Che non si sa se attribuire più ad una presuntuosa stima delle proprie potenzialità ovvero ad incongrua lettura della realtà.
Vero:, Cremona, che da decenni si crogiola nella staticità del proprio passato e del proprio presente, dovrebbe darsi una mossa. In termini, più che di innovazione, di dinamismo.
L'ultimo quarto di secolo ne ha visto accentuare il distacco dalle circostanti posizioni di testa; che, nonostante i morsi della crisi e della stagnazione, hanno visibilmente innescato le marce veloci.
Quel complemento oggetto (la città) sotteso al progetto innovativo (che nessun esordiente si nega mai), tanto genericamente espresso, sembrava, sin dagli esordi, un neanche tanto originale slogan ad usum elettorale.
Ma il profilo, si ripete, progettuale così tanto generico supera l'ardimento quando lo si associa (praticamente ab origine e per sempre) alla “rigenerazione”.
Un mantra con cui ci provò anche il pensiero hitleriano, che la assunse come filo conduttore e come intelaiatura pratica dei propri sciagurati disegni.
“Stè bas!” verrebbe voglia di consigliare al “cerchio magico” che, in un momento di defaillance dell'intelligenza comunitaria (e della sinistra, in particolare) ha sequestrato la rigeneranda città.
Noi di consigli non ne vogliamo dare, soprattutto a chi dimostra pervicacemente di non volerne prendere.
L'amministrazione Galimberti è quasi al giro di boa e sarebbe il caso di ricondurre, nella giusta ottica di non separare le singole tematiche dalle linee-guida progettuali, a sintesi i riscontri quotidiani dettati dalle sue performances amministrative.
Che erano, appunto, griffate dal mantra della “rigenerazione”, step supremo della scala innovativa adottata da quell'aggregato gestionale diretto (con un certo piglio, per giunta) dal professore prestato alle istituzioni.
Mettiamo le mani avanti: Cremona è stata resa talmente malmessa dall'ultimo quarto di secolo del ciclo della seconda repubblica applicato in sede locale che sarebbe ingeneroso e scorretto pretendere valenze tendenziali nei singoli provvedimenti della quotidianità.
Ma questo approccio prudenziale e realistico, adottato da noi critici, è ardimentosamente impugnato, in senso inverso, dall'establishment comunale. Che intravede e pretende che si intraveda in ogni più particolareggiato provvedimento assunto un nesso di interdipendenza.
Neanche lontanamente assistita da qualche basico e didascalico “blut und boden”, la “rigenerazione” è diventata così una sorta di improbabile tamagotchi. Con cui, ogni giorno mandato sulla terra dal creatore, esibendo l'abituale allegra protervia, il primo cittadino rimanda a quel nesso ed assicura che in ogni anche piccolissima opera c'è traccia di rigenerazione.
La quotidiana circostanza, costante e veicolata nell'esternazione come lo zucchero nel caffè, più che a Joseph Goebbels «Una bugia detta una volta è una bugia. Una bugia ripetuta 1000 volte diventa una verità», rimanderebbe ad uno dei più conclamati effetti collaterali di una personalità connotata da ego ipertrofico (per di più assistito dall'impulso a deformare la realtà e dalla pretesa di imporla come tale).
Anche non volendo essere pregiudizialmente avversi all'aggregato teorico-pratico rappresentato dal prof. Galimberti, se non altro per il fatto che con riluttanza, molta riluttanza, l'abbiamo votato al ballottaggio(cosa che non capiterà mai più) ci si aspetterebbe che, da persona intelligente, prima o poi avvertisse che, per quanto la realtà dei fatti non raramente possa essere diversa dai proponimenti, anche le preoccupazioni tenute compresse, di tanto in tanto, chiedono fragorosamente udienza.
Polibio, teorico dell'uso romano della religione come instrumentum regni, deve essere sicuramente nei riferimenti dei depositari del potere comunale. Che, diversamente dalla religione, fanno di instrumentum regni la ossessiva deformazione della realtà e la relativa narrazione.
Dopo questa francamente non breve (ma necessaria) premessa, veniamo all'analisi dei fatti.
Il Sindaco ha radicato l'assetto delle deleghe nelle logiche del “cerchio magico” rappresentato dagli intimi e ciecamente fedeli.
Poi si è accorto che la cosa (le deleghe pesanti affidate a poche mani, vistosamente inadeguate) non funzionava. Allora ha cercato di rimediare, non proprio di resettare (come il buon senso avrebbe consigliato). Semplicemente ha sgravato gli assessori-pretoriani delle manifeste criticità gestionali e le ha riaggregate a nuclei inizialmente sottostimati. A parte qualche eccezione, sembra che sia, come livello performante, cambiato molto poco.
Va a questo punto aggiunto che il fattore trainante di questo poco precisato slancio rigeneratore dovesse essere rappresentato dalla cultura. Delega che Galimberti ha avocato a sé sin dall'inizio; ritenendo, evidentemente, che tale settore fosse trainante ed emblematico per l'intero progetto.
A parte qualche rarissimo panegirico proveniente da smaccati laudatores, le velleità rigeneratrici (attività culturali, animazione, eventi) dicono abbastanza fedelmente sia dell'inadeguata sistemazione progettuale sia dell'irrilevanza dei risultati pratici. Tal ché a non rendere più catastrofico di quanto già sia il bilancio concorrono vistosamente il Museo del Violino ed il suo indotto.
Un binomio che, a parte le ammaccature inferte, come vedremo, dai Tafazzi del Municipio, fanno (o farebbero?) veramente di Cremona una grossa potenziale città vi liuteria, musica ed arte, di rilevanza internazionale.
La fotogallery degli orrori, come si ricorderà agevolmente, fu inaugurata dalla bella trovata del braccio di ferro con l'Expo (e con Sgarbi) per le opere dell'Arcimboldo.
Poi una inesauribile cateratta di vorrei-ma-non posso, di annunci e, soprattutto, di apologie di iniziative riservate al campo contiguo alle attività strettamente artistiche e culturali, che sono i cosiddetti “eventi”.
Quelli, in qualche modo virtuosi (come “le corde dell'anima”), sono stati inopinatamente cassati. Altri, come l'Arena Giardino, hanno rischiato grosso.
Mancano le risorse (che, se anche ci fossero, non dovrebbero comunque confluire nel tritacarne dei panem et circenses). Manca, soprattutto, la precondizione per esaltare il rating di Cremona città d'arte; che è rappresentata dal decoro e dalla sicurezza.
Chi esce la sera per assistere alle visioni cinematografiche, per partecipare a qualche evento? Se il quadrilatero del centro, ambito deputato per dotazione e richiamo allo scopo, è diventato di notte (ed anche di giorno) una concentrazione di insidie e pericoli per l'incolumità personale.
Chi, avventuratosi nella capitale del Po per qualche evento importante, può riportare una complessiva ammirazione e diventare moltiplicatore di promozione, se pone occhio al degrado generale, alla sporcizia, alle facciate (anche e soprattutto di rilievo storico-architettonico) densamente infestate dall'opera dei vandali?
Ma siccome la mamma di chi non vuole farsi mancar niente è sempre incinta, eccoti allora che al destino ed alle calamità si aggiunge un inconsiderato sostegno di iniziative. Che, col viatico della rigenerazione, non apportano alcun valore aggiunto né all'immagine, su cui si dice di voler costruire il volto nuovo di Cremona, né alle attività economiche.
Perché, sia ben chiaro almeno questo, si vagheggia di attività artistiche e di patrimonio culturale; ma si pensa, e non ci si deve vergognare di dirlo, al terziario commerciale e turistico (per una città, cui è rimasto ben poco in aggiunta ai 2000 stipendi staccati dal cav. Arvedi, alla filiera della burocrazia e dei servizi, all'indotto dell'agro-alimentare).
La visuale di questa giunta in materia di eventi strumentali al rilancio della città d'arte e della musica non va oltre la prospettiva di eventi, il cui appeal è profondamente incardinato in un tessuto strapaesano.
Abbiamo qualche acciacco derivante dalla non più giovane età, ma il cuore fortunatamente regge. Signor Sindaco, ci dica sinceramente che c… (che cosa) c'è di rigenerante nelle rassegne (misto di cattiva gastronomia, di cattivi manufatti, di cattiva animazione), di cui non citiamo neanche il nome?
È vero (come ci ha detto, non prima di averci accusati di snobismo, il nostro consigliere comunale di riferimento), attirano molta gente (contenta di esserci, come sempre ha osservato il nostro censore).
100.000 in tre giorni? Preso: 100.000 in tre giorni! Dopo di che il serpentone-suk dalla Galleria a Sant'Agata è stato smantellato (dopo essere vandalizzato, a riprova degli standards di sicurezza). In attesa di ritornare tra un anno. In attesa delle prossime rassegne, che ormai infittiscono l'agenda di quella società in accomandita costituita tra il Comune (che incassa il plateatico) e le organizzazioni categoriali (che incassano la tariffa di partecipazione).
Altra domanda facile, facile. C'è sinergia tra le quinte architettoniche del comprensorio urbano forzatamente assoggettato e vilipeso e la griffe stilistica delle strutture mobili e dei negozi che, fortunatamente per pochi giorni, vi si svolgono? (vedansi le immagini fotografiche, che evidenziano i taroccati bronzi di Riace ed il gigantesco Brezel, posti di fronte alla casa di Stradivari)
C'è un effetto indotto tra queste rassegne itineranti (che nulla hanno a che vedere con le produzioni agroalimentari autoctone ed il commercio fisso) ed il patrimonio cittadino?
Per tre (o più giorni), le attività sono oscurate e la facoltà di spesa viene interamente metabolizzata da questo agglomerato risultante dalla partnership tra politici poco avveduti, corpi intermedi disinvolti ed operatori che operano con la tecnica della pesca a strascico.
Certo che hanno tutti il diritto di lavorare ed incassare! Però, nei rispettivi bacini e senza le agevolazioni pubbliche, il cui peso ricade sugli operatori commerciali e sui cittadini.
Per essere convincente l'assessore al Commercio dovrebbe, eventualmente, rivelare le condizioni di reciprocità suscettibili di compensare gli operatori cremonesi.
Già bello spunto anche questo!
Cremona ed il suo territorio costituiscono un'eccellenza agro-alimentare di rango europeo. Tale constatazione dovrebbe essere in cima all'ansia di far bene e di spingerne, con promozione ed eventi, l'appeal.
Che succede, invece? I produttori locali hanno come unica occasione per proporsi alla domanda del capoluogo e degli occasionali avventori il mercatino organizzato da Campagna Amica, che si svolge il venerdì mattina all'ex Foro Boario.
Se vai in qualsiasi città storica del nord Italia, ti accorgi che una delle piazze più importanti è denominata “delle erbe”. Perché? Perché da secoli vi si svolge il mercato dei prodotti dell'agricoltura a km zero, o poco più.
Cremona, anche in questo, vuole mostrarsi originale: deporta i banchi delle sue eccellenze (meravigliose anche solo a vedersi) nella semi-periferia.
Ma (tenetevi forti!) c'è un inedito. Tra le varie limitazioni, poste da un capitolato normativo al limite del sadomasochismo, per un anno si è aggiunto un effetto collaterale del confronto dialettico tra l'Emilio ed i neri.
Nella foga venne fracassata la centralina di alimentazione delle utenze elettriche dispensate ai banchi di Campagna Amica. Sapete quanto è durato il disservizio (che ha danneggiato ed allontanato gli espositori)? Meglio non dirlo.
1° foto: la centralina elettrica dell'ex Foro Boario fracassata nel gennaio del 2015
2° -4° foto: mercato europeo a Cremona
3° foto: Il mercato di Campagna Amica del venerdì in Via Mantova a Cremona