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Lingue locali e cultura popolare: antidoto agli effetti collaterali del digitale

Arrischiamo certamente di essere catalogati nella fattispecie del luddismo. Un movimento di protesta sociale e politica che, all'inizio del XIX secolo in Inghilterra, si propose ed attuò la distruzione delle macchine della rivoluzione industriale, ritenute causa di bassi salari e di riduzione dell’occupazione operaia

  29/01/2018

A cura della Redazione

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Come sarebbe andata a finire, lo sappiamo. D'altro lato, noi testimoni delle ragioni del progresso e dell'emancipazione, non penseremmo mai di combattere effetti collaterali togliendo di mezzo il perno della questione.

Trattasi di un tema che, per la sua complessità, andrebbe affrontato (cosa che non vogliamo qui fare) nella sua complessità. Qui costituisce semplicemente un rimando per affrontare (sbrigativamente, per giunta) alle analogie tra quella prima rivoluzione e quelle in corso. Nella circostanza vorremmo limitare la nostra analisi al deciso cambio di passo impresso nella comunicazione e, sosteniamo noi, nella cultura dal “digitale”.

In un bell'articolo, apparso su La Lettura del Corsera di oggi, Giuseppe Antonelli, recensendo il lavoro di Massimo Palermo titolato “Italiano scritto 2.0”, sostiene che “la lingua cambia e si porta via le nostre certezze”.

Intanto, annota che, nel volgere di un paio di decenni, siamo diventati tutti “grafforoici”, nel senso che pratichiamo quasi ossessivamente le opportunità offerte dall'era digitale, rappresentate dall'ormai prevalente ricorso a blog, chat, e-mail, messaggini, foto, video, audio. Che costituiscono, sottolinea Antonelli, l'effimero che soppianta gli “scripta manent”.

Oltre ad un radicale mutamento di abitudini, il processo implica tendenzialmente un profondo cambiamento della comunicazione; che coinvolge sia la lettura che la scrittura.

La non breve premessa per sostenere due cose. La prima si incarica di chiarire incontrovertibilmente che, per quanto preoccupati da una piega donde potrebbe scaturire insieme alla liquidità delle tecniche comunicative anche (un'ulteriore) liquidità del pensiero, non intendiamo in nessun caso affrontare la prospettiva sommariamente analizzata emulando i testimoni del movimento ottocentesco. D'altro lato, noi stessi, consapevoli degli effetti collaterali, ci avvaliamo delle opportunità della digitalizzazione.

La seconda fa premio, però, sulla consapevolezza dei pericoli di avvitamento di una spirale che multimedialità potrebbe irrimediabilmente compromettere la struttura del pensiero, della comunicazione scritta ed, in definitiva, dello spessore culturale. Come affrontare il pericolo? Non certamente come fecero i luddisti due secoli addietro! Come non spaccheremmo le tecnologie materiali e le discendenti metodologie di impiego produttivo, parimenti non penseremmo di tornare, per preservare la metrica tradizionale della elaborazione/comunicazione a mezzo scrittura, alla macchina da scrivere, al telefono, al registratore, al fax.

Est modus in rebus: avvalersi delle opportunità offerte dai formidabili progressi in corso, senza farsene travolgere. Perché, andrebbe aggiunto, anticiperemmo, sul terreno della comunicazione a mezzo digital, la prospettiva di consegnarci interamente alle tecnologie della robotica e, procedendo, alle intelligenze artificiali.

Nel nostro piccolo, e, ciò affermando, vogliamo fornire un aggancio a chi imputa alla nostra testata un format troppo strutturato (volgarizzando, siete troppo lunghi!), pensiamo di fornire una testimonianza di realismo. Con cui ci avvaliamo della multimedialità senza compromettere l'architrave culturale.

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