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Su "Senza se e senza ma: sono pulsioni fascistoidi"

Riceviamo da una nostra cara lettrice di Vicenza e molto volentieri pubblichiamo

  16/08/2021

Di Redazione

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Caro Direttore Buongiorno e buon inizio settimana. Lo sdegno degli italiani viene sempre meno...davanti a dichiarazione filofasciste da parte della Lega si dovrebbe prendere posizione intransigente e non morbida come succede oggi. Per me non è solo libertà di pensiero ma fomentazione di antichi ricordi di dittature pericolose. I nostri politici si trincerano dietro "ci sono problemi più urgenti" e lasciano correre. È giusto questo comportamento? 

C.L. (Vicenza) 

Eh no, cara ed assidua lettrice, che non è giusto questo voler girare la testa dalla parte opposta a quella che dovrebbero essere la lettura di certi accadimenti politici e la loro consapevolizzazione nella stima dei pericoli incombenti sul progressivo sfilacciamento del quadro delle prerogative liberaldemocratiche conquistate a caro prezzo.

Non vogliamo mettere nello stesso cesto. Ma, insomma, un po' si traccheggia sulle violazioni delle Leggi contro l'apologia fascista; un po' si finge di non percepire un nesso tra la reiterazione di certi richiami reazionari alle più attualizzate professioni sovraniste/populiste; ed ancora un pò, di fronte al tentativo di ripristinare una toponomastica manifestamente apologetica come veicolo della glorificazione del “quando c'era lui” (e fratello).Di fronte all'impudenza della pretesa di rottamare l'intitolazione del Parco di Latina ai due giudici antimafia e di ri-dedicarlo al fratello del Mascellone come profilo identitario di un'epopea di modernizzazione e sviluppo dell'agro Pontino. 

Forse per il “caso Durigon” potrebbe essere eccessivo qualsiasi impegnativo rimando storiografico; considerato che, in aggiunta alle mai sopite pulsioni apologetiche, probabilmente si è in presenza, come abbiamo considerato nel precedente articolo, della furbata di contendere, in vista delle elezioni capitoline, il consenso elettorale ai bacini cui attingono i titolari della ditta neofascista. 

Il "Non restaurare non rinnegare” degli esordi del neofascismo nazionale impallidiscono rispetto al percepibile corrimano dell'impudente reiterazione di continuità ideale. 

Altro che “non si è spiegato bene…non voleva dire”. Il già camerata Durigon sapeva perfettamente cosa voleva dire. E il suo “capitano” Salvini era ed è ben consapevole del contenuto della pratica, con cui da tempo la Lega si è affratellata a tutte le sfumature di nero. 

Il nostro coautore Giuseppe Azzoni (ci stimola a dire qualcosa di più sul vero profilo identitario (tirato in ballo intenzionalmente dal sottosegretario laziale) del “fratello” (link - ndr). 

Che non si sa bene a quale particolare titolo venga associato alla storia di questa porzione del Lazio costiero, se non come appunto fratello di colui che la propaganda fece passare come l'artefice della rinascita pontina. 

L'Arnaldo Mussolini non è stato altro che il fratello chiamato a coprire le spalle del senior dagli intrighi della gerarchia fascista e ad esercitare il ruolo di brasseur d'affaires per un duce, che non poteva apparire ma che voleva essere ben presente in un mondo (alla faccia della propagandata integrità morale) imputridito dalla ricorrente pratica corruttiva e sopraffattrice. 

Non casualmente l'Armando, già dalle battute iniziali dell'ascesa del maggiore alla massima carica del regime totalitario e liberticida, fu collocato, per meglio esercitare il ruolo di guardaspalle e maneggione, nel fulcro del potere economico e finanziario, che era Milano. 

A tentare di contrastarlo molto sottotraccia sarebbe restato solo il “ras dei ras”. Ma non su questioni ideologiche. Bensì, come scrivono Bozzetti/Alfassio Grimaldi nel saggio dedicato al profilo di Farinacci, per contendere l'influenza sugli affari. E per intercettare, come dimostreranno gli accertamenti sugli illeciti arricchimenti di regime, il relativo indotto. (e.v.

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