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Sempre a proposito del 'pacco' /21

La parola ai lettori e ai rappresentanti istituzionali:

  10/02/2024

Di Redazione

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Movimento per la riqualificazione dell'ospedale di Cremona

Entro la metà di maggio l'architetto Cucinella dovrà consegnare il progetto di fattibilità tecnica-economica del nuovo Ospedale.

Dopo che sarà approvato, dovrà redigere i progetti definitivo ed esecutivo.

Se finora la spesa si è aggirata sui 3 milioni, per la redazione del progetto definitivo ed esecutivo ne serviranno ulteriori 14.

Se non vogliamo che si sprechi altro denaro pubblico, dobbiamo trovare la maniera di inceppare il meccanismo prima della metà di maggio.

Per fare questo serve il contributo di tutti, sia in termini di proposta d'azione, che di aiuto concreto.

Abbiamo pensato di incontrarci sabato 10 febbraio, alle ore 16, presso la sala della Società Filodrammatica Cremonese vicino al Teatro Filo, per valutare tutti i suggerimenti che ognuno di noi può proporre, scrivendo a questo indirizzo e-mail entro giovedì 8 febbraio, per predisporre insieme il calendario dei lavori e acquisire eventuali disponibilità a partecipare alle iniziative che decideremo di intraprendere.

Inoltre dovremo stabilire una regola di comportamento per chi, attivista del movimento, si candiderà in occasione delle prossime elezioni.
Prima dell'incontro del 10 gennaio vi verrà inviato il riepilogo di tutte proposte pervenute.

Save the date

10 febbraio 2024 alle ore 16. Sala convegni della Società Filodrammatica Cremonese – Cremona- Piazza Filodrammatici, 2 assemblea aperta al pubblico degli aderenti al Movimento.

Assemblea del 27 gennaio 2024 al Centro civico Cascinetto

Resoconto sintetico di Paola Tacchini

L'incontro ha visto una parte iniziale, portata avanti da Geometra Giorgio Mantovani che ha ribadito l'assurdità del progetto di costruzione di una nuova struttura, per quanto avveniristica, accanto all'attuale monoblocco, con per di più il progetto finale di abbattimento di quest'ultimo.

I mezzi, i materiali, le possibilità di rendere l'attuale ospedale ristrutturabile è, secondo chi da cinquant'anni si occupa di progetti analoghi, non solo ampiamente fattibile, ma anche logicamente auspicabile. 

Con altrettanti dati accurati, Rosella Vacchelli, ha sintetizzato l'analisi di oltre 70 pagine del documento di presentazione del progetto, sul quale sono emersi elementi piuttosto contradditori.

Inizialmente si parlava infatti proprio di una ristrutturazione e non di un nuovo edificio, ma come è risaputo, c'è più margine di profitto in una edificazione nuova piuttosto che "recuperare" l'esistente. Altro punto da non sottovalutare, la previsione nel documento di regione Lombardia di avere già nel 2024 strutture funzionanti come le "case di cura" che dovrebbero assorbire parte delle patologie minori e percorsi riabilitativi, gravando meno sui giorni di degenza un ospedale (che dovrebbero quindi ridursi)... Peccato che ad oggi, oltre a qualche taglio di nastro, fatto in pompa magna, dall'assessore regionale di turno, queste strutture sanitarie siano scatole vuote e non operative per mancanza di personale adeguato.

Interessanti gli interventi specifici del loro settore come quello del Dottor Pietro Cavalli, che ha posto il punto sulla semplice domanda: "A che cosa serve un ospedale?" Dove l'ovvia risposta è trovare personale e strumenti adatti alla risoluzione delle problematiche di salute, non delle vetrate con aiuole fiorite a vista e un laghetto nel centro...

Altrettanto interessante è stato il punto di vista filosofico della professoressa e architetto Anna Maramotti che fa riflettere su quello che le persone desiderano trovare quando hanno bisogno di assistenza medica. 

Gianluca Franzoni, nel suo intervento ha cercato di dimostrare il rapporto di causalità tra la decisione di costruire il nuovo ospedale dedicato prevalentemente alla medicina ad alta intensità di cura ed urgenza e la politica sanitaria che diminuisce le soluzioni di cura per le malattie croniche e delocalizza le cure sub-intensive a strutture territoriali attualmente non realizzate. Inoltre ha cercato di illustrare le conseguenze della spinta alla diminuzione forzata delle giornate di ricovero.

Anche un residente del quartiere, ha fatto ulteriori osservazioni e ci sono state alcune domande da parte della platea che hanno arricchito l'incontro, ma la proposta più originale è stata fatta da una ex caposala, ora in pensione Cinzia Zampini, che ha suggerito, in segno di protesta, di formare una catena umana con nastro bianco e rosso di quelli che vietano l'accesso, e circondare l'ospedale.

Di sicuro siamo tutti a rischio, a prescindere dal progetto nuovo o vecchio, che se non si ottiene qualche miglioramento oggi e subito per la nostra sanità pubblica, finiremo come negli Stati Uniti d'America, dove il diritto alla cura esiste solo se hai abbastanza soldi da farti una assicurazione!

Per il pieno coinvolgimento della rete istituzionale territoriale

Testo della scheda di interpello dei Sindaci della provincia, redatta da Rosella Vacchelli (del Coordinamento del Movimento)

I sindaci che assistono ai cambiamenti delle compagini sociali dei territori che amministrano e ne misurano l'invecchiamento (in provincia la popolazione anziana supera la media regionale e nazionale- dati ATS) e il crescere esponenziale dei bisogni di assistenza a fronte della desertificazione dei servizi, i sindaci che vedono aumentare i nuclei famigliari più deboli e a cono rovesciato dal punto di vista anagrafico, come documenta l'indagine dell'ente Provincia (dic.'23 )da cui risulta che le famiglie del Cremonese sono composte al 70% da uno o due elementi spesso anziani e non autonomi, i sindaci che amministrano territori con popolazioni portatrici di tassi di cronicità e comorbilità sempre più alti come rilevato dalle indagini Ats che attestano un aumento dei casi del 13,5% dal 2012 al 2017 e in salita per gli anni a seguire con un più 8 punti percentuali rispetto alla media lombarda, i sindaci che vedono allungarsi le file di chi chiede sostegno e risposta a bisogni di assistenza socio-sanitaria diventati oggi bisogni primari, i sindaci cui mancano i medici di base e non hanno risposte alle emergenze che si creano mentre si profilano altre numerose condotte scoperte in ragione dei prossimi pensionamenti di molti camici bianchi sul territorio, i sindaci che assistono al crescere dalla distanza tra il punto di residenza e il punto di erogazione dei servizi sanitari anche di base con conseguenti problemi e oneri per l'utenza debole e per le Amministrazioni, i sindaci che constatano la mancanza di un' effettiva volontà politica di affrontare questi temi cruciali di sanità territoriale, che non vedono finanziamenti né potenziamento di strutture e implementazione di  personale addetto, i sindaci che si trovano davanti un progetto faraonico e avveniristico che brucia 30 milioni di euro per polverizzare l' ospedale di Cremona, uno dei più recenti e moderni nell'impianto, per edificarne uno nuovo che costerà centinaia di milioni e sarà vocato a degenze ad alta intensità di cura per fare spazio alle quali nel “Piano di fattibilità” si prevede il trasferimento di 25.000 giornate di degenza per acuti dell'area medica e chirurgica dell'ASST (con l'aggiunta dell'Hospice di Cremona) sul territorio, un territorio assolutamente sguarnito di presidi e che registra la progressiva rarefazione degli stessi medici di base, I sindaci che conoscono il ”Piano di fattibilità” del nuovo ospedale che ne è il vero progetto funzionale da cui si ricava che l'ospedale nasce per ridurre la sua utenza in termini di giornate di degenza in capo alla sede di Cremona e all'OglioPo in percentuali che si collocano tra il 17 e il 20% dei livelli attuali trasferendo 80 posti letto sul territorio (è il cosiddetto'efficientamento' dei ricoveri per acuti) al fine di incrementare le attività inserendo nuove specialità ad alta complessità per potenziare l'attrattività del nosocomio in ambito regionale e non dunque per rispondere al diritto alla salute di una provincia che ha pagato al Covid in morti (e in mancate cure)il più alto prezzo al mondo anche per la carenza di presidi territoriali diffusi, i sindaci che si misurano con un progetto che di fatto ridimensiona il servizio ospedaliero per i Cremonesi scaricando sul territorio ciò che il territorio non è pronto a sostenere, i sindaci che conoscono il progetto funzionale del nuovo ospedale che riduce servizi e prestazioni compresa la prevenzione perché tanto poi sui territori i sindaci stessi provvederanno cedendo al privato avanzante, i sindaci alcuni esclusi e altri ammessi con le autorità civili e religiose e i rappresentanti delle categorie economico-imprenditoriali alla presentazione del griffatissimo progetto ma che l'amore a prima vista non se lo giocano sugli estri architettonici di un archistar come il Cucinella che mentre progetta di disseminare detriti e nuova cementificazione in città riempie libri nei quali predica e insegna l'arte del recupero, i sindaci che vedono il denaro dei cittadini usato non per rispondere agli effettivi bisogni della collettività e ma per progetti all'insegna del motto “Osiamo!Pensiamo in grande!” dunque per sogni di grandezza che riempiono le tasche dei soliti noti, i sindaci che non hanno gioco-forza interessi nella sanità privata in quanto pubblici amministratori di ciò che è pubblico, i sindaci che dovrebbero fare fronte comune in nome sia del loro diritto di amministrare ciò che è amministrabile (perché si fa ciò che si può e non l'impossibile) sia del diritto dei loro cittadini di fruire di quella assistenza in fatto di sanità pubblica che non è gratuita perché è già pagata e che ha una marcia in più rispetto a qualunque sistema privato in quanto il SSN italiano si caratterizza per essere (unico al mondo) universalistico e solidale, questi sindaci perché non aprono le porte per guardare fuori con fiducia?

Lì troverebbero i loro cittadini, portatori di diritti e bisogni primari, compatti contro gli sprechi e sordi alle sirene dei progetti faraonici e avveniristici che riducono anziché aumentare l'offerta di sanità e di cura. Lì la loro ‘solitudine' che li fa contare uno troverebbe dei moltiplicatori.

Lì troverebbero il ‘Movimento per la riqualificazione dell'ospedale di Cremona' che chiede, da posizioni neutrali, con e per i cittadini quello che a questi spetta di diritto, presidi pubblici efficienti sul territorio e un ospedale adeguatamente riqualificato e sostenibile.

Lì troverebbero il sostegno per essere interlocutori forti di chi programma e delibera ad oggi da remoto senza contezza dei bisogni dei territori e senza assunzione di responsabilità rispetto agli impatti delle scelte operate. Lì l'Italia e le Amministrazioni realizzano quegli alti principi fondativi che si sono dati.

Commento

La Provincia dà conto dell'incontro che si è tenuto oggi in ASST tra il nuovo direttore generale Belleri e i sindaci sul territorio che avevano chiesto a noi movimento di esserci al loro fianco nella battaglia che stavano combattendo. Grazie a questo incontro Belleri si è già conquistato questi sindaci che non prenderanno mai più posizione contro il nuovo ospedale. L'incontro è servito a fidelizzare questi sindaci che avranno ragioni per essere grati al nuovo DG. Questo intendevo dire quando la settimana scorsa sostenevo che c'era urgenza di esporci a fianco dei sindaci che ci chiedevano l'appoggio. Il movimento ha voluto ignorare il mio sollecito. Il dg Belleri procederà con altri incontri di questo tipo con i vari sindaci e questo toglierà ogni voce al movimento sull'argomento e così finirà per passare per buono agli occhi dei sindaci anche il nuovo ospedale. È questo che vuole il movimento? E' per questo che abbiamo lavorato tanto? Ai sindaci bisogna rispondere quando i sindaci chiedono qualcosa perché non accettano di essere messi al guinzaglio. Abbiamo avuto un'occasione importante che avevo segnalato e si è scelto di perdere questa occasione. La domanda che resta è ci interessa veramente la questione ospedale?
A me che non ho alcuna intenzione di fondare alcun partito la questione ospedale interessa veramente e in maniera assolutamente disinteressata e al momento questa è la mia unica certezza soprattutto dopo l'incontro disperante di oggi.

Tanto per non intenderci e per non barare

(Introduzione all'analisi sul vero stato dell'arte in cui versa il SSN)

Da una quindicina d'anni il compito di valutare le necessità, analizzare i mutamenti in corso, prendere le decisioni conseguenti e prendersi le responsabilità, che dovrebbe essere in carico agli organici interni della sanità pubblica. E che dovrebbero confluire nella organica gestione delle politiche sanitarie. Competenze, invece, che per effetto delle esternalizzazioni per la digitalizzazione degli atti e delle procedure, stanno consegnando di fatto l'attribuzione delle prerogative a poteri esterni privati.

Si scopre che a muovere le fila della macchina sanitaria sono i big della consulenza globale., che si stanno sostituendo ai manager ed alle istituzioni.

Partendo dalla in sé giustificata certificazione contabile dei bilanci in rosso da parte degli advisor, si sta approdando di fatto ad una riorganizzazione privata della spesa sanitaria.

Si chiama transizione digitale per i sistemi informatici di ASST e ATS, imposta dal PNRR.

Si passa dalla digitalizzazione delle informazioni sanitarie sui pazienti (cartelle e fascicoli clinici) alla riorganizzazione delle procedure cliniche. E da lì il coinvolgimento in posizione preponderante nella programmazione strategica e nella governance (la gestione dei progetti, l'analisi dei flussi informativi).

I big data con le caratteristiche degli assistiti, le prestazioni erogate, per monitorare e programmare le cure. Di fatto si consegna la competenza, tipica dell'ordinamento pubblico, a gestori privati che definiscono nuovi modelli organizzativi delle cure conseguenti alla digitalizzazione, dei tetti di spesa, gli organici medici e infermieristici.

Percorsi questi che si svolgono all'interno delle direzioni sanitarie e generali delle ASST e ATS.

Insomma una sorta di grande fratello.

Con il che si fanno entrare nel cuore del SSN gli inputs strategici in capo a soggetti privati, mentre, come è noto, la definizione della programmazione dovrebbe rientrare nelle competenze istituzionali del Ministero.

E una clamorosa conferma dello svuotamento delle competenze istituzionali

Col cuore in mano

La sanità prova a cambiare passo”. Hanno titolato, forse nella consapevolezza che, dopo quel fondo toccato nel sistematico smantellamento della sanità (da cui si può solo risalire!) alcune autorevoli testate (tra cui quella locale). Forse è un po' eccessivo. Magari si prova a ripulirsi l'immagine dallo stigma delle scelleratezze dell'ultimo quarto di secolo. Speriamo non sia la proverbiale metamorfosi con cui si mostra di voler cambiare nell'intento di lasciare tutto o molto com'è.  Indubbiamente la "trombatura" del precedente titolare della Direzione Asst, apparentemente esternata come fisiologico passaggio di testimone, ha mandato un messaggio: necesse, nelle percezioni della massima sala regia, riformulare la narrazione prestazionale. Avulsa da qualsiasi aggancio fattuale di positività gestionale, ma imperniata, appunto, sulla mediatica. Di distrazione, di sviamento delle consapevolezze dell'utenza, dell'opinione pubblica, del (neghittoso e in qualche modo collaborante) ceto politico istituzionale territoriale. Strategia che, come è stato percepibile in chi lo avesse voluto e in chi ne ha provato dirette conseguenze, puntava (e forse punta ancora) tutto sull'immaginifica opzione nata dall'equazione pubblico/privato (che in realtà ha favorito la sanità capitalista) e sull'efficienza amministrativa (che in realtà non ha arrestato la spesa improduttiva, ma ha semplicemente tagliato investimenti, organici e prestazioni). In particolare in aree, come la nostra, marginalizzate dalle scelte centralistiche di privilegio dell'hinterland metropolitano e della fascia pedemontana. E quando tale indirizzo, radicato nel e dal ciclo formigoniano e proseguito fino ai giorni nostri, ha mostrato la corda dell'insostenibilità si inventava (vedi La Provincia del 13 giungo 2020!) il "pacco" del nuovo ospedale. Che su questa impercorribile genialata si fosse passata la misura della decenza nel rapporto con l'utenza e con la rete istituzionale del territorio deve essere entrato nelle consapevolezze. Per quanto non inaspettato il recente endorsement dell'assessore regionale Bertolaso (“impegno a raccogliere territorialmente spunti, criticità, bisogni, per rispettarne le peculiarità”) non può, senza che ciò susciti sorprese e/o ravvedimenti nell'opposizione, non essere segnalato. Almeno sul piano della percezione di una tendenza a far cadere l'abituale arroganza.

La discontinuità nel vertice aziendale non invertirà (specie se la cittadinanza e la sua rappresentanza elettiva non riassumeranno una civica postura verticale) radicalmente strategia. Perché non sono nelle corde del centrodestra lombardo (forse neanche totalmente del campo opposto) l'inversione della controriforma sanitaria e il ritorno alla riforma della Legge 883 istitutiva del Ssn. Forse appartiene ad un format relazionale esterno (meno autoreferenziale ed arrogante del precedente) ma la punzonatura della "nuova mano" direzionale mostra qualche parziale correzione, almeno sul piano relazionale. Rappresentato dagli incontri del competente Assessore con alcuni Sindaci e del Direttore aziendale con i Consiglieri Regionali eletti nella provincia. Quanto al miracoloso nuovo ospedale lo speech non lo espunge dell'agenda (in cui ribadisce ravvicinati passaggi procedurali legati alla progettazione), ma la verve della narrazione appare in certo qual modo sfumata.  Vietato prendere lucciole per lanterne, erroneamente massimizzando queste impercettibili rettifiche e ridimensionando quanti-qualitativamente la testimonianza di cittadinanza attiva. Il cui perno è rappresentato dalla priorità della riqualificazione del nosocomio. Attuale, ben s'intende; da rifunzionalizzare nella struttura, nell'impiantistica, negli organici, nel rapporto sinergico con le altre realtà ospedaliere del territorio. In ciò sarà determinante l'azione del Movimento, che si è legittimata attraverso la sua controdeduzione strategica, suffragata dalla controproposta tecnicogestionale a firma Giorgio Mantovani e dal vasto, profondo, appassionato apporto di decine di intelligenze, di saperi e di intima testimonianza comunitaria. E, si parva licet, dalla "punzonatura" di oltre 4500 adesioni. Acquisite nelle peggiori condizioni di agibilità del rapporto con quel niente che sono diventati i partiti e i corpi sociali intermedi (nonché la nomenklatura del ceto degli "amministratori" ermeticamente chiusi alla "contaminazione" con la loro costituency dante ruolo istituzionale) e di accesso alla visibilità comunicativa. Messa sotto chiave da quella sorta di autarchia mediatica scaturigine di "poteri" verticali. Il Movimento, in tali contesti, ha performato, sia pure con qualche falla da emendare nel prosieguo, quasi miracolosamente. Sottraendo la contestazione della deriva del diritto di cura della salute al destino di una totale trascuratezza dall'ordine delle criticità comunitarie e dal dovere civile di invertirle. Del che va dato atto ai suoi fondatori e ai protagonisti di questa "lotta", inimmaginabile nel catettico contesto cremonese. Tenere insieme inputs, accesi da comune percezione tematica ma diversificati nella provenienza della visione "generalista", non è impresa di poco conto. Il rischio è rappresentato dall'interferenza, probabilmente scevra dall'intenzionalità, di "valori aggiunti" dedotti da consapevolezze universalistiche, utili ma talvolta controproducenti se non devastanti, quando, magari non malevolmente, tendono ad ancorare la testimonianza a condizionamenti inappropriati, fuori tema o forse anche fuori regole.

Appunto, dopo un indispensabile riprofilatura della mission. Con un perno ben fermo nell'opposizione al nuovo ospedale truffa e nella riqualificazione dell'esistente, ma anche e soprattutto nella rappresentanza di una visione strategica di difesa della sanità pubblica, vanno fissate le regole delle dinamiche interne, dei diritti-doveri degli aderenti, delle prerogative in capo agli investiti di funzioni interne e di rappresentanza esterna. Fino ad ora si è proceduto "alla buona", si potrebbe azzardare. Adesso tutto va codificato. Pena un deprecabile avvitamento di non ritorno e, quindi, di consegna di questa cittadinanza attiva a quell'irrilevanza che è nelle aspettative dei "poteri" oligarchici o addirittura, diononvoglia!, al disassamento dei perni motivazionali e alla frantumazione del tessuto connettivo. Il dibattito interno deve essere costante e diffuso. Ma altrettanto le regole di controllo. Lungo l'asse del pensiero dialettico, ma anche della responsabilità nei confronti della mission del Movimento. Che non può e non deve deragliare, per effetto di giacche tirate in corsa quando non di predeterminazione quo ante e per infiltrazione, al livello (come è apparso nelle simboliche premesse convocative e nel didascalico svolgimento) del movimentismo. Fenomeno diffuso negli attuali scenari pervasi dall'impulso dell'irrazionale contestazione radicale e dal rifiuto della strategia del riformismo e del gradualismo dei risultati concreti. Che, si ripete, è apparso in alcuni recenti tratti del percorso del Movimento. A tali pericoli di fuoruscita dall'alveo si aggiunge la non improbabile evenienza, alla vigilia di un importante turno elettorale (che riguarderà anche l'istituzione comunale, essenziale nel rapporto vertice gestionale e base cittadina), di gestione ad usum delphini del Movimento in termini di indebita pretesa, avulsa da qualsiasi retroterra ordinamentale e da qualsiasi formale mandato, di taluni di rappresentarlo nelle schede e negli eletti. Deve emergere contestualmente a tale ineludibile passaggio (pena l'implosione), la consapevolezza di dover politicamente (che, se virtuosamente concepita ed usata, non è un'altra brutta parola) alzare l'asticella e aggiungere steps alla testimonianza del Movimento (vabbè, dato che restiamo ancorati alla cultura del socialismo riformista, con qualche reviviscenza radicale, della "lotta"). Innescare in un contesto civilmente quasi amorfo e impermeabile alle tensioni civili, un così diffusa modalità di cittadinanza attiva, per di più raccogliendo 4500 adesioni e occupando, nonostante le avverse condizioni di agibilità, la scena, è performance taumaturgica. Sia consentito a noi (che sul pezzo ci stiamo da sempre e che abbiamo accelerato dai picchi della contestazione dell'area donna e del disastro Covid in poi) registrare, senza alcuna progenitura e o iattanza, che è, come più volto osservato, ineludibile un salto di qualità.  Non già di rettifica nei contenuti strategici della lotta, bensì del posizionamento "del tavolo" o del laboratorio che dir si voglia in un'ottica più ficcante.  Raccogliere altre adesioni...ok! Ma se ne raccogli altre 10000 e non implementi il dossier di valori aggiunti, resti fermo al palo, nel risultato concreto di costringere alla definitiva archiviazione del nuovo ospedale. Con alle spalle le migliaia di firme d'appoggio alla "scheda Mantovani" e quel po' po' di rumors veicolati, si deve posizionare il prosieguo della testimonianza sul piano di una stringente sollecitazione nei confronti dell'associazionismo categoriale e, soprattutto, dei Comuni del territorio. È questa la ratio ispiratrice dell'interpello sistematico, promosso e imperturbabilmente portato avanti da Rosella Vacchelli. Pensavamo, su consapevole mandato del Coordinamento, salvo scoprire che così non è.  A futura memoria e per gli incombenti del momento presente, affermiamo in piena responsabilità e con intenti fecondi che il ritracciamento della mission  ispirativa del Movimento non può che assumere, anche come valore simbolico, la "scheda Vacchelli" ( persona che, per inciso, assolutamente non conosciamo). Può diventare la prima pietra di una lunga marcia di coinvolgimento, pieno e consapevole, degli "eletti" che sono, in aggiunta ai 113 portatori di fascia tricolore, i 2000 consiglieri comunali. Che, a prescindere dalle attribuzioni in materia di sanità in capo al Governo centrale, alle Regioni, agli Assessorati, alle ASST e Ats, devono sempre percepirsi (anche per effetto del mandato costituzionale) depositari della massima autorità sul territorio del diritto e della somministrazione della cura della salute. It' s the question!!! Indi prendere in mano le parte sensibili dei duemila investiti di mandato e dialetticamente parlando strizzarle (come a campione ha fatto l'intervistatrice ricorrendo a tecniche motivazionali che neanche i venditori di Folletto...). Fintanto che gli interlocutori istituzionali non dimostrino, prima di pronunciarsi in favore di interessati endorsements, di aver contezza del che si tratti e di aver pienamente investito ed averne avuto mandato dai legittimi depositari della prerogativa. Che sono i 113 Consigli Comunali e, possibilmente, direttamente l'intero corpo elettorale. Attraverso l'istituto referendario che potrebbe essere, senza alcuna o poca spesa, praticato contestualmente al turno elettorale di giugno. Non si comprende la ragione per cui la Provincia o quel che resta dello stimato ente intermedio del territorio non diventi parte diligente o propositiva per l'innesco di una iniziativa suscettibile di collocare il pro e il contro in un'ottica di consultazione e partecipazione istituzionale e popolare. Quanto al pressing elettorale, lo scrivente che in tempi non sospetti aveva proditoriamente ipotizzato un percorso di armonizzazione e convergenza della cittadinanza attiva sui temi, caldi ma inascoltati dalle "ditte" (che potesse avere come sbocco l'assunzione di prerogative da players a tutti gli effetti) è indotto, a causa di proditorie usurpazioni e deformazioni, a prendere atto del deragliamento. Coloro che nel Movimento intendessero legittimamente "sacrificarsi" con la candidatura, sono liberissimi. Purché non in rappresentanza del Movimento e ben discostati dalla tentazione di esercitare pesca a strascico di voti di lista di preferenze per sé o per i propri mandatari. Per il niente che può valere, dichiariamo looking our lips!)  non voteremo nessun candidato e nessuna lista nelle cui intenzioni non fossero inequivocabilmente espressi la contrarietà al novo ospedale e il sostegno alla riqualificazione dell'esistente (nel più generale quadro di ripresa di centralità della sanità pubblica e del SSN).

Per concludere, desidereremmo essere sollevati dall'incertezza di passare da neo luddisti che si oppongono al nuovo, specie quando questo assume l'intenzionalità della fetta di salame dal carattere di sviamento dalle responsabilità degli intenzionali disastri gestionali e dalla distrazione di massa operata con promessa di mirabilanti nuove opere. Sorprende (lo rileviamo per coerenza di appartenenza almeno ideale di campo) che gli attuali eredi della storica sinistra demagogico-massimalista (nell'epoca del boom economico si oppose all'autostrada e al Canale, in omaggio a visioni pauperistiche ed antimoderniste, poi virtuosamente corrette nel corso del ciclo delle amministrazioni di sinistra), pur non costituendo una coesa  categoria  ben decifrabile nelle consapevolezze e nei progetti strategici, sembrano obnubilati (ovviamente ben stretti alla sinistra di governance) dallo "specchietto" nuovo ospedale. Si accodano nell'impresa ai "poteri" interdisciplinari (vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare), semplicemente ammiccando ad un sostanziale "a caval donato (il nuovo nosocomio) non si guarda in bocca”. Perché sarebbe pur sempre una elargizione valore aggiunto per Cremona. Eh...pazienza se la promessa è diversiva e, soprattutto, alibi per non rifunzionalizzare l'esistente.

Do you remember?

Ne parleremo nel prossimo focus.

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