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EL SÙRBET 

Di Giàcinto Zanetti (traduzione di Clara Rossini)

  20/06/2022

Di Redazione

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Consumi voluttuari del passato e nostalgie del presente 

Eh …sì, diversamente dalle fonti idriche, le fonti creative del nostro poeta in lingua dialettale, si sono, con questa ultima fatica, dati i contesti climatici, sicuramente apprezzata, per i rinvii gustativi che sottende, anzi che sponsorizza manifestamente. 

Giacinto Zanetti compone sul godibilissimo filo che rende sinergico l'intramontabile ricordo del passato e attuale il richiamo a benefits che, pur essendo attualissimi, rinviano ad abitudini consumistiche sobrie, molto sobrie, rispetto agli standards iperconsumistici correnti. La poesia del nostro autore non abbisogna di un grande supporto ermeneutico. 

El gelato, el surbet, la parigina, che dir si voglia, costituiva il centro di gravità delle aspettative gustative, universali, ma in particolare dei piccoli. 

Più che un modo di introitare refrigerio in contesti che erano di canicola anche allora (percepita più che proporzionalmente per effetto dell'assenza, allora, degli elettrodomestici esorditi a far tempo dalla confluenza della “ricostruzione” nel boom vero e proprio) era, d'estate, un oggetto del desiderio. La cui somministrazione (attualmente affidata, come ricorda Giacinto, ad una molteplicità di canali distributivi) avveniva prevalentemente (nella periferia cittadina e nei piccoli borghi) con il delivery consentito dai tempi: il carretto condotto da un venditore che poco prima aveva confezionato il prodotto. 

La composizione poetica, ça va sans dire, ha suscitato (in noi e sicuramente a molti dei nostri lettori agée) una tempesta di amarcord e di nostalgie, per il tempo passato e per l'approdo a stili di vita, che, anche se in questo caso, applicati ad abitudini “innocenti” (in quanto scarsamente incidenti in un monte consumistico divenuto difficilmente giustificabile e, quel che conta maggiormente, tendenzialmente insostenibile. 

A leccare il gelato (dei ricordi di Giacinto e di chi scrive) c'erano, nei contesti evocati, qualche centinaio di milioni di bimbi (ed ovviamente di consumatori più attempati). 

Non vogliamo farla né lunga né troppo assertiva. Semplicemente non vogliamo farci sfuggire l'occasione, offerta da Zanetti, che insieme a Clara ha esercitato per decenni l'insegnamento elementare(e che, quindi, qualcosa sa di psicologia dell'età evolutiva), di proporre al parterre dei nostri lettori la rivisitazione di un gioioso gesto di vita quotidiana (che non significa necessariamente che el  sùrbet fosse garantito pro die). Che veniva caricato quasi di oscuro oggetto di desiderio. Una fattispecie (quella dell'autoriduzione proletaria dei “lussi” e financo dei consumi elementari) che traeva ispirazione da un consolidato costrutto etico/morale e dalle condizioni di fatto (cui si aggiungeva il ricorrente richiamo del “pastore” alle rinunce a favore dei “bambini poveri dellAfrica). 

L'accesso era, infatti, scandito dal delivery periodico del carretto e/o da un fisso di prossimità, il cui servizio era variabile dipendente da una catena di condizioni legate al rango e alle disponibilità della famiglia degli aspiranti consumatori e dal curriculum comportamentale dei medesimi (“fà bel che te cumprarò la parigina!). Sarebbero, col tempo, venute le tentazioni del ghiacciolo, della coppa del nonno, del mattarello e di tutte le diavolerie della produzione industriale, in cui i contenuti sarebbero stati, almeno per noi, inversamente proporzionale al fascino del prodotto artigianale. 

Insomma (fatto impensabile se si pensa ai successivi agî) la “pallina” (o per i più fortunati le palline) dispensate col supporto del cono o delle due cialde contenitivi te la dovevi meritare. 

Ad evitare che questa presentazione dei versi di Giacinto Zanetti venga scambiata per un inappropriato sermonicino di profilo edificante, chi scrive aggiunge che, diversamente dalla media del bacino dei piccoli consumatori/sognatori, riuscì settant'anni a discostare l'intensità del suo consumo ben oltre la media corrente. Non perché particolarmente meritevole, ma per la benevolenza (forse eccessiva) della mamma. D'altro lato, il piccolo borgo di radici celtiche sulla sponda destra dell'Adda pullulava (rispetto alla popolazione residente e pendolare) di “offerte”: mille potenziali consumatori a fronte, come arringava dal pulpito il bravo parroco, di 13 punti ristoro. In cui si dispensavano quantità industriali di “staffe” (senza tanto sottilizzare sul bianco e sul rosso) e, per i più piccoli, di sorbetti (rigorosamente solo d'estate!). Ne ricordiamo di quasi tutti “la ditta” e la location (La latèra, la Cavagnina ecc). Non cercateli, andando sulla sponda occidentale del lago Gerundo; perché non ce n'è più neanche uno. 

Fisicamente, parlando. Ma, anche perché molto sponsorizzati dalla vena poetica di questa composizione, riemergono tutti nei nostri ricordi. Grazie, Giacinto! 

EL SÙRBET

Tàanti àn fà, quàant rivàava la bèla stagiòon, 

se te vurìivet tastàa vergùt de bòon, 

te spetàavet el gelatèer cu ‘l so carèt 

e te curìivet in stràada a tóo el surbèt. 

De li vòolti te ‘l pagàavet cun en quàal óof frèsch 

cuzé el gh'ìiva gnàan de dàate el rèst; 

opüür te tiràavet fóora na quàal munedìna 

e lüü el te metìiva in màan na bèla “parigìna”; 

i göst che ‘l gh'ìiva j éera pòochi ma bòon: 

gh'éera sèemper pàna, ciculàat e limòon. 

In de ‘l lecàal, pò, te interesàava nièent 

se per cùulpa de ‘l limòon se ingiavelìiva i dèent, 

tàanto te sgagnulàavet el còono fìna in fùunt 

e te parìiva de éser el padròon de ‘l mùunt. 

Adès che ‘l mùunt  ‘l è  cambiàat 

de geláati gh'è pièen àan' i supermercàat… 

però per güstàa  ‘na féesta de saùur 

e lüstràa j ùc cun en spetàcul de culùur, 

‘l è mèi sedìise tranquìi in gelaterìa 

áan se póol turnàate indrée la  nustalgìa 

de chèl surbèt cumpràat de pütél 

che ‘l te fìiva sèenter en rè in de ‘l so castél! 

(testo originale Giacinto Zanetti)  

 

“IL SORBETTO” 

Tanti anni fa, quando arrivava la bella stagione 

se volevi assaggiare qualcosa di buono, 

aspettavi il gelataio col suo carretto 

e correvi in strada a prendere “il sorbetto”. 

Alcune volte lo pagavi con qualche uovo fresco 

così non doveva nemmeno darti il resto; 

oppure tiravi fuori qualche monetina 

e lui ti metteva in mano una bella parigina. 

I gusti che aveva erano pochi ma buoni: 

c'era sempre panna, cioccolato e limone. 

Nel leccarlo, poi, non t'interessava nulla, 

se per colpa del limone digrignavi i denti, 

tanto “sgranocchiavi” il cono sino in fondo 

e ti sembrava di essere il padrone del mondo. 

Adesso che il mondo è cambiato 

di gelati sono pieni anche i supermercati… 

però, per gustare una festa di sapori 

e lustrare gli occhi con uno spettacolo di colori, 

è meglio sedersi tranquilli in gelateria 

anche se può tornarti indietro la nostalgia 

di quel “sorbetto” comprato da “bambinello” 

che ti faceva sentire un re nel suo castello! 

(testo tradotto da Clara Rossini) 

L'autore

Giàcinto Zanetti, dopo aver prestato servizio per trentanove anni come maestro elementare, di cui gli ultimi ventidue presso la scuola di Bonemerse, ha prolungato la sua attività insegnando il dialetto, come opzionale, presso le classi quarte della Scuola Sacra Famiglia di Cremona. Ama comporre poesie in vernacolo e da fine dicitore le propone negli incontri richiesti da varie Associazioni, organizzati dal gruppo, a cui da tempo ormai appartiene, El Zách. 

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