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Il volto della città sognata di Agostino Melega

“Dòorma dòorma che rìiva ‘l lùf (Dormi, dormi che arriva il lupo)”, dice un antico proverbio cremonese

  11/02/2019

A cura della Redazione

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L'ECOCUTURA IL VOLTO DELLA CITTÀ SOGNATA di Agostino Melega

“Dòorma dòorma che rìiva ‘l lùf (Dormi, dormi che arriva il lupo)”, dice un antico proverbio cremonese.

E così è stato: la città ha dormito per lustri, congelata dal timore pericoloso della novità e dal rifiuto congenito di una visione organica del futuro, non sapendo né volendo rispondere in maniera oculata ed opportuna al quadro prospettico di un mondo incalzante e veniente.

Ed anziché reagire e svegliarsi dal sonno di bella addormentata della Val Padana per la quale la città si è proposta nei vari lustri, essa ha continuato ad amare la “morta gora” dello stato di torpore, di svogliatezza,  per non dire di letargo, compiacendosi di questa fitta indolenza ibernata. 

Il primo ad studiare in chiave scientifica i limiti della dimensione della “coscienza urbana” di Cremona, ed accorgersi della congenita debolezza etica in essa riscontrabile, fu il compianto sociologo Angelo Scivoletto, docente in anni lontani all'Università di Parma, presso la sezione staccata del Magistero nella nostra città.   

Egli, infatti, esplicitò tale limite organico nel suo libro dal titolo indicativo di “Cremona comunità dissociata?” (Franco Angeli Editore, dicembre 1970). Dove il punto di domanda indicato era del tutto retorico, come se esso fosse un invito, una sollecitazione per poterlo cancellare al più presto, magari con un altro assioma del tipo: “Cremona creativa, aperta alle energie e al saper fare della propria gente”.

Ed invece a testimoniare la continuità di uno stato di patologia urbana, con una serie incredibile di occasioni e di esperienze approdate al nulla, è stato lunedì scorso (febbraio 2019) il progettista “visionario” Giorgio Mantovani, in un incontro tenutosi all'Università della Terza Età, presso la sala Conferenze della Società Filodrammatica Cremonese, mai vista così affollata.

In tale occasione, chi scrive, ha avuto l'onore di fare da “spalla” al relatore, con la lettura di alcune sue impostazioni progettuali. E di avere conosciuto in profondità, nei tre incontri preparatori della conferenza, i sogni e la molteplice attività del professionista Mantovani, pari a quella di un rigoglioso e mai domo fiume in piena, provvisto di una energia creativa incredibile ed encomiabile. Un fiume che è divenuto carsico nel tempo, pari a quella del mitico Eridano, descritto da Fulvio Stumpo in un suo bellissimo libro; un fiume progettuale e civile e culturale che è riemerso prepotente per l'occasione dell'Unitre, con tutta la sua forza visionaria, all'attenzione di un pubblico curioso e stupito.

E va pure aggiunto che, nel mezzo di un quadro generale di continuità negativa, ossia ai quarantanove anni trascorsi dopo lo studio di Scivoletto, il relatore Mantovani non ha potuto fare a meno d'inserire pure dei “fiorellini architettonici”, vale a dire alcuni esempi di qualità messi con fatica in atto, pur in mezzo a tanta nebbia nell'accoglienza delle sue proposte innovative.

A dirla in breve, è stato un incontro caratterizzato dall'amarezza, nel ricordo dei tanti sbadigli e dei “pìišoi” (sonnellini) diuturni  avvenuti fra privati ed istituzioni, accanto al letto d'agonia e alla conseguente morte dell'animazione urbana dello straordinario centro storico di quella città meravigliosa chiamata Cremona.

Pure la volonterose iniziative per metterci “una pezza”, con le recenti riasfaltature in corso Garibaldi, rimandano all'immagine metaforica delle lenzuola messe con rispetto sopra un cadavere, e non certo collegabili ad una possibile e vicina rinascita o ad una imminente e miracolosa resurrezione. Imbrigliare e sconfiggere il lupo sarà difficile e duro. Onore e gloria, comunque, a chi ci proverà e soprattutto a chi ci riuscirà!

Anche il senso delle parole, che Mantovani ha usato, non porta ad affermare che non ci sia più nulla da fare, e che il destino sia solo cinico e baro. Non dobbiamo disperare e ritenere che non possano avvenire anche i miracoli nel campo dell'urbanistica e nella politiche di piano e di sistema attraverso alleanze strategiche fra pubblico e privato, aprendoci finalmente ad una visione più vasta nei rapporti che la nostra città deve avere non solo nel limitrofo contado, ma pure con tutta l'Italia che guarda avanti e con le capitali della cultura e dell'eccellenza europee.

Certo il lupo è arrivato, si è ben rintanato, con i suoi denti inferociti dalla crisi economica internazionale, nazionale e locale. Ma il lupo può essere fermato, cacciato e vinto. Bisogna crederci - ecco il punto fondamentale - tenendo conto degli errori e delle pause omissive del passato e tentare con tutte le forze di andare avanti. Il lupo può essere sconfitto e mi auguro tanto, veramente, che ciò avvenga.

Ma torniamo ai temi trattati nella conferenza all'Unitre. Mantovani, con precisione analitica, emozione ed entusiasmo, accompagnato dalla lavagna luminosa con dettagliate  slides, con i ‘lucidì progettuali, ha ricordato le idee messe concretamente in campo in tanti anni di lavoro.  

Una attenzione particolare egli l'ha rivolta al fatto della mancanza in città di lunghe teorie di portici presenti nel reticolo urbano come, ad esempio, a Torino e a Bologna. Da qui l'opportunità di supplire a tale situazione attraverso la progettazione di gallerie, quali le gallerie Kennedy e di Corso Vittorio Emanuele, insieme al progetto su via San Filippo.

Ma dove il timbro della voce di Mantovani si è come rafforzato, è stato quando egli ha parlato della scommessa sull'ex Casa di Bianco, sul Foro Boario con la palazzina Liberty e sull'ex Consorzio Agrario, ovvero le tre grandi “incompiute” come le ha definite in un bell'articolo su “La Provincia” Andrea Gandolfi. 

Inoltre il relatore si è soffermato sul progetto del “City Hub”, vale a dire sull'idea del Centro di formazione e ricerca artigianale al Foro Boario, con tanto di campus per gli allievi (700-1000). “Un progetto importantissimo – come ha rimarcato Mantovani stesso – per la visibilità e per l'economia della città”.

Altra straordinaria intuizione dei bisogni attuali e del futuro che non offre tregua, è stata quella denominata “Orti Romani”: idea che in un primo tempo aveva ricevuto l'avvallo della Regione, presentata a Milano nel 1998, ed arricchita da una serie di confronti professionali avvenuti a Parigi, nel primo convegno europeo sulle residenze e l'assistenza sanitaria per le persone della terza e quarta età.

Inoltre il relatore si è soffermato sul progetto di recupero a Cremona degli immobili dell'area dell'ex Consorzio Agrario, superfici commerciali, per 312 fruenti.   

Egli non ha parlato invece, perché dopo un'ora e trenta si è dovuto concludere l'incontro, del progetto e la Direzione Lavori dell'unico garages pluripiano fuori terra in centro città, presso l'ex cinema Corso  di Cremona, così come del progetto e la Direzione Lavori del cinema multisala “Tognazzi”, ex Roxi. Mantovani ha omesso pure di descrivere il progetto e Direzione Lavori per l'edificazione della palestra della Sacra Famiglia, a Cremona. A tutto questo va aggiunto, (e se ne parlerà magari in un'altra occasione nel prossimo mese d'ottobre), del progetto e Direzione Lavori per la costruzione degli edifici dell'area ex maglificio “Superba”, in via Rialto a Cremona; così come,  lungo il cammino progettuale iniziato nel 1976,  della realizzazione di tutti i progetti di recupero, conservazione, restauro conservativo, arredamenti e varie del Teatro Filodrammatici e della Società Filodrammatica Cremonese, parallelo al progetto e Direzione Lavori delle sedi della Cassa padana, in via Dante, a Cremona; in via Stazione a Brescia; in viale Piacenza a Parma.

Invece del progetto e progetto e Direzione Lavori a Pessina Cremonese del Tempio Sikh, il più grande d'Europa, il Mantovani ne ha già parlato due anni fa, sempre all'Unitre.

Va aggiunto, per concludere, che il nostro “progettista visionario” ha partecipato a vari concorsi internazionali, quali il “Concorso internazionale di progettazione per la riqualificazione dell'area della stazione ferroviaria di Cremona” ed ha predisposto progetti di architettura d'interni per negozi e spazi espositivi di fiere internazionali.

Alcune delle sue opere, progettate e realizzate, hanno ricevuto importanti riconoscimenti e sono state pubblicate sulla stampa di settore, sui media locali, nazionali ed internazionali.

Un lungo applauso e le parole di congratulazione e di riconoscenza della professoressa Renata Patria, presidente dell'Unitre, hanno posto fine ad un indimenticabile pomeriggio.

RIFLESSIONI SULLA CONFERENZA 

Ci sia consentita, in ordine allo svolgimento della “lezione” intitolata  “IL VOLTO DELLA CITTÀ”, qualche (o forse più) riga per la presentazione della scheda preparata da Agostino Melga, che, tra l'altro, è stato una “spalla” impareggiabile del conferenziere Giorgio Mantovani; che si è svolta nel pomeriggio di Lunedì 4 febbraio 2019 presso la sala della Società Filodrammatica Cremonese nell'ambito del  II ciclo dell' Anno Accademico 2018-2019, allestito dall'UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ E DEL TEMPO LIBERO “LUIGI GRANDE”.

Saremmo come minimo reticenti se non facessimo menzione di una straordinaria partecipazione, che ha riempito la Sala conferenze di Soci e di cittadini attirati dal tema, tra cui professionisti ben noti nel campo urbanistico.

Altrettanto saremmo omissivi se non spendessimo qualche parola all'indirizzo dell'encomiabile sodalizio, intitolato a Luigi Grande, indimenticato giudice ed attivo uomo di cultura per tanti anni. L'UNITRE, presieduta dalla professoressa Renata Patria, svolge nella nostra Città un impressionante volume di attività di approfondimento e di divulgazione. Indirizzata ad un parterre di (anagraficamente) non più giovanissimi; che, in realtà, dimostrano un'invidiabile inclinazione ad allungare il raggio delle conoscenze su una variegata (come si avrà avuto modo di accertare dal programma dell'anno accademico in corso da noi recentemente pubblicato) gamma di argomenti.

Fanno onore ai Soci la freschezza dell'approccio culturale e la passione costante nel seguire il programma. Che di per sé già rappresenterebbero un ragguardevole segnale civile. Ma che, considerati i tempi un po' così,  dovrebbero essere assunti, soprattutto da gran parte delle giovani generazioni, come un esempio fecondo di elevazione civile e culturale.

Non diversamente potrebbe essere qualificato il fatto che oltre un centinaio di partecipanti è rimasto inchiodato nella Sala del Filo per seguire la relazione di Giorgio Mantovani, per ascoltare la voce narrante di Agostino Melega che ha srotolato le schede dei singoli argomenti, per visionare le slides illustrative.

Il tema della lezione non prometteva nulla di lieve. Se ne è avuta contezza sin dall'approccio e, a seguire, quando la relazione si è addentrata, partendo dal sicurvia rappresentato da un'ampia visione dell'agglomerato urbano, nei segmenti specifici delle scelte che si sono snodate nel corso degli anni. E di quelle che, invece, sono rimaste nel limbo delle intenzioni.

In questo forse sui lavori è alleggiato un fraintendimento: l'attesa da parte di molti che le proposte del relatore potessero ancora essere realizzate.

D'altro lato, la declaratoria tematica del “volto della città” ammiccava alle più variegate aspettative di approfondimento e di confronto; cui la conferenza ha risposto con un'offerta che è stata un combinato tra un prevalente profilo”stilistico” delle cose che si sarebbe potuto fare ed un rigoroso richiamo alle compatibilità con una gestione oculata del territorio urbano. Ma prescindere delle occasioni, totalmente o parzialmente mancate rispetto alla carica visionaria e progettuale di Giorgio Mantovani, anche i progetti inattuati costituiscono un arricchimento per le consapevolezze civili e  per i depositi tecnico-culturali delle istituzioni locali e del comparto urbanistico ed edilizio.

Se ci fosse consentito un parallelo, azzarderemmo che le proposte di Mantovani non possono non rimandare a quel filone ispiratore del recupero, delibato alcuni mesi fa nel corso di un'altra lezione del programma UNITRE, delle Filande di Casalbuttano.

Vero che nulla è riproponibile in contesti diversi. Ma, a nostro parere, tra quella intuizione, fortunatamente realizzata, ed il filo conduttore, che incardina le proposte progettuali di Mantovani su importanti volumi urbani di Cremona, non è difficile intravvedere la stessa ispirazione e gli stessi propositi.

Da ultimissimo cogliamo l'occasione per preannunciare che l'impulso alla riflessione ed all'approfondimento fornito dalla Conferenza e dall'impegno di Mantovani non sarà lasciato cadere. Perché, se è vero che la tanta carne al fuoco posta nel percorso di rivisitazione di alcuni importanti segmenti urbanistici di Cremona in qualche misura può aver, come anticipato, favorito una visuale segmentata e, soprattutto, impedito per la sua complessità quel confronto avvertito nei partecipanti, sarebbe sbagliato non cogliere quelle opportunità di ulteriore esame della materia. Salendo di piano, però. Cioè mettendo a fuoco le premesse generali che sottendono a qualsiasi segmento progettuale, che abbia come obiettivo di intervenire sull'aggregato urbano. (e.v.).

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