Non accenna, diversamente da quasi tutti i 12 centri chiamati alle urne ai primi di ottobre, ad esaurirsi il vivace confronto tra i players di una contesa, che avrà come epilogo una nuova consiliatura, destinata a mostrare un elettroencefalo tutt'altro che piatto.
In dipendenza non solo degli acuti problematici comuni alle altre realtà istituzionali di un territorio, provato come molti altri, dal combinato di decenni di sottovalutazione da parte dei superiori livelli di governo delle problematiche periferiche e, da quasi due anni, del portato di quella apocalisse che si è rivelata la pandemia Covid 19, ma soprattutto dall'ormai testata inadeguatezza dei tradizionali “campi di raccolta”, di mobilitazione e di selezione del personale politico-amministrativo, che per oltre mezzo secolo sono stati i partiti.
La pervicacia di non volervi prescindere e di non guardare alla luna dello sforzo di mirare alla priorità del bene comune anziché al dito dei piccoli calcoli di bottega non porterà lontano.
Se ne sta già avendo prova dalle prime battute di una campagna in cui non è difficile intravvedere la maggior linea guida che è quella di voler esclusivamente occupare i posti di comando.
Abbiamo seguito (e continueremo a farlo fintanto che ne intravedremo l'utilità) con una certa continuità ed evidenza lo scenario pizzighettonese.
Anche in questa occasione non possiamo non accennare a quella che è diventata la materia prima del contendere: il deragliamento della Fondazione Mazza che amministra e gestisce una RSA un tempo valutata come importante entità di assistenza per un ampio bacino territoriale.
Ma, ahinoi, insieme al ben più importante deragliamento di questa insopprimibile entità di carità e di cura del prossimo attempato, arrischia di far deragliare quella sorta di cooling break, di pausa di sospensione delle polemiche e di riannodamento dei fili di un ragionamento comune e fecondo.
Così non sarà. Si evince, quanto abbiamo considerato due giorni fa, dal pronunciamento del Sindaco del centrodestra locale; il quale curiosamente mostra di fissare i paletti del dialogo possibile entro le proprie ragioni.
Dimenticando, e facendo di tutto per farlo dimenticare ai cittadini, che le cause e le responsabilità dell'avvitamento del disastro sono tutte in capo alla sua parte politica, al management che ha diretto la struttura, al senior partner presente per diritto divino e a tempo indeterminato nella struttura amministrativa.
Dato che ci siamo, buttare la croce addosso è sempre cattivo avviso. Ma quando ci si mette alla ricerca del bandolo della matassa per uscire dalla crisi ed imboccare una strada virtuosa non si può astrarre da un rigoroso esame della situazione.
Non se ne farà niente fino alla proclamazione dei nuovi eletti che, quali che saranno, non potranno girare la testa dall'altra parte e/o dispensare ricette improbabili.
Abbiamo già osservato che il Mazza (detentore, ahinoi, del primato del disastro) è purtroppo in buona compagnia con altre RSA consorelle del territorio provinciale.
In materia bisognerà essere implacabilmente chiari fino alla spietatezza. Il modulo amministrativo delle RSA, siano esse aziende partecipate o fondazioni, è destinato a non reggere. Per il duplice effetto della declinata sostenibilità decretata dalla sperequazione tra massa critica della domanda di servizio ed il monte risorse.
Non basta cambiare il nome dell'Assessorato Regionale dall'originaria Sanità al Welfare per incidere concretamente nel cambio di fase di una politica che si facesse carico fattualmente dell'enorme portata di un'adeguata assistenza al bacino della fragilità per senescenza e per perdita di autosufficienza.
Occorre investire nel settore quelle significative risorse che invece la Lombardia ha regalato alla sanità capitalista. Occorre rimodulare il sistema sulla base di una forte convergenza tra sanità territorializzata e di nuovo ricadente nell'indirizzo e nella vigilanza delle istituzioni locali e assistenza sociosanitaria rivolta alla terza età, che abbia come asse portante una partnership condivisa, tra Regione, Provincia e comprensori comunali.
Da qui dovrebbe scaturire un nuovo modello di gestione amministrativa, capace di mandare in soffitta le vecchie IPAB, le fondazioni, le aziende partecipate, l'antico patronage dell'autorità religiosa. Determinante negli equilibri delle compagini istituzionali, un senior partner il cui ruolo non viene giustificato dal motto anglosassone “no representation without taxation”.
Il modello che si propone deve risultare dalla consapevolezza che i tempi sono maturi per una piena collaborazione tra Ente Regione ed entità comunale, che, tra l'altro, deve farsi carico della contribuzione a carico delle degenze in capo ai non abbienti.
Va da sé che tale progetto esclude in partenza la sopravvivenza del modello misto pubblico e privato. In cui l'iniziativa pubblica è chiamata a farsi carico dei costi crescenti ed ingenti ed il privato, attraverso la compressione dei costi ottenuta col probabile abbassamento degli standards qualitativi e la dequalificazione del trattamento degli operatori, intercetta, come nel comparto ospedaliero, significative quote di profitto.
Non facciamo dipendere le opzioni delle ipotesi di razionalizzazione gestionale e di ottimizzazione del rapporto costi-ricavi esclusivamente dalla prioritaria tutela dei diritti acquisiti in capo agli operatori sanitari e parasanitari. Ma, coi tempi che corrono in materia di rarefazione di una adeguata disponibilità di dipendenti qualificati, non ci sembra proprio cosa intelligenti incardinare la ricerca del contenimento della spesa gestionale sul parametro del trattamento normativo ed economico.
Non si uscirà, ripetiamo, da questo contesto di criticità che sono, in aggiunta a due decadi amministrative decisamente poco virtuose, di natura strutturale e comuni al comparto, se non se ne sarà consapevoli e se non si cambierà decisamente pagina.
Il Sindaco tenta di uscire dall'assedio, in cui si è ficcato (per autoreferenzialità ed arroganza) scaricando su altri le responsabilità (e, volendo essere chiari, mettendo m…nel ventilatore).
Non è nostro compito di informatori dettare soluzioni preconfezionate. Esortare alla riflessione ed alla attinenza ai fatti, invece sì.
La Giunta accusa l'opposta lista di lavorare per una sorta di svendita del Mazza “ai privati”.
L'accusa è diretta in particolare alla Presidenza del precedente CdA.
Non vogliamo prendere le difese di nessuno. Ma pensiamo sia utile fornire ai nostri lettori elementi di conoscenza. Ed è per questo che pubblichiamo gli allegati (in pdf) del manifesto di “Insieme cambiamo Pizzighettone”, nonché dell'intercorso epistolare tra la Civica Amministrazione e l'ex Presidente Sinelli.
Traggano i cittadini le conclusioni del caso.