Cremona ha ottenuto un record
Ci fu un periodo in cui ho lavorato al FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale della Commissione Europea). Mi interessavo di strategie di sviluppo, in particolare del finanziamento di progetti situati in zone in difficoltà economiche. Per l'Italia del Nord, la lista dei Comuni in cui si poteva intervenire era stabilita ogni sette anni.
Dal 1975, anno di fondazione del FESR, al 2006, Cremona ha ottenuto un record: è stata l'unica provincia d'Europa che non ha mai avuto un comune ammissibile. Per me era motivo d'orgoglio, potevo dire di essere nato nella provincia più ricca del continente europeo.
Purtroppo, a partire dal 2007, gli indicatori economici fecero sì che alcune zone cremonesi fossero ammissibili al FESR, segno che anche il suo territorio era in difficoltà economica. Fu in quel periodo che vidi per la prima volta il piano di sviluppo di Tencara, una zona di Pizzighettone che poteva rilanciare lo sviluppo di un territorio in crisi. Si tennero riunioni col Sindaco Bernocchi, la Provincia di Cremona, il Ministero dello Sviluppo Economico, la Direzione Generale dei Trasporti della Commissione Europea. Si trovò un accordo. I soldi c'erano, si doveva rendere esecutivo il progetto che avrebbe dato lavoro a centinaia di giovani.
Il seguito, ahimè, è conosciuto: Bernocchi non è stato rieletto e gli enti incaricati non hanno mai cantierato l'intervento. Un peccato, soprattutto per i giovani del paese.
Ho pensato a questo quando ho letto i risultati del nuovo Consiglio Provinciale. Alcuni consiglieri appena eletti sono sindaci di comuni piccolissimi. Di Pizzighettone e comuni limitrofi non c'è traccia. Devo dire che mi dispiace molto, che futuro avrà il mio paese senza un referente che possa sostenere i progetti di sviluppo nel giro che conta?
Il Territorio urge di riforme
Condivido pienamente il tuo editoriale su Dossier provincia. Il Territorio urge di riforme soprattutto in campo sanità, scuola e lavoro. Le amministrazioni sono deboli e troppo frammentate politicamente, sarà difficile che trovino accordi senza inevitabili rotture. Il ceto medio moderato non va a votare e la destra populista avanza. C'è un senso di crisi generalizzato perché abbiamo commesso l'errore di considerare il populismo come una diga per tenere a freno il fascismo violento ed esplicito. Non è vero oggi la destra ha una struttura orizzontale che ha radici transnazionali. Oggi le istituzioni democratiche locali si trovano a fronteggiare una forza organizzata a livello globale che capiscono a stento. È difficile restare radicati a valori civici, democratici e liberali senza porsi domande davanti a tanta violenza e ingiustizia sociale. Chi è in grado di darci delle risposte corrette, mi sembra tutto pilotato a favore del più potente.
L.C., 4 ottobre 2024, Vicenza.
Non una lettera, ma un copia incolla a fin di bene (che, per quanto non diretti interlocutori, riscontriamo subito)
Tre giorni fa con WhatsApp il sempre attivo consigliere regionale del nostro territorio, Matteo Piloni, annunciava
Oggi a Mantova insieme ai colleghi del Gruppo PD Lombardia per ascoltare le necessità del territorio. Un vero e proprio viaggio che stiamo facendo nelle tante Lombardia della nostra Regione. E ovunque la richiesta di una regione più vicina alle necessità delle aziende, dei comuni, delle associazioni e delle persone. E la consapevolezza di come la Lombardia, dopo 30 anni di governo dello stesso colore politico, abbia perso la bussola e fortemente rallentato. Al lavoro, dunque, per una nuova Lombardia.
Sul sito ufficiale del medesimo gruppo appare un incoraggiante si evince inequivocabilmente:
Il tour che stiamo facendo all'interno delle province lombarde è innanzitutto di ascolto ma non un ascolto retorico. Adesso abbiamo una Regione che non sta ascoltando le vere necessità dei territori lombardi, è una Regione chiusa, io anche in campagna elettorale avevo detto che non sarei rimasto chiuso nel palazzo regionale, ma sarei andato sul territorio – commenta Pierfrancesco Majorino, capogruppo PD in Regione Lombardia – come sottolineato dal consigliere Carra e dal Sindaco di Mantova Mattia Palazzi, vogliamo sostenere una visione di progettualità strategica nei territori lombardi che sono differenti tra loro. Mantova, per esempio, è un punto di lavoro strategico, è un crocevia, un luogo di attraversamenti che però non è adeguatamente infrastrutturato dal punto di vista dei collegamenti. Invece vive una situazione di completo scollamento. È scandaloso il livello di arretratezza sul sostegno alle diverse forme di trasporto a questa città. Stiamo parlando di un territorio che ha una potenzialità incredibile e che deve essere sostenuto. Non si può contemplare dal palazzo regionale la bellezza di Mantova, si deve accompagnare molto di più questo territorio, che invece è stato abbandonato. È un territorio che resiste, ma potrebbe fare molto ma molto di più con il sostegno di Regione Lombardia…Recuperare una visione a medio-lungo periodo, smettere di dare contributi a pioggia senza una progettualità attenzione al welfare e alla sanità territoriale, liste di attesa, i problemi della mobilità, il non affrontare nel sostegno dell'innovazione del mondo agricolo, attenzione alla peste suina: sono i principali nodi su cui lavorare.
Con la nostra iniziativa riportiamo Mantova al centro della Lombardia. La nostra provincia continua ad essere dimenticata dalla destra che governa.
A noi il compito di evidenziare i problemi e le opportunità che il nostro territorio vive e cercarli di trasferirli sul piano della proposta politica. L'impegno più forte che il Partito Democratico sta mettendo in campo è supportato anche dalla corposa attività di proposte che sta portando avanti in regione, purtroppo non trovando mai la disponibilità della destra. Il nostro obiettivo è quello di intrecciare il nostro lavoro con quello delle associazioni di categoria per essere sempre più puntuali sulle proposte e sulle iniziative da intraprendere. Siamo pesantemente in ritardo sul piano delle infrastrutture e ci sono opere, nel nostro territorio, che sono vergognosamente incompiute...
Buono a sapersi; perché questa notizia concorre in qualche modo, se non a nobilitare del tutto, il format delle dinamiche con cui i caricati di ruolo elettivo esercitano il mandato (soprattutto, nel rapporto con la costituency), a focalizzare le buone intenzioni comunicative. La vulgata, in fatti, indurrebbe a ritenere che il “bacino” vien buono solo per le campagne elettorale. In questo caso, invece, chapeau al Gruppo Consiliare del PD, che, pedibus calcantibus, fa on the ground.
Oddio, magari andando all'estremo vertice sud-orientale dell'ampia Regione, avrebbe potuto fare anche una sosta intermedia…nella provincia longitudinale.
Invece, no…si è tirato dritto verso la terra di Virgilio (da non confondere con…!).
Sarà, se Piloni magari insisterà un po' (tenendoci informati), per una prossima volta. Un po' perché sarebbe giusto ed opportuno che il tour territoriale sulle tante Lombardie le riguardasse, appunto, tutte. Quanto meno dissolvendo l'equivoco di ritenere assolto il contatto con il Sud Lombardia, andando a Mantova, percepita come unico riferimento dell'area padana. Metabolizzando questo contatto con la sintesi secondo cui Mantova... sarebbe unico e indiscusso riferimento della Lombardia sud Orientale. Dove il Governo Regionale ha localizzato snodi gestionali e strategici: la Ats, la CCIA, l'Interporto Valdaro (di cui, se va bene, quello di Cremona sarà sussidiario). Si nota tra i partecipanti il bravo consigliere regionale bresciano (e già Sindaco della Leonessa). Indiscusso e valente espressione della fascia Pedemontana. Di cui il nostro territorio è tributario solo della spoliazione della concessione autostradale (una volta ovviamente realizzate le infrastrutture imposte da Brescia) e delle Municipalizzate, finite, come noto, nella Multiutility a trazione meneghina/bresciana. Da Rivolta a Casalmaggiore siamo ormai una fascia territoriale senza influenza strategica. Nei rapporti coi prevalent partners regionali...da piattino sulle labbra e mutande in mano. Si spera che i dem Lombardi, nella loro visione onnicomprensiva, se ne rendano conto. Magari, alzando l'asticella della giusta attenzione oltre lo sguardo e della dialettica oltre le politiche settoriali ed orientando la progettualità strategica verso un equo riconoscimento dei ruoli delle diverse aree in un rapporto più equilibrato (anche nella destinazione delle risorse) e corrispondente alle vocazioni.
Come scrivevamo alla vigilia del rinnovo della Legislatura Regionale, “Per ambirvi Cremona ha bisogno di tornare ad avere un progetto territoriale. Al proprio interno e nel contesto regionale ed interregionale. Con la A21, anticipatrice dell'asse Tirreno Brennero e medio Padano (immaginato dallo studio Gualazzini per Confindustria inizio anni 60) Cremona sarebbe diventato l'epicentro. A maggior ragione per la sinergia intermodale. Già il comparto manifatturiero che richiede trasporti massivi e quindi vie d'acqua, si è assottigliato. Ma non i poli integrati dell'intermodalità. Cremona fu, con l'area portuale attrezzata, la vera candidata a diventare polo strategico di rilevanza europea (nel 1988 venne in visita il presidente della commissione trasporti del Parlamento Europeo). Se la modalità portuale/navigazione interna è superata, come mai, invece, Valdaro (il cui progetto e la cui prima pietra sono firmati Vidali) tira moltissimo? Perché la classe dirigente della città che si richiama a Virgilio (per sua fortuna, l'altro...) è visionaria, gioca le carte della sua geolocalizzazione baricentrica alle strategie sinergiche nord sud e est ovest del quadrante alta Emilia, Triveneto, Adriatico, Brennero. Ma se rinunci al tuo polo intermodale (ormai non più fruito neanche dall'acciaio), all'autostrada che ti reinserirebbe nello sbocco, se non ragioni col Cremasco sull'utilità del raccordo competitivo del sud Lombardia (tutto, da Mantova, a Lodi, Pavia e Piacenza) e l'area metropolitana...allora puoi solo sperare nelle briciole rilasciate dal ricco Epulone...ai pezzenti. Quel che siamo diventati. In controtendenza con le intuizioni dei Lombardi (Giovanni), Vernaschi, Grossi (Peppo), Dolci, Dolfini. Poi (senza offesa) è arrivata la leva dei buoni a nulla capaci di tutto. Con cui ragionamenti come questo non sono neanche abbordabili. Per di più la prossima Consiliatura sarà ancor meno dotata di talenti minimalmente attrezzati per capire almeno la narrazione.
Chiosa
Nella precedente edizione avevamo esortato i nostri lettori a fornirci spunti, con cui implementare il confronto su una tematica evidentemente non episodica e allargare anche i nostri orizzonti.
Ci stanno accontentando. Constatazione che ci risolleva dal deprimente sentiment indotto dalla squallida (comunque la si voglia definire, il senso politico ed etico-morale è proprio questo) del rinnovo della Consiliatura e del vertice della Provincia.
Anche non volendo, unitamente a questa percezione fattuale, che descrive una deriva prestazionale del ceto politico ed istituzionale locale, non v'è chi non veda l'evidenza della totale trascuratezza dell'occasione sinergica di rinnovare il mandato, ma anche di focalizzare, nella sua interezza, l'empasse istituzionale dell'ente intermedio. Che, così come è stato messo dalla sciagurata Legge Del Rio e da uno stand by destinato a non traguardare niente di fecondo (dal punto di vista del rilancio), si presterà ad un ulteriore disassamento dell'equilibrio nella rete istituzionale periferica, con l'accentuazione delle posture centralistiche e con la ulteriore marginalizzazione delle aree periferiche.
L'election day (forse non c'era da aspettare niente di diverso, considerate le premesse dense di nefasti presagi (tutti confermati sul campo!) e totale astrazione dal contesto generale) ha dato il vino che la botte dell'oste poteva dare.
Resta immutato (forse in pejus, per conseguenza della reiterazione prestazionale del tutto avulsa dalle consapevolezze strategiche e, diciamolo pure, dell'inadeguatezza anche sul piano dell'ordinaria gestione) un contesto che non riesce a bucare. E che per una auspicabile resilienza avrà bisogno di impulsi, di cui non si vedono le premesse, ma che appaiono ineludibili per innescare le premesse per un cambio di fase.
Di tutto ciò “la pratica” del cambio del vertice provinciale ha, come lucidamente osservato questa rubrica, dato un segnale di “non pervenuto”.
Un vero peccato perché le virtuose percezioni e i segnali, provenienti dalla realtà basica del territorio si pongo in termini più avanzati. Ci riferiamo al percorso lucido e coerente del comprensorio cremasco, che, con la sua “Area Omogenea”, sta dimostrando quale dovrebbe essere la direzione di marcia per un diverso aggregato di propositi e di energie, per un territorio frammentato e amministrativamente disarticolato.
Il progetto si sta facendo strada, se è vero, come si evince dalle dichiarazioni in equivoche delle ultime settimane, che anche altri due ex circondari (Terre di Mezzo e Casalasco-Viadenese) hanno amministratori molto consapevoli e determinati a perseguire questo percorso di riqualificazione e potenziamento dell'intelaiatura amministrativa della provincia.
Sul rompete le righe dei “campi” non si mette conto analizzare e/o obiettare. Come dice giustamente il comunicato della “sala dei bottoni” del centro-destra “nihil novi sub sole”. In cui si osserva:
Nessuna discontinuità amministrativa e politicamente nulla di nuovo in Provincia a Cremona. Il presidente Signoroni, le scorse elezioni, aveva avuto voti trasversali provenienti dal PD e dai civici del centrodestra; poi confluiti in questi anni in Fratelli d'Italia.
Allo stesso modo, in queste elezioni provinciali Mariani ha avuto voti trasversali dal Pd e da una parte di Fratelli d'Italia.
Videant consules… anche se, temiamo, da questi percorsi sarà ben difficile dedurre auspici virtuosi. Ovviamente, per quanto non ottimisti per il prosieguo, staremo sul “pezzo”.
Saremmo omissivi e, in qualche misura, incoerenti con le nostre radici e la centralità tematica dei nostri palinsesti editoriali, se non cogliessimo l'assist del nostro diretto interlocutore Alberto Piazzi. Nella cui lucida riflessione si stagliano con evidenza due aspetti, distinti ma convergenti.
Il primo, ben focalizzato, riguarda la sostanziale derubricazione dell'ambito territoriale di collegamento tra valle dell'Adda e fascia padana propriamente detta.
Ci confidava privatamente il nostro lettore “mi sembra che Pizzighettone e zone limitrofe siano fuori dai giochi.” Già le cose appaiono un po' così anche agli occhi di un osservatore che ha svolto importanti ruoli sindacali, professionali nella macchina “europea”, che fa, con successo, anche lo scrittore.
Il Borgo dell'Adda, fino a 40 anni fa una delle capitali industriali della provincia, ha da tempo smesso di cullare sogni compensativi di sviluppo dedotti da progetti di crocevia infrastrutturale.
Vabbé sono cambiati i contesti e la classe dirigente ha smesso, non tanto di sognare, ma di programmare e di progettare lo sviluppo ed il futuro. Alla derubricazione delle vocazioni e dei ruoli nella mappa dei poteri locali ha concorso anche un sinergico e simmetrico affievolimento dello, come si dice, “speech” della politica locale. Che, fino ad un certo punto, collocava questo comprensorio territoriale e socioeconomico nel contesto provinciale.
Ma, da quel che si evince dalla propaganda (anche se camuffata di esternazione istituzionale), negli ultimi anni questo perno del baricentro zonale si è spostato, grazie all'amministrazione leghista, verso l'orbita (densamente popolata di “boiardi” salviniani cui arride una carriera inversamente proporzionale al vero talento) sub-lodigiana.
Per farla breve (anche perché sul “pezzo” ci siamo stati e ci resteremo) azzardiamo ad esternare che i poteri amministrativi territoriali difficilmente riagganceranno l'assist del progetto che vedeva il Pizzighettonese come raccordo tra la valle dell'Adda, Terre di Mezzo e asta del Po. Nel frattempo hanno affondato il canale Navigabile. Ma anche l'utilizzo dei 9 km tra porto di Cremona e bacino di Tencara non rientra nella visuale.: Nell'establishment nessuno (a cominciare dagli indigeni) crede più nell'intermodalità e, nonostante la retorica green, nelle rinnovabili. Intanto il piacentino e, soprattutto, il mantovano si stanno avocando tutte le opportunità Nel 1988, come presidente dell'azienda Regionale dei Porti Interni, propiziammo un sopralluogo il presidente della Commissione Trasporti del Parlamento Europeo. È finito tutto. E Pizzighettone avrà un destino irrilevante. Dovremmo aggiungere che anche la sinistra locale su questi argomenti non brilla.
Il secondo corno della riflessione riguarda la sorte della formula “civica” con cui importanti settori di opinione pubblica, di movimenti, di cittadinanza attiva erano scesi in campo per colmare le lacune del “sistema partitocratico” (ormai ampiamente alla frutta, anche solo come risorsa di funzionamento del sistema liberaldemocratico e gestionale) e iniettare una ventata di aria nuova.
Pizzighettone per qualche anno (dalla lista civica Pesenti alla versione di "Insieme per cambiare Pizzighettone" aveva, pur soccombendo numericamente, innestato un nuovo format di testimonianza civica. Poi, anche questa lampadina (come le molte entrate nel cono delle evidenze del rinnovo della Consiliatura Provinciale) è affievolita. Già…il classico morto (partitocratico) che tira giù il (auspicato) vivo.