Caro direttore, un argomento molto delicato la possibilità negata di abortire. È assurdo! Così come chiedere tramite referendum la decisione di accordare il divorzio. Alcune colleghe profondamente religiose si chiedevano come poter negare a mamme di nostri alunni la via per allontanare mariti brutali, ubriaconi, maneschi. Anche ora che il divorzio è stato accompagnato da altre normative, più facile da ottenere, non obbliga nessuno a scindere la propria famiglia. Così come mettere continui ostacoli alla richiesta di prevenire o interrompere una gravidanza. Se dovessi esternare il mio intimo sentire dovrei stendere un velo pietoso e girare il viso da un'altra parte. Troppo triste l'esperienza personale che per tre volte ha dovuto rinunciare a vedere fiorire nel proprio grembo tenere creature. Mai avrei potuto valutare positivamente una scelta di aborto voluto. Però oltre al cuore siamo dotati di capacità che portano a raggiungere un certo equilibrio. Come chi non sceglie il divorzio, nessuno può essere costretto ad abortire. Tale scelta non credo sia presa a cuor leggero. Un medico professionista si scopre una coscienza che gli impedisce di svolgere il proprio dovere. Ok! A lui il diritto di essere obiettore, al paziente di non essere seguito in un suo diritto legislativo. Motivazioni personali da rispettare. I vari nosocomi hanno il dovere di contare su un personale idoneo a seguire ogni necessità che si presenti nei reparti. Soltanto un po' di buona volontà in più o placido menefreghismo per non discutere coi dipendenti blasonati?
La ringrazio gentile direttore. Nel frattempo in questi lunghi anni ho avuto una splendida figlia. Un abbraccio
Clara Rossini
Per par condicio...
...dovremmo, visto che di questi tempi il diritto di tribuna viene postulato anche per Putin, dare la parola anche a Melisenda Mascetti e al suo perentorio “nun aborto”.
Ma si capirebbe che la licenza cinematografica trova motivazione nell'intento di sdrammatizzare.
Mentre la denuncia di cui si fa interprete la nostra apprezzata corrispondente è serio, tremendamente serio.
Sia sul piano dei valori etico-civili sottostanti sia come conseguenza dell'insopportabilità della fattispecie di un diritto a lungo rivendicato, conquistato con lotte inenarrabili, esistente sulla carta ma di fatto diventato, sul piano della praticabilità, una corsa ad ostacoli.
Per un combinato disposto di circostanze, tutte comunque inescusabili, perché hanno come fine la violazione di una legge e la negazione di un diritto.
In cui una forte componente è rappresentata dall'incontenibile oscurantismo religioso e reazionario, suscettibile di alimentare le conseguenze delle carenze sanitarie e il conformismo annidato negli interstizi corporativi.
Per quanto si riferisce al contesto lombardo si fa interprete di una vibrata denuncia la consigliera dem Paola Bocci., il cui intervento segnala che la legge 194 sia largamente disapplicata.
Non tanto in termini di calo degli aborti. Un dato segnalatore questo che, se fossero rispettate le condizioni per l'esercizio del diritto e la tendenza fosse conseguenza di un'opzione ragionata, non sarebbe negativo.
Non abbiamo, noi, infatti, ma confuso il diritto di interruzione della gravidanza come optional del contenimento delle nascite e dell'ultimo ripiego a comportamenti non esattamente consapevoli.
Gioca, a nostro parere, in questo trend sorprendente un agghiacciante concorso di circostanze: a) la maggioranza dei ginecologici e degli anestesisti fa obiezione di coscienza; b) l'alternativa farmacologica è, se non proprio sabotata, manifestamente compresa.
Da ultimo, il perno etico del cambio di consapevolezze civili in materia di maternità e di interruzione della gravidanza (che avrebbero dovuto essere i Consultori) è quanto di più disatteso e disomogeneo nel territorio regionale.
Di passaggio, appare giusto segnalare che tra gli 11 ospedali lombardi, negatori dell'accesso alla legge 194, figura anche il nostro Oglio Po (per i motivi ben noti).
Non possiamo non associarci all'auspicio di Paola Bocci per il pieno ripristino della garanzia di esercizio del diritto alle prestazioni sia chirurgica che farmacologica. (e.v.)