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8 settembre: accadde 71 anni fa a Cremona di Mario Coppetti

I tragici fatti rievocati con una manifestazione nel cortile di Palazzo Comunale.

  12/09/2014 12:52:00

A cura della Redazione

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In una significativa cornice di partecipanti, cittadini, associazioni, autorità civili e militari, è stata rievocata la data dell’armistizio; con cui l’Italia recedeva dalla guerra contro gli alleati ed iniziava la resistenza contro l’invasore nazi-fascista.

I tragici, ma coraggiosi fatti di quella giornata, sono stati richiamati dall’intervento di apertura del nuovo Sindaco Prof. Galimberti.

La ricostruzione delle dinamiche, che caratterizzarono quella giornata, è spettata al prof. Mario Coppetti, forse l’unico testimone, oculare e, per adesione ideale, partecipe di qui funesti eventi. Che, soprattutto, a Cremona costituiranno le premesse per il riscatto dell’onore e della libertà del popolo e delle istituzioni.

Con molta lucidità, l’artista che compirà 101 anni il prossimo novembre, e con molta passione, ha tratteggiato quelle vicende, esortando i cittadini a trasmetterne il senso alle nuove generazioni; perché ne traggano insegnamento.

Pubblichiamo di seguito il testo integrale del suo intervento, apprezzato ed applaudito dal pubblico partecipante e dalle autorità.

Signor Sindaco, La ringrazio per aver voluto ricordare, a distanza di oltre 70 anni, i tragici fatti del 9 settembre 1943; con un incontro che vuole essere un momento di dovuto ricordo ai morti, e soprattutto di riflessione per meglio comprendere gli avvenimenti di quei giorni da me vissuti ed il cui ricordo è ancora ben vivo in me.

Ricorderò brevemente come pochi militari male armati si siano spontaneamente battuti contro i tedeschi.

l pochi militari di stanza erano sparsi nella varie caserme in attesa di ordini, che non verranno mai. Aspettavano di vedere come si sarebbero comportati i tedeschi che invece, nella notte stessa, si faranno notare per i movimenti di carri armati e si impadroniranno della polveriera di Picenengo, dove erano le munizioni; privando così i nostri militari di qualsiasi rifornimento.

Alle 6 del mattino del giorno 9 panzer tedeschi, seguendo un piano ben definito, lanciano l'attacco, arrivando simultaneamente da via Bissolati, da via Massarotti, da Porta Milano e da Porta Po per dirigersi verso il centro della città; con l'obiettivo di occupare tutti gli edifici pubblici. La prima bomba, lanciata da via Mantova, cadrà a poca distanza dalla Chiesa di S. Omobono, in un giardino oggi edificato posto all'angolo tra via Oscasali e via G.Grandi.

Di fronte all'ingresso della Caserma Manfredini in via Bissolati era stato messo a difesa un cannone. Un secondo fu piazzato all'estremità della porta carraia, all'incrocio con la via Massarotti, puntato in direzione della sede della gioventù del Littorio, dove erano appostati intedeschi.

La caserma, attaccata su due fronti, viene investita dal fuoco nemico. Il cannone situato in via Bissolati, dopo aver sparato e centrato un carro armato (danneggiandolo gravemente) poi si blocca Quando l'altra colonna dei panzer inizia ad avanzare in via Massarotti, è accolta a cannonate anche se, per mancanza di proiettili perforanti, si dovettero usare granate a pallottole graduate a zero; ma la distanza era così breve e la successione dei tiri così rapida ed efficace che 6 tra panzer e semoventi furono colpiti in pieno e messi fuori uso. Uno fu completamente distrutto provocando perdite sanguinose, morti e feriti tra i quali lo stesso comandante della colonna.

Ma poi, avendo esaurite le munizioni, verso le 11, gli assediati furono costretti alla resa.

Da parte italiana si contarono una trentina di feriti e due morti, l'allievo ufficiale Dante Cesaretti ed il sottotenente Mario Flores. Nello stesso tempo, non molto lontano, in Corso Vittorio Emanuele, davanti al Palazzo Ala Ponzone, una decina di artiglieri, con un vecchio pezzo di artiglieria trascinato fin lì dalla Caserma Manfredini, tentano di opporsi a formazioni S.S. e di Alpenjäger, che avanzavano protettI dai loro carri armati.

Gli italiani erano comandati dal tenente Vitali che ordina di rispondere al fuoco delle mitraglie, che sparavano al riparo delle colonne del teatro Ponchielli.

Vitali, ferito, agli assalitori che avanzano grida "avete ammazzato mio padre, ammazzerete anche me. Ma cercherò di vendicare la sua memoria."

Viene abbattuto da una raffica di mitraglia. I suoi soldati lo trascinano in via Ala Ponzone, dove il corpo del valoroso ufficiale rimarrà abbandonato fino al giorno dopo.

Sarà ricordato con la medaglia d'argento.

Contemporaneamente i tedeschi sferrano un duro attacco alla Caserma Col di Lana, che viene bombardata prima con i mortai e poi attaccata dai Panzer Grenadier della Divisione Adolf Hitler delle S.S.

Bersaglieri, fanti ed un centinaio di avieri, a cui si affiancano i giovanissimi allievi (dai 14 ai 16 anni) trasferiti a Cremona dal Collegio Militare Teullè di Milano in alta uniforme (cheppì rigido e guanti bianchi), si battono con estremo coraggio.

Dopo eroica resistenza, senza più munizioni, con nove morti e numerosi feriti sul terreno, isolati da tutti, saranno anch'essi costretti ad una dolorosa resa.

Raggruppate le forze, i tedeschi, determinati ad eliminare ogni resistenza, concentrano i loro attacchi contro la Caserma Paolini (all'angolo tra Via Palestro e via Trento Trieste), dove i bersaglieri resistevano ancora agli attacchi sferrati contro di loro dal mattino presto.

Verso le 13.30 un gruppo di S.S., arrivato di rinforzo, riusciva ad occupare la Caserma S.Lucia, tenacemente difesa fino a quel momento da una ventina di carabinieri, e, verso le 14, dopo che un carro armato aveva sfondato la porta carraia in via Trento Trieste, le S.S. dalla testa di morto riuscivano ad avere ragione delle tre compagnie (in gran parte reclute) del 90 Reggimento Bersaglieri. Le tre compagnie si erano coraggiosamente battute armate solo di vecchie mitragliatrici Breda che venivano usate per l'addestramento delle reclute; ma non poterono usare i cannoncini anticarro, perche le munizioni erano alla polveriera.

Non va dimenticato che il 9° Reggimento Bersaglieri aveva eroicamente combattuto ad EI Alamein dove era stato praticamente annientato.

Verso le 15 altre S.S, decise a por fine alla resistenza della città, occupano le caserme Sagramoso e San Martino entrando da via Chiara Novella.

Viene subito ucciso il capitano Barbagallo del genio pontieri che tentava di opporsi ai tedeschi; mentre i circa 300 genieri, tenuti chiusi in caserma, vengono fatti prigionieri.

Circa altrettanti, fortunatamente, avevano potuto salvarsi saltando dalle finestre prima dell'arrivo dei tedeschi Mentre avveniva tutto questo, a Milano ed in altre città vicine tutto era calmo, tutto era già tranquillamente passato sotto il comando tedesco, senza nessuna resistenza da parte italiana.

Ed allora ecco che rifulgono con maggiore intensità i singoli episodi.

Cito il bersagliere Armando de Soghe, che al Foro Boario, tentando con grande coraggio di attraversare lo schieramento nemico, uccide 4 tedeschi prima di cadere a sua volta sotto il piombo nemico.

E come non ricordare con intensa commozione il bersagliere motociclista Erminio

Buosi di 19 anni, che al Migliaro, vicino alle scuole, incontra un gruppo di S.S!.

È solo, potrebbe arrendersi, tentare di fuggire o nascondersi; nessuno gli dà ordini. Si ferma, si butta giù dal ciglio della strada e spara sui tedeschi uccidendone quattro e ferendone due, prima di venire colpito a morte.

Da allora, per due anni, chi passava per la via Bergamo poteva vedere di fronte alle scuole del Migliaro, accanto alla tomba dei quattro tedeschi, anche quella dell'eroico bersagliere segnata da una piccola croce.

Verrà anch'egli decorato di medaglia d'argento.

Da parte dei cittadini cremonesi vi fu un’ammirevole gara di fraterna solidarietà verso i soldati; accogliendoli nelle case e nascondendoli e offrendo vestiti borghesi {e ve n'erano ben pochi), perché potessero sfuggire ai rastrellamenti tedeschi. Molte donne, evitando posti di blocco anche a rischio di grande pericolo, riuscivano a fare avere abiti civili ai soldati.

Proprio in uno di questi tentativi la crocerossina Elda Sacchi di 20 anni veniva falciata da una raffica di mitraglia tedesca in corso Vittorio Emanuele e, a seguito di straziante agonia, cessava di vivere poche ore dopo.

Nel primo pomeriggio, verso le ore 16 del 9 settembre cessano i combattimenti: i tedeschi possono darsi al saccheggio di quei pochi negozi che ancora hanno qualche provvista.

Circa 1800 militari italiani, per lo più anziani, addetti ai servizi sedentari o reclute in fase di addestramento, armati di fucili modello 91, con una ventina di mitragliatrici Breda vecchio modello e 6 cannoni anticarro avevano sfidato i circa 3.000 tedeschi di cui facevano parte:

- 600 militari della Wehrmacht armati di cannoni e autoblindo

-il gruppo comando artiglieria contraerea

-gli Alpenjäger

-le colonne corazzate delle 5.5. Panzer Grenadier Divisione Adolf Hitler che da poco era stata fatta giungere dal fronte orientale.

Sul terreno rimasero:

 - 29 morti italiani (17 militari e 12 civili) e 40 feriti

- sicuramente una decina di tedeschi morti ed altrettanti feriti. -

Ai nostri soldati verranno conferite:

3 medaglie di bronzo

4 medaglie d'argento

1 medaglia d'oro.

Terminava così la gloriosa battaglia di Cremona; che, ad un tempo, riassume in sè il valore del soldato italiano, quando crede nella causa per cui combatte, ed il contributo appassionato e generoso della popolazione cremonese nella lotta contro lo straniero invasore.

Molti ritengono che 1'8 settembre 43 abbia rappresentato il crollo dello Stato e l'inizio di una divisione fra gli italiani non ancora superata e, pertanto, come accade per le sconfitte e le cose spiacevoli, preferiscono dimenticare.

Questa per me, e per tutti quelli che hanno lottato contro la dittatura e per la libertà è una interpretazione che non possiamo condividere; perché, se è vero che 1'8 settembre lo Stato si è sfascò, ciò servì soltanto a mostrare agli italiani ed al mondo intero l'inconsistenza, il vuoto che si nascondeva dietro le roboanti dichiarazioni di Mussolini e dei suoi gerarchi. Che solo con la violenza e la sopraffazione avevano, in combutta con la imbelle monarchia, governato l'Italia per 20 anni.

Ma, è proprio di fronte allo sgretolamento dello Stato monarchico-fascista e al fallimento della classe politica e militare di allora che assumono ancora maggior rilevanza i numerosi atti di sacrificio e di eroismo, da parte dei soldati ed ufficiali che spontaneamente hanno resistettero contro soverchianti forze tedesche a Cremona e in altre parti d'ltalia; nonché l'affetto dei comuni cittadini che intendevano scrollarsi di dosso la vergogna di 20 anni di fascismo. Così nacque la Resistenza. Che non fu solo una lotta ed un rivolta armata contro l'oppressione e la tirannia, ma anche l'ansia di ricostruire, di dare un volto nuovo al Paese, di tracciare per la nazione un cammino di nuova dignità, di responsabilità sociale, di eguaglianza, di giuste leggi.

Questo fu il vero significato ideale della resistenza Italiana. A voi che siete qui venuti a testimoniare il vostro affetto a quei combattenti, rivolgo un invito a ricordarli con orgoglio ai giovani d'oggi.

A voi tutti, autorità e cittadini, il mio più sentito ringraziamento per la vostra partecipazione.”

Mario Coppetti – È nato a Cremona l’11 novembre 1913. Figlio di un ferroviere socialista, licenziato per non aver opportunisticamente chinato il capo, egli stesso ha dovuto assaporare già in giovane età i rigori del regime autoritario.

Il perfezionamento dell’arte scultorea lo avrebbe condotto, negli anni trenta a Parigi; dove, a contatto con gli esulti anti-fascisti, avrebbe sviluppato le ragioni dell’idealismo democratico e socialista.

Rientrato a Cremona, dove insieme alla madre sarebbe stato oggetto di una costante e pervasiva attenzione della polizia fascista, iniziò l’attività politica clandestina con i maggiori esponenti dell’antifascismo socialista: Caporali, Rossini, Pressinotti, Zanoni, Majori.

Dopo la Liberazione avrebbe intrapreso, paralellamente all’insegnamento delle discipline artistiche, una militanza socialista di primo piano.

È stato, in contrasto con l’opzione nenniana del Fronte Popolare, una dei fondatori del Partito Socialdemocratico Italiano.

Rientrato nel PSI per rafforzare l’autonomia socialista, negli anni 50 entra nella vita pubblica della città.

Prima come Assessore della Giunta Feraboli; poi, come vicesindaco della Giunta Vernaschi.

In tale periodo, è impegnato, come presidente della Società Autostrade Centro-padane, nella realizzazione dell’autostrada Brescia-Piacenza.

Conclusa l’esperienza istituzionale, ritorna alla testimonianza civile nel gruppo dirigente del PSI, cui è tutt’ora iscritto, e nell’ANPI, di cui è stato più volte Presidente.

Continua, parallelamente all’attività artistica, focalizzata sui personaggi della vita cremonese, nell’impegno della memorialistica e della ricerca storica. (e.v.)

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