) dell'urgenza di una significativa riconversione progettuale.
Lo facciamo anche in questa occasione (finalizzata ad hoc, a mettere sotto riflettore una deriva comportamentale che, se fosse acclarata nei suoi veri profili di illiceità, assesterebbe uno sfregio simbolico rispetto ad una consolidata percezione etica) nell'intento di chiamare la comunità ad un dovere di consapevolezza e di resilienza.
Perché, deve essere chiaro che l'eventuale tracollo di quel che resta della catena degli “ospizi” (locuzione rammodernata nelle più consone Fondazioni, aziende RSA) priverebbe il territorio di un'essenziale struttura di welfare dedicato e aggraverebbe il combinato con il (constatato) cedimento della aliquota territoriale del “sanità lombarda di eccellenza”.
Non tutte le singole situazioni sono comparabili. Come segnala la cronaca quotidiana la “falce” pandemica ha fortemente squilibrato il rapporto domanda-offerta di degenza; soprattutto, ha evidenziato l'insostenibilità del modello gestionale, sia negli aspetti tecnico-assistenziali sia nei più vasti riferimenti costi/benefici.
C'è un pavimento di criticità, suscettibile di non consentire condizioni di revolving, di restauro delle negatività e di rilancio.
E, mentre il drappello di testa delle Aziende, che hanno saputo prevedere l'evoluzione del settore ed adeguarvisi, reggeranno e si presenteranno puntuali al rinnovamento della rete socio-assistenziale residenziale, altre realtà, simboliche inseguitrici del gruppo, verranno inesorabilmente risucchiate dal definitivo distacco.
Temiamo (dolorosamente) che sia questa la prospettiva della RSA Mazza di Pizzighettone.
Drammatico appare il fatto che l'establishment politico/istituzionale, espressione del confronto comunitario e del mandato di rappresentanza, non se ne sia reso conto e, negli ultimi tempi, abbia manifestato dei comportamenti ispirati dai peggiori canoni dell'autoreferenzialità e dell'autosufficienza. Mentre il combinato di etica civica e di coscienza della gravità dello stato dell'arte avrebbe dovuto consigliare a coesione di analisi e di propositi.
Tra qualche mese la comunità rivierasca dell'Adda sarà chiamata al rinnovo della consiliatura. Sarà difficile che le vicende del Mazza possano essere depistate ad un destino di marginalità nell'economia della formulazione di un programma di “recovery”. La perdita di contatto con le realtà di testa del territorio sarebbe incolmabile se non ci fosse la consapevolezza che lo scivolamento di Pizzighettone verso consolidati scenari di sussistenza sarebbe imprescindibile dalla concreta recuperabilità se non ci fosse una visione generale, capace di collocare al centro l'arresto del declino della dotazione socio-assistenziale-sanitaria locale.
Finora non se n'è avuto contezza. Se non nell'interpretazione di gesti isolati ed inconsulti, comunque non interpretabili come testimonianza di virtuose consapevolezze.
Ma, questa, sarà materia dei players dell'agone politico. Non certamente nostra. Noi facciamo informazione ed approfondimento. In alcun modo, anche se non abbiamo consegnato la nostra passione ideale all'ammasso, abbiamo partecipato e parteciperemo al “confronto” elettorale.
Soprattutto, sulla stregua dei binari “stilistici” tracciati da chi meno avrebbe titolo per esternare su questa materia e con quei toni. Ci riferiamo allo speech dell'incaricato della procedura di vaccinazione dedicata alla RSA, che, con un'improvvida esternazione non solo non ha fugato le perplessità (lecite in un modello liberaldemocratico, garante delle prerogative dialettiche tra cittadini e potere), ma addirittura ha accentuato le ombre (che hanno preso consistenza da indiscrezioni provenienti dall'interno della struttura e dall'osservazione empirica). Nei confronti di un comportamento, su cui, invece, il vertice amministrativo è stato reticente.
Noi non abbiamo avanzato imputazioni. Semplicemente abbiamo pubblicato e (ampiamente chiosato) i pubblici pronunciamenti di un'associazione di impronta politica, di consiglieri comunali che ne hanno diritto/dovere, di lettori della nostra testata.
Surreale che ne abbia dato risposta una figura “tecnica”. Alle cui mani sono affidati la sopravvivenza ed il comfort degli ospiti e l'efficienza operativa della struttura (cui rivolgiamo, ancora una volta, il nostro riconoscente apprezzamento).
Nessun rancore. Solo l'auspicio che questa figura si faccia, nel prosieguo, stimare per il tratto professionale ed umano (come lo sono stati i suoi sottoposti nella lunga storia dell'Ospedale Mazza).
D'altro lato, e ci avviamo alle conclusioni occasionate dall'annuncio di un significativo tornante della vicenda (potremmo semplificare) di eventuali furbetti del vaccino, la nostra mission era ed è ispirata dalla volontà di non far mancare nell'opinione pubblica un impulso di attenzionamento nei confronti di condotte negli investiti di pubbliche funzioni non esattamente “etiche” (specie in questi scenari tremendi). Quanto siano state poco “etiche” o di quanto siano scivolate, addirittura sul terreno dell'illecito lo dirà il prosieguo.
Se fossimo autorizzati a trarre dalla vicenda conclusioni da ottica più vasta, azzarderemmo che, ad una materia così sensibile, avrebbe giovato all'efficienza ed alla benevola interpretazione di corretti comportamenti applicativi una declaratoria meno impermeabile a libere divagazioni.
Abbiamo allungato il raggio dell'osservazione e, sia pure empiricamente, abbiamo tratto la conclusione che la versione "autentica" fornita dal management del Mazza potrebbe aver avuto degli emuli anche in altre strutture.
Se così fosse, sarebbe il caso che agli occhi dell'informazione si aggiungessero quelli degli organi investigativi.
Non oseremmo dire che quel che è stato è stato. Ma la materia è delicata, se il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri ha, al momento dell'insediamento nel ruolo, ha indicato nell'eventuale deragliamento delle procedure vaccinali una criticità caricata di fattispecie penale e, nell'immediato, in una azione di deterrenza.
L'alta carica dello Stato sa meglio di noi che una norma penale consente agli investigatori di attivarsi anche sulla base della conoscenza di notizie di stampa.
Il fatto che “la curva non canti più” e che nessuno sembra essersi attivato nella richiesta di chiarimenti (in aggiunta al pronunciamento della locale sezione PD, che pubblichiamo), non toglie, a questo punto, l'urgenza di una verifica dei superiori livelli della Regione.
A ciò si appella l'iniziativa del Consigliere Regionale, Matteo Piloni, molto attivo su tutta la partita della gestione sanitaria lombarda a mente di performances non esattamente indimenticabili; che ha chiesto al nuovo Assessore Moratti delucidazioni in materia.
Pubblichiamo di seguito l'intero testo della interrogazione.
Note sull'interrogante
MATTEO PILONI - Eletto consigliere regionale nelle elezioni del 4 marzo 2018, nella Circoscrizione provinciale di Cremona, con 4.217 preferenze. Nato il 2/11/80 a Crema, dove vive tuttora. Laureato in musicologia, ha seguito progetti di educazione musicale nelle scuole e firmato due libri. Segretario della Sinistra giovanile e volontario nella Consulta dei giovani del comune di Crema, dove nel 2007 è stato eletto per la prima volta consigliere comunale e rieletto nel 2012 con 305 preferenze. È stato presidente del consiglio comunale fino alla elezione di segretario della Federazione PD di Cremona. Dal maggio 2014 assessore all'urbanistica, all'ambiente e al turismo e componente del dipartimento Anci Lombardia che si occupa di territorio.