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Cremona Art.18 : tentativi di revisonismo sociale (con dolo eventuale)

Matteo Zoppas (Confindustria Venezia): Con l’articolo 18 abbiamo sepolto la meritocrazia, chiuso la porta in faccia ai giovani

  21/09/2014 21:29:00

A cura della Redazione

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Riportavamo, concludendo la prima parte del dossier Lavoro, l’incipit del decalogo della squadra obamiana della Casa Bianca (non fare sciocchezze! ); che potrebbe anche essere un suggerimento per l’inesperta squadra renziana di Palazzo Chigi.

Apriamo la seconda parte con una quasi certezza.

I democrats tricolori, epigoni dei copyrighter a stelle e strisce, nonché new entry (evidentemente con spirito da sine cura) nel Partito Socialista Europeo, mostrando di non tener conto né degli obblighi di coerenza (derivanti dalla nuova appartenenza politico-continentale) né del monito dello staff d’oltreoceano, sembrano incamminati verso il baratro, più che della sciocchezza, dell’autentica cazzata.

Ci riferiamo alla piega impressa al percorso politico-parlamentare del cosiddetto jobs act; che, partendo da premesse di ineludibile riformismo, presta il fianco a potenziali derive di revisionismo sociale (col dolo eventuale di approdare a contraccolpi fuori misura).

Fatto capolino nella periferia della pugna massima per la riforma istituzionale, l’argomento era stato relegato nel recinto dei preliminari dialettici e, tutt’al più, presentato, in veste soft, come necessaria terapia benefica. 

Il ricorrente ritorno di fiamma della soppressione sic et simpliciter della Legge 300, scatenato dall’ansia di non essere relegati nei titoli di coda della pellicola “riformista” tende, infatti, ad avvalersi di un messaggio didascalico, a beneficio dell’immaginario popolare e della percezione mediatica.

Insomma, siamo in presenza di un linguaggio corazzato da rimandi apocalittici, che tenta di agganciarsi, o di influenzare lo zeitgeist (spirito del tempo) la cifra identificativa del nuovo corso politico, in cui si riflette quasi esclusivamente la corrente temperie culturale.

Nelle more della battaglia parlamentare e dell’incipiente clima vacanziero, avevano, infatti, messo le mani avanti le avanguardie dell’agguerrito fronte “riformatore”.

Il gatto e la volpe del tandem immarcescibile di professori “riformisti” (sic!), Giavazzi e Alesina (quando si vede la loro firma congiunta sul Corriere, specie da quando hanno teorizzato “Si comincia ad accettare che il liberismo è di sinistra”, il primo impulso sarebbe di girar pagina) ispirando scientificamente il coro degli esegeti del rigore non si faceva mancare un’asserzione incipitaria non tanto equivocabile “L’art. 18 spaventa gli imprenditori”. Per poi aggiungere “La prima (delle riforme promesse ed inattuate – ndr) è la sostituzione dello Statuto dei lavoratori (norme scritte quarant’anni fa per il mondo di quarant’anni fa) con regole adatte ad un mercato del lavoro moderno” ed un auspicio, appartenente all’ordine dell’ opinabile, ma rivelatore della concatenazione del “progetto” economico in grembo al Giove-normalizzatore “Far ripartire la crescita abbassando con coraggio le tasse è oggi la nostra priorità”.

(Temendo di lasciar soli i professori) di ritorno dalla Cina, entrava in campo il ministro Guidi, rampollo dell’omonima dinastia industriale. Non una qualsiasi, ma una componente di questo governo, che ci ha spiegato che l’articolo 18 è, non solo vecchio, ma anche dannoso e, quindi, da cancellare.

Il “confronto” era destinato ad arricchirsi col contributo di Matteo Zoppas, classe anagrafica 1974, rampollo della dinastia Zanussi, che, tanto per dimostrare lo spirito imprenditoriale aveva, qualche anno fa, monetizzato il pacchetto di controllo dell’omonima azienda di elettrodomestici alla multinazionale svedese Electrolux e reinvestito nella meno rischiosa attività di acque minerali S. Benedetto.

Ebbene il giovane virgulto della dinastia, approdata a sfide imprenditoriali meno impegnative (ma, comunque, sempre nelle prime file della finanza), non si negava, qualche giorno appresso, la foto opportunity di appartenenza al coté revisionista, di cui il Corriere, sempre più controllato dal gruppo Fiat, sembra essere diventato il capofila.

Ebbene, tale rampollo sanzionò: Con l’articolo 18 "abbiamo sepolto la meritocrazia, chiuso la porta in faccia ai giovani, creato un eccesso di tutela nei confronti dei lavoratori che non porta ad un miglioramento della produttività…Lo si abolisca senza se e senza ma, perché è ora di flessibilizzare in uscita, in modo da liberalizzare in entrata… I costi di contenzioso sono ancora alti, come gli indennizzi riconosciuti ai lavoratori… Quello che vogliamo è una totale flessibilità di uscita per puntare davvero sul merito e sulla produttività, assumendo chi finora è ai margini”.

Allegato 1: Per leggere tutto l'articolo apri e scarica l'allegato

Allegato 2: Il Socialismo di Patecchio di Enrico Vidali (stralcio) 

 

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