A Crema, presentazione del diario di guerra di Daniele Delfanti
Nicolò Govoni torna in tour a Cremona
Nicolo Govoni protagonista dell'incontro dal titolo "La scuola del futuri", il 13 novembre alle ore 19.45 nel teatro Filodrammatici.
Nel corso dell'incontro, a ingresso libero con richiesta di prenotazione, il CEO di Still I Rise svelerà i risultati del rivoluzionario Metodo Educativo applicato nelle scuole dell'organizzazione e il modo in cui può rappresentare un cambiamento concreto per tutto il mondo. Tra il 10 e il 18 novembre il tour toccherà anche Rimini, Milano, Aosta e Bologna.Tutti i bambini e le bambine meritano un'istruzione di altissima qualità, ma questa è accessibile solo allo 0,1% dei minori al mondo», dichiara Nicolò Govoni. «Ribaltare questa equazione è però possibile ed è ciò che stiamo già facendo nelle scuole Still I Rise: nel corso di questo tour racconterò come lo facciamo e perché democratizzare l'accesso a un'istruzione di questo livello anche all'interno della scuola pubblica è fondamentale e quanto mai urgente».Nicolò Govoni dedicherà uno spazio anche al nuovo libro “Altrove”, in uscita il prossimo 24 novembre e disponibile in anteprima in occasione dell'evento. Il libro è pubblicato sotto Still I Rise - Edizioni, il primo marchio editoriale in Italia co-gestito da un'organizzazione umanitaria internazionale e operativa in ambito educativo. Il ricavato della vendita sarà devoluto al sostegno dei progetti educativi dell'organizzazione.
Il libro "Altrove"
Cremona è una piccola cittadina in cui non accade mai nulla, o così si raccontano i suoi abitanti. Ma quando il fiume Po rigurgita i corpi senza vita di tre bambine, la pace è rotta e parte la caccia alle streghe.
La gente non ha dubbi: gli immigrati hanno invaso le piazze, la stazione dei treni e gran parte della periferia: l'assassino non può che essere uno di loro. Poi, però, una delle bambine uccise, o qualcuno che le somiglia terribilmente, torna a bussare alla porta di casa, e la città sprofonda nel panico più totale. Sarà il Commissario Abbandonato a dover risolvere il caso, facendo i conti con l'ossessione che prova nei confronti di Donna, la madre della bambina scomparsa, e con l'amicizia che per tutta una vita lo ha legato a Mamadou, il principale sospettato.
Nicolò Govoni torna nella sua terra natia con un romanzo che indaga uno dei temi che più gli stanno a cuore, quello dell'altro e dell'altrove. Un romanzo che pone quelle domande che, prima o poi, tutti noi ci siamo posti nel corso della vita: qual è il nostro posto nel mondo? Si può davvero appartenere a un luogo o solo ad altre persone? E cosa fa di noi un "noi", mentre un "loro" di tutti gli altri?
Note sull'autore
Nicolò Govoni, classe 1993, è uno scrittore e attivista per i diritti umani, Presidente e CEO di Stili I Rise. Cresciuto a Cremona, a vent'anni si è unito a una missione di volontariato in India, dove ha vissuto per quattro anni laureandosi in giornalismo. A venticinque anni ha fondato Stili I Rise, un'organizzazione umanitaria indipendente che apre scuole per i bambini più vulnerabili tra Grecia, Nord Ovest della Siria, Kenya, Repubblica Democratica del Congo, Yemen e Colombia. Stili I Rise è la prima no-profit al mondo a offrire gratuitamente il prestigioso percorso di Baccalaureato Internazionale ai profughi. Nel 2020 Nicolò è stato nominato al Premio Nobel per la Pace e nel 2023 anche l'organizzazione da lui fondata ha ricevuto la stessa nomina. Attualmente vive e lavora a Nairobi. Con Rizzoli, ha pubblicato Bianco come Dio (2018), Se fosse tuo figlio (2019), Attraverso i nostri occhi (2020), Fortuna (2021), Ogni cambiamento è un grande cambiamento (2022).
Riaprire i Navigli di Milano
Carissimi,
l'Associazione, nonostante la calma piatta delle istituzioni, continua a ritenere che il progetto per la riapertura dei Navigli a Milano e per la riqualificazione dei Navigli della Lombardia sia assolutamente prioritario, da tanti punti di vista: ecologico, ambientale e persino economico.
Come abbiamo sempre detto: un investimento produttivo e non un costo, come insegnano i danni dell'esondazione del Seveso in questi giorni.
L'Associazione continua a lavorare: promuove convegni, organizza manifestazioni per sensibilizzare l'opinione pubblica, continua a operare per sollecitare l'intervento delle amministrazioni locali.
Gestisce il proprio sito e le pagine social, mantiene rapporti con la stampa pubblicando periodicamente propri articoli.
Tutto questo ha un costo, così come hanno un costo i programmi che abbiamo in mente di realizzare per il 2024.
A questo proposito, a nome di tutto il Direttivo, vi chiediamo, allo scadere del 2023, di rinnovare la vostra adesione per sostenere questo progetto.
Come sai puoi diventare Socio dell'Associazione versando 50 euro al seguente IBAN: IT44X0306909606100000159121.
Naturalmente sono possibili donazioni libere.
Con l'iscrizione riceverete in omaggio un libro dell'Associazione.
Ringraziandovi anticipatamente, vi porgo cordiali saluti.
Associazione Riaprire i Navigli
Viale Monza, 170 - 20127 Milano
Tel: 02.20 24 05 85
Sito: www.riaprireinavigli.it
Email: riaprireinavigli@gmail.com
Casale Cremasco-Vidolasco, commemorazione del 'IV Novembre': il discorso del Sindaco
Ringrazio tutti voi per avere accolto l'invito dell'amministrazione comunale di celebrare insieme la ricorrenza del 4 novembre. Ringrazio il parroco don Giambattista Scura che ci ospita e condivide con noi la cerimonia, una conferma della collaborazione fattiva esistente tra comune e parrocchia.
Ringrazio il brigadiere Paolo Gionfriddo della stazione dei carabinieri di Camisano, in rappresentanza dell'Arma e delle Forze armate. La giornata di oggi è dedicata a loro e all'unità nazionale. Il 4 novembre 1918 si concludeva una guerra durata quattro anni e costata all'Italia 650 mila morti. Da solo, questo dato era più che sufficiente per percorrere senza esitazioni la strada della pace ed evitare guerre future. La storia ci dice che non è andata così. Una ventina di anni dopo la fine di questa guerra un altro conflitto si prendeva la vita di 472 mila nostri connazionali.
Al termine della carneficina veniva scritta la Costituzione della Repubblica. L'articolo 11 si occupa del tema della guerra. Il testo è molto preciso: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». Questo solenne impegno non ha evitato all'Italia di essere coinvolta in conflitti internazionali pagati con il sangue dei nostri militari. Trent'anni fa a Mogadiscio, vent'anni fa a Nassirya, diciannove anni fa in Afghanistan abbiamo piantato le croci dei nostri connazionali. Non sono gli unici posti dove abbiamo pianto per la morte dei nostri militari, ma solo i più noti. Anche oggi, in questo momento, molti soldati italiani si trovano in zone di guerra e rischiano la vita. La pace è ancora lontana, ma non dobbiamo commettere l'errore di pensare che sia un miraggio. Un'utopia. Non dobbiamo arrenderci. Dobbiamo, invece, crederci, con forza e passione. Dobbiamo essere convinti che sia un obiettivo raggiungibile. Difficile, estremo. Dobbiamo arrivare alla meta con costanza e sacrificio. La pace non si conquista da soli. E una conquista di questo tipo non può essere personale. In un mondo globalizzato, con interessi economici che coinvolgono più stati, è impensabile, ma soprattutto impossibile rimanere estranei ai conflitti internazionali. Siamo in Europa, siamo nella Nato, siamo legati indissolubilmente all'economia il cui andamento non può prescindere dalle guerre in corso.
La guerra ci insegue, ci trova, ci perseguita, ci penalizza. Ci fa sentire i suoi effetti sui banchi del mercato, alla pompa della benzina. Ci mostra la sua assurdità con le immagini di morte e di distruzione, di bambini mutilati, di violenza. Di corpi straziati. E le file di profughi ne testimoniano l'insensatezza e la disumanità dei conflitti armati. Alcuni mesi fa, in occasione di un dibattito sulla guerra ho letto una dichiarazione di un rappresentante dell'Onu. L'ho trovata straordinaria e attualissima nonostante il funzionario delle Nazioni unite l'abbia pronunciata oltre vent'anni fa.
Vorrei oggi condividerla con voi ed invitarvi a riflettere. Le guerre cominciano nella testa delle persone: guerrafondaio è chi percepisce la diversità come minaccia, e non come elemento di arricchimento e di crescita nella civiltà. Il dialogo va impostato tra due civiltà: quella che crede nella diversità e quella che ha paura della diversità. Non si dialoga con l'imparzialità, ma con la capacità di difendere i principi in cui si crede. Io aggiungo, che non esistono guerre di religione. La religione serve per giustificare aspetti sociali, economici e politici. E qui potremmo aprire una discussione sul neoliberismo selvaggio e quello che esso comporta, ma non è né il momento, né il luogo. Possiamo però sottolineare che i motivi sociali sono strettamente legati all'economia. Pertanto possiamo affermare, con una generalizzazione accettabile, che la guerra nasce e prosegue per motivi economici e politici. Per motivi di soldi e potere. Altre motivazioni servono per tacitare la coscienza e giustificare morti, feriti, dolore. Noi crediamo nella pace. Difendiamo la pace. Lavoriamo per la pace. Ci impegniamo per la pace.
Non solo con la testimonianza, ma anche con la concretezza. Dire sono pacifista, partecipo alla marcia per la pace, espongo la bandiera della pace non è sufficiente. Occorre essere portatori di pace nella vita quotidiana. Lottare per la pace. Dobbiamo essere portatori di pace nei rapporti interpersonali e con le istituzioni. Con il confronto leali e privo di pregiudizi Con l'ascolto. Ricordiamoci che le guerre hanno le loro radici nell'egoismo. Si nutrono di cupidigia e coercizione. E sono tutte ingiuste. Non credo sia utile affrontare il problema della guerra con la ricerca di chi abbia ragione e chi torto. In questo modo si creano altre contrapposizioni, che invece di portare ad una soluzione dello scontro, lo amplificano. Lo radicalizzano e rendono la pace impossibile. Occorrono, invece, dialogo e confronto. Dobbiamo schierarci con la pace, senza se e senza ma. Con un'unica certezza: la pace si raggiunge solamente se si coinvolgono gli altri.
«Nessun uomo è un'isola» non è solo il fortunato e famoso di una lirica di John Domme o il titolo di un libro di Thomas Merton, È un dato di realtà certificato da antropologia e sociologia. E allora se non siamo un'isola, vi esorto ad essere portatori di pace ogni giorno. Incominciamo in famiglia, sul lavoro, nella nostra comunità. Oggi è la giornata dell'unità nazionale, festeggiamola con il proposito di iniziare ad essere uniti fra noi. È un piccolo passo, ma tutte le grandi conquiste iniziano con piccoli passi. È anche la giornata delle forze armate e allora rendiamo omaggio a tutti quegli uomini in missione di pace, che negli ultimi anni sono morti in paesi lontani. Vi lascio con l'esortazione la stessa che viene ripetuta ad ogni celebrazione della santa messa. Scambiamoci un segno di pace. Ma non basta una stretta di mano. Perché la pace è fatica, sacrificio. Determinazione.
Viva l'Italia. Viva la pace.