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25 aprile Una festa che non deve scaldare solo i nostri cuori

Ricordiamo l’incipit del Presidente Mattarella: “La Resistenza fa parte della nostra storia e coglieva il bisogno di pace, di giustizia e di libertà. Mi permetto di esortarvi a cercare nuove idee, energie ed iniziative per trasmettere questo patrimonio alle nuove generazioni”

  05/05/2018

A cura della Redazione

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L'ECOANTIFASCISMO 25 aprile Una festa che non deve scaldare solo i nostri cuori

Ricordiamo l'incipit del Presidente Mattarella: “La Resistenza fa parte della nostra storia e coglieva il bisogno di pace, di giustizia e di libertà. Mi permetto di esortarvi a cercare nuove idee, energie ed iniziative per trasmettere questo patrimonio alle nuove generazioni”.

Se volessimo essere aderenti a parametri valutativi discendenti da una visione (si diceva un tempo) un po' burocratica, saremmo indotti a concludere che anche questa settantreesima celebrazione è andata. In molte località della provincia, a partire dal capoluogo e dalle maggiori città fino a giungere a moltissime piccole comunità, le celebrazioni si sono svolte, con momenti significativi e con apprezzabile partecipazione.

Se fossimo chiamati ad una valutazione del senso complessivo, non potremmo negare che la ricorrenza anche quest'anno non è stata esente da sbavature; che, come un sorta di copia/incolla, si ripetono ogni anno.

La maggior ferita inferta, ovviamente nel campo antifascista, al senso condiviso della celebrazione è rappresentata dalla tendenza ad invertire quello che dovrebbe essere un afflato inclusivo.

Si era, da tempo, cominciato a tollerare che le manifestazioni comprendessero, sia pure in posizione distinta, il “contributo” dell'estremismo antagonista, per il quale il 25 aprile costituisce la massima occasione per ribadire la pretesa di rappresentare in esclusiva i valori dell'antifascismo.

Ciò è avvenuto anche a Cremona, dove, per un combinato di scelta politica discutibile e di resa alle logiche del contenimento flessibile di eventuali scivolamenti sul terreno dell'ordine pubblico, si è accettato anche quest'anno, come gli anni precedenti, di inglobare in un unico corteo l'espressione ufficiale della Resistenza ed un sedicente antifascismo estremo. Che, sia pure nei titoli di coda, delegittima quel profilo inclusivo che la festa della Liberazione dovrebbe sempre rappresentare.

Fortunatamente, Cremona si è risparmiata quel lato meno tollerabile della regressione della piattaforma condivisa alla base dell'anniversario, che, in alcune città (a cominciare dalla capitale), ha assunto le forme o dell'autoesclusione dai cortei della rappresentanza della Brigata Israelitica o della contestazione, aperta e violenta, della medesima nelle situazioni in cui ha deciso di non rinunciare ad essere parte del 25 aprile.

A Cremona, si ripete fortunatamente, ciò non è avvenuto nelle forme di clamorosa contestazione registrate in molte città. Qualcuno si è limitato ad esibire uno striscione inneggiante al popolo palestinese.

L'ANPI romana si è rifiuta di assumere una posizione ufficiale in merito alla presenza accettata ed organizzata di associazioni palestinesi e filo palestinesi con simboli estranei allo spirito ed ai valori del 25 aprile. Fatto che ha costretto la Brigata Ebraica a dissociarsi dalle celebrazioni.

Mentre in molte città, come Milano, la partecipazione della Brigata Ebraica è stata protetta da un vasto fronte di solidarietà che ha impedito venissi consumato un pregiudizio frutto di una volontà di manipolazione storica e di strumentalizzazione a fini di parte.

È cosa nota a tutti (tranne, ovviamente, a chi non si fa riguardo di astrarre dalla verità storica per perseguire intenti di strumentalizzazione di parte) che la comunità ebraica appoggiò in tutto il mondo, ovviamente nelle modalità e nelle dimensioni consentite dalle eccezionali circostanze e dalla condizione di essere un piccolo popolo, le nazioni alleate contro il nazi-fascismo.

Restando alla sola Italia, si ricorderà che le prime Compagnie Ebraiche sbarcarono in Sicilia nell'agosto del '43, impegnandosi nel soccorso delle popolazioni del Centro-Sud.

Nel settembre del 1944, per iniziativa del governo inglese, fu istituita la Brigata Ebraica Combattente, che arruolò 5.000 volontari impiegati nei combattimenti contro l'occupante nazista ed il cooperante fascista.

La Resistenza italiana deve essere profondamente grata a questa testimonianza il cui valore iscrive di diritto il popolo israelita nella Resistenza.

Non altrettanto si può affermare, nonostante che una parte, per di più violenta, dell'antifascismo italiano pretenda di espungere questa testimonianza, della collocazione del “popolo palestinese” e della gran parte delle nazioni arabe.

Fintanto che permarranno nel campo della testimonianza antifascista siffatte ombre di evidente strumentalità per finalità deviate dalla vera natura e dal vero significato della celebrazione della Liberazione, il 25 aprile, che dovrebbe essere la festa condivisa da tutti, continuerà ad essere un anniversario divisivo o quanto meno infecondo dal punto di vista della capacità di trasmettere i suoi principi ed i suoi valori alle nuove generazioni.

Moltissimi dei giovani che entrarono nelle file della Resistenza non lo fecero in ossequio alle dottrine politiche dei movimenti antifascisti. Semplicemente aderirono come conseguenza del rifiuto dell'arruolamento coatto dei bandi Graziani indirizzati al proseguimento di una guerra ingiusta, immotivata, atroce.

La inestirpabile conflittualità derivante da una percezione non condivisa del suo significato discende prevalentemente dalla tendenza a fare dell'antifascismo un terreno di lotta politica nel presente. Ciò ne indebolisce e ne delegittima la potenzialità di aggregazione totalitaria sulla premessa costituita dall'essere stata, la Liberazione, l'asse portante della nuova Italia.

Non vogliamo affermare che, per le modalità celebrative e le contraddizioni messe a nudo, la Festa del 25 aprili sconti una certa ripetitività; in quanto va dato atto, come abbiamo fatto, che l'impegno delle istituzioni locali e delle associazioni partigiane è fuori discussione.

Ma occorrerà interrogarsi sull'incontestabile stanchezza celebrativa; a meno che si accetti che la ricorrenza debba scaldare i cuori degli habitués (destinati, per ragioni naturali, ad assottigliarsi).

Da un paio d'anni la Civica Amministrazione ed il Comitato promotore, presumibilmente consapevoli della opportunità di revisione del pannel celebrativo, hanno lasciato spazio alla voce dei giovani, che, grazie al lavoro prezioso della rete scolastica della memoria, hanno accresciuto le loro consapevolezze su quei tragici accadimenti.

A tali esperienze si sono riferiti gli apprezzati interventi del Sindaco Galimberti e del Presidente della Provincia Davide Viola, che hanno partecipato al pellegrinaggio di Dachau da poco concluso.

Nel prosieguo L'Eco del Popolo darò conto anche di altre manifestazioni celebrative avvenute sul territorio.

Concludiamo riportando il testo integrale dell'intervento pronunciato dal professore Giancarlo Corada, presidente dell'ANPI.

Ringrazio, a nome delle associazioni partigiane e resistenziali, le Autorità civili e militari, le forze dell'ordine, i partiti, i sindacati, le organizzazioni sociali e di categoria, l'ARCI (che oggi pomeriggio darà vita ad una festa in piazza Roma) e tutti Voi, cittadine e cittadini di Cremona, che ancora una volta siete qui a dimostrare quanto care siano a questa città, alla parte migliore di questa città, la libertà e la democrazia, con tanto sangue e tanta fatica conquistate dalla Resistenza.

Oggi ricorre il 73° della Liberazione del nostro Paese e della fine della dittatura e della guerra e pessimi segnali vengono da più parti. Vi sono Comuni (pochi per fortuna, e non noi) che negano le celebrazioni del 25 aprile. Vi è chi sostiene che l'antifascismo sarebbe di parte, che Bene e Male vi erano in entrambi gli schieramenti, che oggi sarebbero necessari riconciliazione e perdoni reciproci. E questo nella migliore delle ipotesi, perché vi è pure un'ondata di fascismo di ritorno, che neppure mette sullo stesso piano gli uni e gli altri, esalta fascismo e razzismo e pretende di riscrivere la storia. Ebbene dobbiamo essere molto chiari: sbaglia non solo chi difende il fascismo ma anche chi mette sostanzialmente fascismo ed antifascismo sullo stesso piano. Non possono essere uguali vittime e carnefici, torturati e torturatori. Italo Calvino giustamente scriveva: “Pietà per tutti i morti, ma non è possibile equiparare chi stava dalla parte dei carri piombati carichi di vittime e chi quei ferri cercava di spezzare”.

Non è questione di destra e di sinistra, di governo o di opposizione, di populismo o meno. La Resistenza fu momento di grande unità politica. Pur con difficoltà e mantenendo evidenti differenze, socialisti, comunisti e democratici-cristiani, liberali, azionisti, monarchici si unirono per far fronte al nemico comune. Vi fu lo sforzo di accantonare le divergenze, perfino quelle sulla Repubblica o la Monarchia, per cacciare gli invasori e sconfiggere la tirannide. È un grande insegnamento. Quindi non è oggi questione di politica contingente, ma di rispetto della verità della storia. Attraverso lo studio e la conoscenza delle fonti oggi è possibile ricostruire ciò che accadde in quel periodo. Negli ultimi anni le ricerche sul fascismo, in particolare sulla Repubblica di Salò, hanno fatto notevoli passi in avanti. Hanno dimostrato, per esempio, che le stragi di innocenti sono più numerose di quanto si pensasse (più di 5600 con quasi 24.000 morti), che le stragi sono state commesse non solo dai tedeschi ma anche dai fascisti; poche volte per rappresaglia, ma per logica militare di “pulizia” delle retrovie del fronte. Hanno dimostrato, le ricerche storiche, che la tortura è stata praticata in modo “istituzionale” dalla autorità fasciste della Repubblica di Salò su migliaia di uomini e donne, mentre i Comandi partigiani scrivevano e non si stancavano di ripetere “I prigionieri devono essere trattati con dignità”, in nessun caso e per parte di nessuno le persone arrestate e fatte prigioniere devono essere sottoposte a violenza, maltrattamenti, ingiurie, sevizie”.

Questa è la differenza, morale prima ancora che politica, tra Resistenza e Nazifascismo. Hanno dimostrato, le ricerche storiche, che il fascismo fu un crimine e che quindi sostenerlo oggi, al di là di ogni ragionevole dubbio, e che quindi sostenerlo oggi sarebbe un reato! Hanno dimostrato, le ricerche storiche, che dopo il 25 aprile vi furono sì, da parte dei partigiani, vendette, sempre da condannare. Al di là di questi deprecabili, sporadici aspetti, il quadro di verità si incaricò di dimostrare il contrario. La classe dirigente rimase sostanzialmente immutata (dopo un breve periodo di incertezza) la stessa di prima o quasi. Persino alcuni dei responsabili delle torture pur tremende se la caveranno senza danni.! Persino molti giudici del Tribunale Speciale! Certo la situazione internazionale e la divisione del mondo in due blocchi aiutò. Ma l'Italia ci mise del suo! Per tanti anni quasi non si parlò più di Resistenza. E questo fi insieme colpa ed errore. Fare i conti col proprio passato serve a consegnare a tutti noi la consapevolezza che ciò che è stato può tornare. “Conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può tornare, le coscienze possono essere nuovamente essere sedotte ed oscurate”.

La Libertà è un valore da difendere, in ogni ambito. Un bene della cui importanza ci si rende conto, purtroppo, quando lo si sta perdendo, come dell'aria che respiriamo. La Resistenza porta con sé questo valore. Ma la Libertà è impossibile senza Democrazia, che quindi occorre difendere come un bene altrettanto prezioso. Ma come la si difende in concreto? Certo, difendendo le Istituzioni dal terrorismo (ieri quello brigatista e stragista, oggi quello del fanatismo islamico). Certo, credendo nelle regole della democrazia stessa. Ma la si difende anche vedendo e criticando le cose che non vanno, le degenerazioni del sistema. Bene primario per la democrazia sono il consenso, l'apprezzamento, il rispetto per le istituzioni. Ma questo consenso bisogna meritarlo ed oggi in Italia è a livelli bassissimi. Noi eredi dei combattenti per la libertà abbiamo il dovere di denunciare ciò che non va.

La Costituzione, diceva Piero Calamandrei, è polemica contro il passato fascista, ma polemica anche contro il presente (altrimenti non si direbbe che vi sono ostacoli di ordine economico e sociale da rimuovere per permettere il pieno sviluppo della persona umana, come recita l'articolo 3). Così la Resistenza che lottava contro il fascismo ma anche per più digintà e giustizia sociale..

Ecco, Resistenza e Costituzione vengono tradite quando ci si dimostra non all'altezza di quei valori e di quei principi ed il Paese viene portato al punto in cui è oggi.

Quando vengono difesi privilegi e disuguaglianze, che sembrano intoccabili. Quando corruzione ed evasione fiscale la fanno da padrone. Quando il lavoro per i giovani non c'è o è precario. Quando i poveri sono milioni e le differenze sociali, enormemente cresciute, fanno dell'Italia uno dei Paesi europei a minore equità sociale.

Ecco, in questi casi non si attua la Costituzione e si tradisce la Resistenza! Che voleva un'altra Italia

Voleva un'Italia libera, pacifica, tollerante, ma anche onesta, giusta equilibrata!

Allora io concludo dicendo certamente VIVA IL 25 APRILE. Certamente VIVA L'ITALIA, ma un'Italia diversa, con meno corruzione, privilegi ed ingiustizie; più vicina ai valori della Resistenza. E certamente VIVA I PARTIGIANI, protagonisti del momento più alto e nobile nella storia del nostro Paese.

I Partigiani non si sono rassegnati all'idea che non si potesse cambiare la situazione, che per la natura la società fosse così com'é. Il modo migliore per onorarli è impegnarsi a vivere nel presente i loro valori per costruire per tutti un futuro migliore.

Chiudo questo intervento il saluto trasmesso per mio tramite dal prof. Mario Coppetti, che, per ragioni di salute e di prudenza dei famigliari, è costretto a non partecipare, per la prima volta dopo settantatre anni, alla festa della Liberazione.

Questa gremita piazza che festeggia con lui la ricorrenza del 25 aprile ricambia il suo saluto con senso di gratitudine per il suo contributo all'antifascismo e per la coerente testimonianza durata una vita intera.”.

Nb: nell'intervento dell'oratore ufficiale della manifestazione si dà conto della sollecitudine del prof. Coppetti di rivolgere un saluto rivolto ad un anniversario cardine della sua lunga testimonianza civile. Il partigiano Coppetti, impedito a partecipare, si era fatto rappresentare dai famigliari. Un giorno dopo sarebbe deceduto. Nel suo testamento spirituale, affidato ai suoi più stretti collaboratori, compare la raccomandazione affinché si provveda a restaurare e a rendere decoroso il Tempietto ove riposano i caduti partigiani ed ove tre anni fa lo stesso scultore/partigiano aveva collocato un bronzo (generosamente realizzato) raffigurante la Pietà Laica.

Questa raccomandazione non resterà delusa.

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