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In ricordo del partigiano renato Campi nel 70° della fucilazione

Renato Campi aveva 19 anni quando venne fucilato dai fascisti il 16 febbraio 1945 nel poligono del tiro a segno in località Po

  10/02/2015 21:01:18

A cura della Redazione

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Domenica 22 febbraio, alle ore 10.30 nel cimitero di Cremona, una delegazione dell’ANPI porterà fiori al tempietto dei Caduti partigiani in ricordo del partigiano cremonese RENATO CAMPI, nel 70° della fucilazione. Il partigiano caduto verrà poi commemorato nel corso della iniziativa in ricordo di Enrico Fogliazza e della 17° brigata Garibaldi, che si terrà lo stesso giorno, alle ore 16.30 nel Circolo ARCI “Signorini” di via Castelleone, Renato Campi aveva 19 anni quando venne fucilato dai fascisti il 16 febbraio 1945 nel poligono del tiro a segno in località Po. Dal luglio 1944 aveva combattuto nella 62° Brigata Garibaldi “Luigi Evangelista”, nella zona piacentina di Vigoleno. Catturato dalla GNR durante un rientro clandestino a Cremona, venne torturato a Villa Merli da aguzzini dell’UPI. Non parlò e fu condannato a morte. Con lui l’ANPI intende anche onorare i numerosi partigiani di Cremona, in gran parte giovani, caduti per la libertà 70 anni fa e che riposano, come Renato Campi, nel tempietto del nostro cimitero. Si ringraziano tutti coloro che vorranno essere presenti. 

ANPI Cremona,(Comitati Provinciale e Cittadino)

RICORDO DEL PARTIGIANO RENATO CAMPI NEL 70° DELLA FUCILAZIONE.

70 anni fa, il 16 febbraio 1945, al “poligono del tiro a segno” in località Po (dove poi sorgerà la raffineria) venne fucilato dai fascisti il giovanissimo partigiano Renato Campi, nome di battaglia “Spifferi” (riconosciuto come “partigiano combattente caduto”). Riportò la notizia “Il Regime fascista” due giorni dopo come “Fucilazione di un disertore”. Era nato a Cremona il 22 dicembre 1925 in una numerosa famiglia povera di via Alfeno Varo, il padre Alfredo carrettiere, la madre Giuseppa casalinga. Era appena diciottenne quando, a seguito dei famigerati bandi di leva dell'Italia occupata dai tedeschi, venne arruolato nella Guardia Nazionale Repubblicana. Ma non voleva proprio servire il nazifascismo e già nel luglio 1944 fuggì sulle montagne piacentine, nella zona di Vigoleno, dove entrò nella 62° Brigata Garibaldi “Luigi Evangelista”. A seguito del tremendo rastrellamento tedesco del gennaio 1945 rientrò clandestinamente a Cremona dove però venne individuato e preso dai fascisti. Fu torturato nella famigerata sede dell’UPI, la villa Merli di Viale Trento e Trieste, con scosse elettriche e sevizie. Al processo agli aguzzini, che si tenne nell’aprile ’46, la sorella riferì che lui le disse in quei frangenti: “preferisco la morte” e che poi, sul suo cadavere, risultarono evidenti le cicatrici delle torture. Resistette agli interrogatori e venne condannato a morte dal fascio di Cremona. Scrisse una commovente lettera al padre: “Caro papà, sono qua ancora poche ore e poi dovrò morire...” Volle andare a piedi al luogo dell'esecuzione, dove ebbe l'incredibile forza di ironizzare esclamando, davanti al cartello “Vietato l'ingresso agli estranei”, “allora io qui non posso entrare!”. Si è saputo che morì dicendo “viva l’Italia” dopo aver rifiutato di essere bendato.

L'ANPI lo ricorderà domenica 22 febbraio prossimo, alle ore 10.30, portando fiori al “tempietto partigiano” del cimitero di Cremona, dove è sepolto, ed al pomeriggio ore 16.30, nel corso della iniziativa organizzata al Circolo “Signorini” di via Castelleone, in ricordo di Enrico Fogliazza e della 17° Brigata Garibaldi.

 

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