Come osservano nel loro ricorso dello scomparso i socialisti cremaschi e cremonesi, abbiamo tutti militato e poi “al dissolvimento del partito storico, ci siamo persi di vista. Il percorso comune, militante ed esistenziale, magari, come nel caso in specie, è stato lungo ed intenso, ma la cessata consuetudine di testimonianza si è autorelegata nei ricordi. Qualcuno, come il tenente giapponese nell'isola delle Filippine, non vuole prendere atto della cessata ostilità e continua, nelle forme rese possibili dai nuovi contesti, a testimoniare. Ci si vede sempre più raramente, specie se si risiede fuori contesto territoriale. È, per noi che scriviamo, il caso di Luciano. Restato, soprattutto nella rivisitazione a distanza del comune impegno politico, nei depositi del ricordo. Che nel caso è, umanamente e politicamente, positivo. Tale da essere affidato a chi lo ha conosciuto poco od affatto.
Oseremmo affermare una ricca personalità chiamata ad esprimersi, nelle decadi 70 ed 80, a tutto tondo in una testimonianza dedicata alla sinistra sociale e politica.
Il profilo veniva dettagliatamente delineato 40 anni fa da Antonio Grassi, anima e confezionatore di Ipotesi 80 in un'intervista. Un cursus honorum, come dettaglia la scheda dei socialisti cremaschi e cremonesi, di rilievo e, lo diciamo senza malizia, inusitato per un socialista, incapace di far sconti sul piano della coerenza politica.
Ciao, Luciano
Il ricordo di Luciano Noce dei socialisti cremaschi e cremonesi
Parallelamente alla crescita della rappresentanza socialista nei comuni, agli inizi degli anni '60 il peso dei socialisti si incrementa anche nelle organizzazioni sindacali.
Alla maggioritaria componente comunista della CGIL, si affianca sempre più solidamente anche quella socialista, presente diffusamente nelle fabbriche ma poco organizzata e coordinata.
Luciano Noce gradualmente ne diventa il massimo esponente, supportato dai socialisti in tutti i luoghi di lavoro.
È stato iscritto al PSI dal 1968, fino al dissolvimento dello storico partito.
Giovane lavoratore presso la ex Bonaldi, è entrato presto presente nella Commissione Interna e dal 1964 al 1969, componente del Direttivo FIOM provinciale
Nel 1969, entra nella CGIL su pressante invito dei compagni di lavoro, e come primo impegno sindacale, si occupa per qualche tempo della Edil Legno, per passare successivamente alla categoria dei metalmeccanici aderenti al FIOM.
Negli anni 70 è stato promotore della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM) unitaria CGIL, CISL e UIL, nonché dal 1981 al 1987 Segretario generale del Comprensorio Crema-Lodi.
Da febbraio 1975 al maggio del 77 è stato segretario generale aggiunto della Camera Generale di Cremona.
Tante sono state le vertenze, le contrattazioni, le crisi industriali che ha seguito con amplissimo apprezzamento.
Ai più sono certamente note quelle legate alle aziende Ferriera, Lancini, Olivetti, Canavese, Bonaldi, Pan Electric.
Da ricordare infine, merita anche l'impegno che ha profuso a favore del nostro territorio durante il mandato amministrativo 1990 – 1995, in veste di Consigliere Provinciale.
Lo ricordiamo come un socialista, un sindacalista ed un politico, che ha sempre espresso liberamente il primo pensiero, a volte nettamente in opposizione alle maggioranze contingenti.
In ogni ruolo ha anteposto la ricerca del giusto e del possibile rispetto alle spinte demagogiche, con passione e sobrietà nelle parole.
Michele Achilli
È scomparso nei giorni scorsi a Milano Michele Achilli. Il cui profilo, umano ed esistenziale abbiamo affidato alle cure di due titolati socialisti che lo videro da vicino nel corso di una lunga consuetudine umana e militante.
Pur appartenendo alla sfera dirigente nazionale, aveva assunto per anni la specificità di appartenenza al socialismo meneghino. In cui, come hanno ricordato molti giornali, la passione dialettica non sacrificava la cifra umana e una comune causa comune.
Il nostro incrocio con la sua personalità e la sua testimonianza avvenne a ridosso del 41° Congresso Nazionale, svoltosi a Torino e focalizzato nel completamento della transizione dall'incerta temperie determinata dal disastro delle elezioni del giugno 1976 al “nuovo corso riformista”.
Col senno di poi, ma anche con le consapevolezze contestuali, quell'assise, ineludibile per superare
i limiti ed i ritardi determinati nella linea socialista dalla difficilissima condizione di perno dello sforzo riformatore del centro-sinistra, avrebbe delineato qualcosa di simile, o forse di più avanzato dei congressi di Bad Godesberg della SPD e di Épinay del PSF, a livello di sistemazione teorica di un socialismo che volesse coniugare liberaldemocrazia, laburismo e riformismo.
Quegli elaborati congressuali, per quanto sfibrati dalla successiva prestazione governativa e da una testimonianza militante non sempre congrua, presentano, lo diciamo senza prosopopea, la loro attualità anche nei contesti correnti.
Detto le cose belle su un Congresso che le meritava tutte, aggiungiamo che il consenso quasi bulgaro della platea congressuale nascondeva l'avvio di una gestione non priva di abitudini cesaristi che.
Il percorso in solitudine di Achilli, che non praticò mai un'opposizione interna radicale, forse partiva dalla consapevolezza di garantire alla vita interna necessarie e fisiologiche dosi dialettiche.
Chi scrive votò la sua Mozione (Achilli De Martino), la numero Tre (in ciò accomunato alla opzione di Emilio Zanoni e di Fiorino Bellisario).
Achilli: il socialista di sinistra mite, di Mauro Del Bue, direttore de La Giustizia
Si é spento a Milano Michele Achilli. Aveva 92 anni. Laureato in architettura e dottorato in urbanistica, protagonisti di numerose leggi del territorio e della casa, entra alla Camera nel 1967. Vi resta fino al 1987. Dal 1987 al 1992 é senatore. Collocato sulle posizioni della sinistra lombardiana, presenta al congresso di Torino del 1978 una sua mozione. La sua corrente viene definita achilliana. Mantiene, pure lui, milanese, sempre un rapporto amichevole con Craxi. Nel 1987 é presidente della commissione Esteri del Senato. L'ultimo suo libro, del 2020, “Dialogo Nord Sud. Cronache di un impegno internazionale” tratta della politica estera nell'area mediterranea – e non solo – tra gli anni Settanta e Ottanta”. Il suo carattere, pur mantenendo una rigorosa posizione di coerenza politica (rifiutò più volte per questo incarichi di governo) non sconfinava mai nel settarismo. Anzi, dai miei ricordi personali, ne esce una figura mite, sempre sorridente, che parlava a voce bassa e sempre propensa al dialogo con tutti. Mi ricordo bene, dopo il Comitato centrale dell'autunno del 1976, in cui si era consumata la rottura tra Achilli e la maggioranza del partito, di essermi imbattuto in un ristorante in un incontro a due, tra Achilli e Craxi, che guardavano serenamente la partita di calcio tra Italia e Inghilterra. Era il 17 novembre, l'Italia vinse 2 a 0 ed entrambi esultarono al magnifico gol di testa di Bettega. Altri tempi? Si, ma bei tempi in cui le diversità politiche non mutavano di una virgola i rapporti personali.
Achilli, il socialista che guardava lontano di Alberto Benzoni
Come nelle favole, il nostro compagno e amico Michele Achilli, scomparso a 92 anni a inizio agosto, è stato assistito alla sua nascita da una fata buona che gli ha offerto in dono la serenità. Senza che ce ne fosse una cattiva all'orizzonte. Così Michele era sereno in tutti i sensi. E sempre. E in ogni circostanza. Nella solidità affettiva e partecipe dei suoi rapporti personali, consolidati nel tempo. Nella capacità di combinare il razionale e il ragionevole, la ricerca del giusto con l'attenzione al possibile. La passione per le cose con la sobrietà delle parole. L'intransigenza nella sostanza con l'attenzione alla forma. La capacità di aggregare e quella di distinguere. E, per riassumere il tutto, l'etica della convinzione con quella della responsabilità. Tutti, questi, requisiti essenziali per un riformista. E, non a caso, il Nostro ha vissuto da protagonista le tre grandi stagioni del riformismo socialista: la politica e la pratica delle riforme di struttura della grande stagione lombardiana, nei suoi risvolti concreti e locali; la scommessa sull'alternativa, maturata nel corso degli anni settanta; e, infine, la grande stagione internazionalista degli anni ottanta. Per dedicare gli ultimi decenni della sua lunga e bella vita, a rivendicare la natura e la validità del suo antico percorso, con una serie di libri frutto di una riflessione personale ma soprattutto collettiva e condivisa. Nel senso comune di oggi, reperti archeologici. Nella realtà testimonianze preziose per l'oggi e per il domani. A ricordarci che le riforme nascono dallo scontro politico e sociale e sono sempre, di conseguenza, a favore di qualcuno e contro qualcun altro; e che il socialismo delle parole ha sempre bisogno della verifica delle cose. E, infine, che tramontato il mito della rivoluzione e del socialismo realizzato, il Psi dei “trenta gloriosi” si era sempre collocato a sinistra del Pci: e non solo nei suoi propositi alternativi ma anche nella sua attenzione concreta all'attuazione delle riforme. Così da contestare, a livello locale e nazionale, la pratica diffusa delle “ leggi manifesto”, varate con squilli di tromba, salvo a disinteressarsi completamente della loro concreta applicazione. In questo l'esperienza di Michele è quella di un'intera generazione. Quella entrata in politica nella seconda metà degli anni cinquanta sotto il segno dell'ottimismo e della speranza. Dove il richiamo al ruolo autonomo del socialismo incarnato dal messaggio del congresso di Venezia fa tutt'uno con la fine delle chiusure e nei pessimismi del decennio postbellico, per essere sostituita dall'impegno collettivo per un generale cambiamento ad un tempo necessario e possibile. Tutta di Achilli, invece, l'esperienza di Sinistra per l'alternativa. Un'esperienza che, a differenza di tanti di moda e alla moda, non ha mai considerato un errore di gioventù o una fuga in avanti da incasellare nel conto profitti e perdere di una fase lontana e irripetibile; tanto da farne, assieme a noi, il tema di una riflessione collettiva. In aperto contrasto con l'opinione corrente (e diffusa ampiamente anche all'interno del microcosmo socialista) secondo la quale il richiamo all'alternativa era una pura mistificazione e lo scontro politico su questo tema un momento di ricreazione ( come i carnevali dei secoli passati) destinato a finire con lo scontato ritorno all'ordine da parte di coloro che contavano. A partire dallo stesso Craxi. Ora, il nostro caro compagno non la pensava così allora. Né ha cambiato opinione nel corso del tempo. Fino a dedicare tutte le sue energie, in costante confronto con i suoi compagni di avventura, a ripercorrere le nostre ragioni e speranze di allora. Ma anche i fattori oggettivi che hanno potato alla nostra sconfitta finale. La nostra era certamente una scommessa. Ma non era assolutamente una scommessa campata in aria. Non eravamo né politicamente né esistenzialmente (chi vuole intendere intenda…) delle propaggini del movimento studentesco; né ci esaltavano i suoi slogan. E sapevamo perfettamente che le due maggiori forze politiche del paese si collocavano, da sempre, in una prospettiva di cui il compromesso storico era il logico sbocco. Ma Achilli (a differenza di Cicchitto e Signorile) era un socialista delle cose e non delle parole. Al punto di pensare che il grande e generale processo di contestazione dell'ordine costituito in atto nel nostro paese avrebbe avuto, in prospettiva, la meglio sui disegni normalizzatori del ceto politico. E, ancora, pensava, come Lombardi, che ogni evento politico, disfatte comprese, avesse un valore pedagogico. E, infine e soprattutto, guardava alla vicende europee all'insegna dello scontro tra socialismo e barbarie. Nella convinzione, allora molto diffusa, che gli eventi maturati nella seconda metà degli anni settanta aprissero la strada alla vittoria definitiva del primo sulla seconda. A porre fine all'esistenza del nostro gruppo, con il suo pratico scioglimento, non furono comunque le vicende interne (il cui corso e il cui esito furono alterati da vicende del tutto impreviste e dalle reazioni incontrollate rispetto a queste vicende da parte delle forze politiche e, in particolare, del Pci) ma quelle internazionali. Dove Achilli fu, ancora, il primo a capire la natura drammatica e la dimensione globale della svolta: dalle sconfitte di Carter, Callaghan, Foot e Schmidt, sino al cambiamento radicale di Mitterrand, dalla promessa di “cambiare la vita” al ritorno alla più stretta ortodossia economica e finanziaria (una svolta, per inciso, che rendeva la vicenda italiana oggettivamente assai meno grave…). Al tema è dedicato l'ultima nostra grande iniziativa; un incontro con intellettuali e dirigenti politici dalla galassia socialista europea: a testimonianza della gravità della sfida ma anche alla questione internazionale dell'impossibilità di farvi fronte in modo adeguato. Uno scioglimento per l'impossibilità di raggiungere gli obbiettivi prefissati. Ma anche una separazione individuale delle vie, nelle più diverse direzioni. Per Michele, la scelta irreversibile fu, ancora una volta, quello di vivere il suo socialismo non nel quadro ristretto e interno dell'esercizio quotidiano del potere ma come condizione di partenza per un nuovo impegno esterno. E venne la grande stagione internazionalista, in uno spazio di azione e di manovra garantiti dal vertice e con l'utilizzo di strumenti istituzionale e culturali di grande spessore e di medesimo convincimento. Palestina, rapporti tra Nord e Sud e con il mondo arabo, sostegno ai movimenti del dissenso, contro le strumentalità della politica dei blocchi. Vicende descritte ampiamente nei suoi testi. E il cui degno coronamento sarà la giornata intera dedicata dal congresso di Milano: rivoluzionari sudamericani e afghani di incerta origine; dissidenti dell'Est e comunisti revisionisti; palestinesi e sinistra israeliana. Presenti di fatto e frequentatori abituali; non “partiti fratelli” ma forze ch e operavano per un mondo ed erano grati ai socialisti e a Craxi per il sostegno ricevuto. Poco dopo, Mani pulite. E con essa l'uscita di Michele dalla vita politica attiva. In un silenzio pubblico durato per trent'anni. Che nessuno dei suoi tanti amici, noi compresi, gli ha chiesto di rompere, o di spiegare. A partire dal fatto che il Nostro non ha mai sentito il bisogno di farlo. A noi, ai suoi tanti amici di sempre, basta ricordare il suo sorriso. Il sorriso amabile e felice di un viso rimasto inalterato dal peso degli anni. La manifestazione ultima di una serenità che l'ha accompagnato per tutta la vita; come nel suo rapido e indolore passaggio verso la morte. Che la terra ti sia lieve, caro Michele; così come lieto e sereno sarà il ricordo che serberemo di te.