Diciamo subito che la dichiarazione, virgolettata, è del signor Prefetto (ma come si deve dire per non incorrere nelle intemerate quotidiane della Boldrini in materia di etichetta paritario/istituzionale?).
Dichiarazione che, nell’imminenza delle festività natalizie e di fine anno, è stata resa in una forma tra il messaggio augurale ed il report.
Ma non si era detto che, per non urtare la suscettibilità degli “accolti”, sarebbe stato preferibile rinunciare o, almeno, mettere la sordina all’ostentazione celebrativa della tradizione e delle feste religiose? Si diventa remissivi, in omaggio all’integrazione, a cominciare dalle scuole del primo livello, per poi mettere la quarta allo scambio d’auguri tra i vertici istituzionali, ai concerti natalizi di musica buona negli anfiteatri normalmente dedicati ai dibattiti (ed alle risse) parlamentari, a quant’altri eventi coniugano le ricorrenze con l’ansia di apparire. Mah…
Si fa la morale per tenere basso il profilo e poi ogni ricorrenza (il Natale, il Capodanno, la Pasqua, lo scambio dei ventagli preannunciante l’inizio delle lunghe vacanze estive) è buona per la sovraesposizione mediatica. Che dilaga, ça va sans dire, dal centro alla periferia.
Adesso ai messaggi augurali del Capo dello Stato, del Capo del Governo, dei Capi delle Camere e via continuando si aggiungono anche quelli delle rappresentanze territoriali. Donde, appunto, l’indirizzo alla città ed alla provincia e, non potendo lesinare, al Vescovo, alle forze dell’ordine, alle forze armate, ai vigili del fuoco, alla Protezione Civile, ai Guastatori, all’Area Vasta, ai giornalisti e, dulcis in fundo, ai cittadini. Questa minuziosa pletora di destinatari dell’afflato natalizio prefettizio rimanda noi, incalliti cinefili, alla logorroica citazione dell’intero albero famigliare nella predica dello zio prete di Verdone (“Viaggi di nozze”).
Un messaggio augurale, come i proverbiali sigaro e raccomandazione dell’epoca giolittiana, non si nega a nessuno. Per quanto, almeno la cittadinanza, ci creda, non ne sentirebbe la mancanza.
Si sarebbe limitato il danno. Eh no! In ossequio all’imprinting conformistico dell’establishment, non si è voluto rinunciare all’incollatura al recente pronunciamento del ministro titolare del Viminale. Il quale, premuroso di garantire un lieto Natale agli italiani, non ha perso l’occasione per propinar loro indefettibili certezze! In materia di mirabolanti successi contro il male e di assoluta tranquillità della situazione. Una garanzia, che, oltre ad avvalersi del phisique du rôle del ministro, pesca impeccabilmente nel solito mantra del “tutto a posto, tutto s’aggiusta”.
Ma, già che abbiamo l’improntitudine di snobbare il conformismo, a ‘sto punto, possiamo lasciarci sfuggire l’occasione di affermare che, come non ci hanno convinto le parole di Alfano sulla sicurezza nel Paese, ancor meno ci tranquillizzano le rassicurazioni prefettizie?
L’autorità interessata, cui un tempo bisognava rivolgerci con un informale “Sua Eccellenza” (non giureremmo che l’abitudine sia stata totalmente abrogata), forse si aspetterebbe tanti “oohh” poviani. Noi (che da tempo non siamo più bambini) a tanta sicumera preferiamo, quanto meno, la rivendicazione del dubbio.
Anche le storie complicate si possono raccontare con parole semplici.
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