Gli attenti (nel caso ce ne fossero) nostri lettori coglieranno l'inserto nella cimasa grafica della rubrica. Abbiamo affiancato al logo, che per consuetudine identifica, stricto sensu, la sanità, quello di identificazione, lato sensu, del concetto più ampio del, come si direbbe un po' indulgendo alla postura angli cistica, Welfare state. Che, italianizzato e non solo per parlare come mangiamo, significa, come si diceva un tempo, il sistema socio-sanitario, in grado concepire e somministrare concretamente il servizio nell'ottica integrata del diritto alla cura della salute e del benessere psico-fisico. Già, per il momento, come dimostra il lessico dell'apparato politico-burocratico, il comparto dedicato si è inglesizzato. Ma, dai risultati, ci pare di poter negare che dal nominalismo agli effettivi risultati, quanti-qualitativi, la situazione prestazionale sia quella identificata nella declaratorio del rapporto Beveridge del 1942 (1942, ripetiamo, per evidenziare che in piena guerra il sistema paese dell'isola britannica partorì, a livello progettuale, un programma di sicurezza sociale realizzato dopo il 1945 dal governo laburista (subentrato al vincitore del conflitto Sir Winston Churchill); suscitando ampia attenzione anche fuori della Gran Bretagna, quale punto di riferimento di tutti paesi che restarono nella sfera di influenza occidentale. Come si ricorderà, il modello Beveridge, detto del sistema sanitario nazionale, è un modello sanitario fondato sul ruolo centrale del governo nel finanziamento e nella fornitura delle cure sanitarie della popolazione, sulla base che esista un diritto universale alla salute collegato al solo possesso della cittadinanza. Se ne sarebbe apportato il complesso di testimonianze sociali e politiche (e perché no!, di lotte) che, alla fine degli anni 70, avrebbe condotto al completamento del percorso di superamento del precedente modello mutualististico (di derivazione del modello bismarkiano) e incardinato la versione italiana, debitamente aggiornata, della legislazione inglese. Ne sarebbe nato il SSN italiano, così ben (lasciatecelo dire) richiamato in occasione dell'edizione EdP dedicata alla recensione e all'approfondimento del magistrale libro “Le sanguisughe di Giulietta” del professor Remuzzi, recentemente ospite della Società Filodrammatica.
Nello sforzo ermeneutico del lavoro di Remuzzi e dell'approfondimento del saggio, avevamo osservato che quell'aggregato di intuizioni, di idealismi, di progettualità, attinti dall'epicentro progettuale di Beveridge e approdato (tardivamente!) anche alla legislazione italiana, fino ad accreditare il modello italiano come uno dei più avanzati a livello mondiale (come sapiente mix di vedute sociali e di concreta applicazione sul campo) è stato nel volgere dell'ultimo decennio praticamente asfaltato per effetto delle competenze “concorrenti”, della diffusa e sistematica applicazione della spending review a tagli orizzontali, del collassamento dei perni civici del nostro sistema politico-istituzionale ed, in particolare, della classe dirigente.
Oggi, praticamente il SSN non c'è più, se non nella vulgata e, soprattutto, è completamente collassata la visione interdisciplinare della sanità e dell'assistenza sociale correlata. Per questa ragione questa rubrica del Focus Sanità diventerà, sin dal suo corredo grafico, Focus Welfare. E, lo preannunciamo (prima che qualche lettore si sorprendesse di qualche ridimensionamento conseguente all'impegno) diventerà come segmento prevalente della mission della nostra testata.
Le cui radici, ben conficcate nella cultura della sinistra riformista, inducono nel caso in specie non già a fare il verso all'imperativo della ribellione sociale (inappropriatamente echeggiata nella letteratura del recente sciopero generale) ma ad ammonire che la testimonianza di una sinistra sociale e politica, ispirata dal gradualismo e dal moderatismo, non può in alcun modo guardare solo alle modalità di testimonianza. Specie quando, come sulla completa devastazione del SSN si gioca una significativa regressione di diritti e di equilibri distributivi a valere per i ceti più fragili e meno protetti.
Lo stato universale della concretizzazione del diritto alla cura della salute è tale non già da giustificare gesti come quello dell'omicidio del ceo di UnitedHealthcare, il gruppo privato statunitense che a pagamento dovrebbe fornire il servizio sanitario. Che negli Usa è prerogativa di chi non è coperto da medicaid (per gli anziani) e medicare (per gli inabbienti) che sono il 10% della popolazione. Gli altri bongré malgré devono, in teoria per essere sanitariamente assistiti, pagare la copertura assicurativa (perché di questo si tratta, nel modello di un grande paese in cui la cura della salute non è prerogativa civile ma merce). Diciamo che come in tutte le entità contrattualistiche non sempre le controprestazioni in capo al gestore sono corrispondenti alle obbligazioni. Diciamo che i grandi gruppi, il cui core business è il profitto, non si fanno scrupoli e ci giocano dentro. Spesso negando il contrattualmente il dovuto (che eticamente rappresenta o dovrebbe rappresentare un diritto umano e civile di rango basico). Negando...nella piena consapevolezza del non dover rendere conto, se non "civilmente" in contenziosi individuali e o collettivi, in cui hanno le "spalle larghe”, e di giocare una permanente partita in cui all'"avversario" il competitor-user non è riconosciuto il rango di titolare di diritto di rilevanza pubblica, anzi come da noi costituzionale. Insomma in Usa se sei vecchio e o pezzente l'assistenza è teoricamente pubblica. In tutti gli altri casi, se non vuoi crepare o vivere una vita fragile devi farti una polizza, i cui costi sono a carico del contraente. Come in tutto l'universo terracqueo le companys per "starci dentro" o con più probabilmente per macinare profitti (come poco eticamente si farebbe per il risarcimento della sinistrosità da incidentalità o calamità) frequentemente, anzi sistematicamente, negano il contrattualmente dovuto (anche nel caso di class action). Così negando, oltre che una prerogativa "materiale", una fondamentale controprestazione sanitaria. Così fotografò lo stato dell'arte 30 anni fa un giovane presidente, ben consapevole dell'intelaiatura e delle posture del modello" It's economy, bellezza!». Di mezzo ci sarebbe stato il ciclo della finanziarizzazione, che in casa a stelle e a strisce avrebbe accentuato lo strapotere privato. Tanto esageratamente che, nonostante la prevalenza conservatrice, qualcuno (diversamente dal "socialista" Bernie Sanders da sempre testimonial del welfare pubblico) alzò ditini perplessi e profferì titubanti esternazioni "riformiste" talmente titubanti e circoscritte da essere, sul piano dell'organica riforma (tratto distintivo di qualsiasi modello liberaldemocratico di scuola capitalista) un taccone peggio del buco. All'indirizzo e a beneficio degli inconsapevoli ed ai neghittosi, aggiungiamo al vocativo clintoniano, "stupid". Succede quando le prerogative individuali e collettive sono inquadrate nella fattispecie mercantilistica. Non azzarderemmo che queste siano per intero la visuale e la direzione di marcia dei propugnatori italiani della funzionalizzazione del Ssn (a colpi di "aziendalizzazione", di totale "diritto di opzione" tra gestori, di "sussidiarietà" talmente prevaricante da diventare di fatto appannaggio privatistico). Ma che, come sintesi di tutto quanto, qui e in precedenza, analizzato e in realtà denunciato, il sospetto e la consapevolezza dell'inarrestabilità del piano inclinato favorevole alla prevalenza del modello privato, non molto dissimile da quello nordamericano (una vergogna per un paese capace di altre riconosciute virtù etiche e civili), siano fondati è peggio di un eufemismo. È ormai evidente che da 20 anni sulla sanità pubblica e nazionale tricolore più bella del mondo incombano le ombre e le tentazioni emulative dei senior brothers, che condizionano e fanno scuola. Quasi sempre a beneficio dei negazionisti e revisionisti nei confronti della testimonianza progressista. Chi non se ne fosse accorto (comprese le fasce del teorico opposto "campo" sinistroso o centrosinistroso, che quando e dove ha governato o fatto opposizione, ha assecondato questa deriva restauratrice), stiamo completando l'omologazione ad un sistema fatto, con code bibliche, accessi centellinati, prestazioni (al di là della lodevole dedizione di operatori sempre più vessati, umiliati, operativamente condizionati), sistematiche rinunce all'assistenza da parte dell'utenza fragile ed emarginata, crescente tendenza all'out of the pocket (pagamento cash al gestore privato, perché quello pubblico non pratica, per favorire la "sussidiarietà" privata, il servizio "solventi", men che meno per le degenze e le prestazioni specialistiche) di tattiche (se non di studiata volontà) di allineamento. Sarebbe sbrigativo e obiettivo parlare di linea rossa varcata e irreversibile. Ma siamo da tanto tempo in presenza di segnali di potenziali analogie di sentiments, a livello di sala regia, politica, istituzionale e gestionale. In Italia giocano favorevolmente i "precedenti" fatti sia di un storico aggregato di idealismi, fronti civili, sociali, politici di stampo equitativo e di curricula legislativi ed istituzionali completamente disgiunti se non addirittura antagonistici rispetto alla scuola privatistica, se non addirittura capitalista. Ma, ripetiamo, sarebbe colpevole un atteggiamento di "non pervenuto". Il modello liberaldemocratico praticato sotto l'ombrello della Costituzione repubblicana fu munito dall'accompagnamento di una estesa e forte partecipazione popolare, civile, sociale e politica. Di cui l'imponente riformismo dei diritti praticati dalla stagione del csx degli anni 60 e 70 fu la scaturigine. Riavvolta quella pellicola di eccezionale testimonianza (certo che non è disdicevole dire di lotte completate da azione parlamentare) collettiva, il fronte della "tutela" non solo si è attenuato ma addirittura si è sguarnito. Se non per le ricorrenti esternazioni demagogiche fatte sia dalla "sinistra" radicale e o di governo sia dai cosiddetti "corpi intermedi sociali" (nella cui declaratoria, insieme alla contrattualistica, rientrerebbe perfettamente la vigilanza sui diritti sociali. Invece si occupano preferibilmente di free Palestine, di gender...Già succede così (salvo eccezioni) sotto i cieli delle Trade Unions. Nei cui protocolli prestazionali non rientra la tutela di diritti fondamentali come la cura della salute. Per i non protetti ci sono le episodiche incursioni dei settori "socialisti" dei Democrats e del caro vecchio (...zz...ha la nostra età!) oncle Bernie, con cui la "nostra" (ovviamente per dire) Elly dovrebbe (pur non imparando niente) essere stata o essere in sintonia. Resta nel modello sociale a stelle e a strisce la prerogativa della class action ritenuta costante della dialettica comunitaria. Importante, soprattutto a livello mediatico sensazionale, per "pratiche" di scopo ma avulsa da qualsiasi inquadramento generalistico. Istituto che da noi (salvo qualche lodevole iniziativa dell'associazionismo consumeristico) non ha mai funzionato. Quando il vaso è troppo pieno...può succedere che l'acqua fuoriesca. È la conclusione (nostra) della fattispecie del "matto" che ha preso la pistola e... Gesto che, nonostante la severa analisi, non è, né istintivamente né ponderatamente, compreso nel nostro corollario. Si è parlato in questi giorni di mobilitazioni, di sollevazioni e di quant'altro evocasse una risposta “popolare” nei confronti di un equilibrio sociale non esattamente in linea con le nostre vedute ispirate da una socialità di giustizia ed equità.
Purtroppo, le cosiddette “facce feroci” sono finalizzate, anche sul fronte sindacale, all'esposizione mediatica. Mentre, come dimostra il deragliamento complessivo della socialità e di diritti fondamentali come sanità, istruzione, lavoro e casa, imporrebbero una testimonianza ispirata da un riformismo radicale (come diceva Matteotti).
Localmente, poi, la classe dirigente dotata di mandato di rappresentanza e i movimenti politici (di sinistra, in particolare) sembrano in tutt'altre faccende affaccendati. Quel che vogliamo conclusivamente dire, è che sul tema sanità, senza evocare sollevazioni, ci è difficile, se non impossibile, praticare posture zen.
Buongiorno Direttore, Le inviamo ancora una volta una nostra testimonianza in merito alla grave situazione della sanità nazionale e locale, spinti dalla consapevolezza che la costruzione di un nuovo ospedale a Cremona non farà che aggravare i costi/sprechi che ricadranno inevitabilmente su tutti noi.
Grazie sa vorrà informare i suoi lettori di questo nostro ulteriore impegno nel contribuire a far emergere le necessità reali della sanità, buona serata.
PS la lettera è a firma del "movimento", grazie.
La chiamavano sanità
Egregio direttore In più occasioni sulla stampa nazionale e locale, sia da parte di figure politiche e culturali, sia da parte di singoli cittadini, si evidenzia una volta di più la drammatica situazione in cui versa la Sanità pubblica non solo a Cremona ma ovunque. Manca personale. Si arriva a casi estremi. il 18 novembre alle ore 10 al pronto soccorso del Villa Scassi di Genova c'era un medico per gestire 100 pazienti..il rapporto Crea 2022 segnala la Mancanza di 15.000 medici e 250.000 infermieri. non ci sono soldi per le nuove assunzioni. Tutto rimandato al 2026 (forse). Secondo il sindacato Anaoo gli stipendi del settore sono i più bassi d'Europa. Questo spiegherebbe la fuga all'estero o verso strutture private di medici ed infermieri. Per il cittadino tutto ciò significa disagi estremi: liste d'attesa interminabili per visite ed esami diagnostici, pronto soccorso al collasso. Ci si cura a proprie spese ormai. Gli italiani nel 2022 per curarsi hanno sborsato di tasca propria circa 42 milioni di euro l'80% dei quali in studi medici e strutture private. 2 milioni di italiani rinunciano a curarsi per problemi economici. “i soldi sono finiti” dice il ministro Giorgetti. Nonostante ciò in Italia si è deciso di costruire nuovi Ospedali. Al nord Piacenza, Cremona, Desenzano, Trento solo per citarne alcuni. Ci si domanda perché, vista la situazione economica, invece di fare nuove costosissime strutture non si proceda con la riqualificazione dell'esistente dirottando le risorse risparmiate verso medici, infermieri ed adeguamento delle attrezzature con lo scopo di migliorare i servizi offerti al cittadino. Ma si sa l'edilizia è un settore trainante. Se poi i fondi sono pubblici al carro si attaccano in tanti. il faraonico progetto dell'OSPEDALE DEL FUTURO previsto a Cremona è figlio di una scelta imposta e mai condivisa coi cittadini e frutto di un accordo politico bipartisan a livello regionale. questa OTTAVA MERAVIGLIA DEL MONDO è una costruzione futuristica semicircolare che ospiterà anche attività commerciali, ricreative e ludico-sportive, asilo e biblioteca ed annesso un grande PARCO DELLA SALUTE con “recinti ove potranno pascolare gli animali “, il bosco delle farfalle, le arnie per le api, un laghetto,ed un percorso ludico - sportivo. Una struttura unica in in Italia che tutte le altre città avrebbero voluto ma che solo la buona stella (quella di Negroni?) e l'intercessione di S. Omobono hanno catapultato sui fortunatissimi cremonesi. Una provincia in costante calo demografico che dovrebbero esultare, perché baciata dalla buona sorte, senza perdere tempo nel porsi domande in merito ed accettare la SOSTITUZIONE (come viene ipocritamente chiamata la demolizione) del vecchio ospedale… che vecchio non è perché ha solo 50 anni. Ed invece il locale Movimento per la Riqualificazione dell'Ospedale qualche domanda se la pone Quanto costa questa nuova struttura? ? Ad oggi il costo stimato è di circa 330ML€ che alla data termine prevista (2031) sicuramente lieviterà non poco ? Quanto costa la riqualificazione dell'attuale Ospedale? - Non si sa! Non è mai stata indetta una gara per un progetto di riqualificazione. L'ASST ha sempre sostenuto (chissà perché) che riqualificare fosse più costoso. - Quanto costerà la manutenzione del grande PARCO DELLA SALUTE e di tutte le strutture ad esso connesse? ? Nel progetto non c'è nemmeno una indicazione di massima su tali costi il Movimento supportato anche da tecnici ritiene invece che sia possibile replicare nell'attuale presidio quanto previsto nel nuovo ospedale ottenendo un cospicuo risparmio maggiore di 150 ML€. Per questo chiede con forza alle competenti autorità ed a tutte le forze politiche locali e regionali che venga indetta una gara per un PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE che consenta un confronto serio e documentato tra RIQUALIFICARE o COSTRUIRE ex novo. In una fase storica in cui la Sanità Pubblica sta viaggiando verso un degrado inarrestabile (volutamente provocato da chi vuole trasformare la salute in un redditizio business privato) e con uno stanziamento di risorse sempre più esiguo, sarebbe gravissimo sprecare denaro pubblico che potrebbe invece essere utilizzato in altro modo.
Partito Deocratico o partito del cemento?
Majorino, Piloni, Soldo, Rozza, Casati, Astuti, Del Bono, Cominelli, Bordo, Borghetti, Galimberti-Azzali, Signoroni, Tadioli... e decine di sindaci, in una parola il PD locale (Cgil inclusa) e regionale fino al livello nazionale di Bonaldi, Sereni, Schlein: li abbiamo chiamati tutti, ciascuno per il proprio ruolo, con centinaia di telefonate e mail di
Presentazione e invio di documentazione.
Abbiamo concorso ad inquinare l'etere con questa messaggistica e ogni volta abbiamo appurato che il PD è il muro, la porta chiusa, l''assenza' fatta persona nella persona di ciascuno dei suoi esponenti proni all'acquiescenza a quanto deciso 'colà dove si puote', anche quando il deliberato tradisce mandato e programmi.
Siamo partiti dal consigliere Majorino che si è limitato a girarci (ott. 23) il numero di cellulare di Soldo, muto dopo il primo contatto, e poi avanti, forti della virtù dell'asino. Il risultato? L'incontro (sett. 24) coi consiglieri Piloni, Rozza, Borghetti valso solo a confermare l' 'assenza' di cui sopra. Rozza ha dichiarato “Gli ospedali vecchi sono ricettacoli di virus” e parlava del Maggiore che è il più giovane in Lombardia, Borghetti ha ripetuto ciò che ci a-veva già scritto ad agosto “Non conosco il progetto del nuovo ospedale ma lo approvo perchè per gli esperti un ospedale non vive oltre i 20-30 anni” e Piloni ha assentito.
Che ora Piloni (Blog Zanolli 21/11) lamenti l'impoverimento del SSN è fatto che vale una chiosa: ciascuno è libe-ro di menare il can per l'aia come crede, ma chi fa politica non può di offendere l'intelligenza altrui. Con raccol-ta-firme e comunicati fai solo propaganda, se, sordo a ogni appello, ti schieri col partito del cemento (di destra o di sinistra?) in difesa di progetti che drenano le risorse per alzare muri nuovi che certo non hanno mani per curare.
Salvi il SSN se dici no allo spreco dei soldi senza i quali muore la sanità pubblica e se agisci perchè l'unico ospe-dale che serve 200mila Cremonesi e Casalaschi abbia non inutili muri nuovi ma fondi e personale.
E fai politica solo se eleggi il dialogo a metodo per rispondere ai veri bisogni della collettività.
Se agisci fuori da questi paletti non agisci più politicamente e perdi legittimazione. Fuori da questi paletti non c'è politica ma solo 'terra di nessuno' dove vige il diritto del più forte, che è assenza del diritto e negazione della democrazia, quella di cui il PD si fregia anche nel nome.
Gianluca Franzoni - Rosella Vacchelli 'Comitato per la difesa della sanità pubblica e dell'Ospedale di Cremona.
Il diritto alla salute va difeso
Ho letto con interesse Focus sanità/31 pubblicato su Eco del popolo. Le lettere dei lettori e le relative riflessioni le condivido pienamente. Come ho più volte sostenuto il diritto alla salute va difeso e il SSN deve farsi carico di trovare fondi economici e personale medico ed infermieristico adeguati per le cure mediche agli ammalati. Oggi i più danarosi possono curarsi in strutture private, ma le prestazioni non sono all' altezza. Come hai constatato anche tu, nel privato viene privilegiato il business anziché il servizio. Vero è che una visita deve durare 15 minuti, confermato da un'amica medico, e spesso i referti sono imprecisi. Quindi meglio la struttura pubblica, purtroppo non siamo più all' avanguardia ma al default!!
Sono sempre stata per il confronto più che per lo scontro civile e sociale. Gli scioperi, anche se creano disagi ai cittadini, sono da sostenere. Poi la cittadinanza attiva deve lottare con manifestazioni e letture ai giornali dimostrando la verità dei fatti, la realtà che la società vive quotidianamente con difficoltà enormi.
C.L., 7 dicembre 2024, Vicenza
In evidenza
Se si sperimenta sulla propria pelle cosa vuol dire avere un SSN che non riesce più a far fronte al bisogno di salute e che arranca di fronte alla crescente domanda e alla diminuzione degli organici... Medici e paramedici sono sottopagati. Pochi vogliono intraprendere le professioni.
Il SSN va ripensato a 40 anni dalla riforma. La spesa privata è costantemente in crescita, un cattivo segnale per il rating di un sistema impostato sul diritto universalistico. Rifondare significa investire sul nostro futuro, mettere in sicurezza la stabilità sociale.