Riceviamo dalla nostra lettrice e sollecita fornitrice di buoni spunti di denuncia e riflessione, Paola Tacchini, un contributo che è particolarmente interessante ed apprezzabile, in quanto viene dalla “trincea”. Paola, infatti, si trova (per quanto l'impressione visiva non direbbe) nella condizione di “paziente oncologico”. In grado, quindi, di testare più di ogni altra testimonianza per sentito dire lo stato di sofferenza della nostra sanità e della nostra struttura ospedaliera territoriale. Che, a dispetto delle “rassicurazioni” dal fronte dei diretti responsabili e dell'interessato aggregato di absoldentes, justificantes ed impenitenti laudatores (la compagnia di giro impinguata dalle complicità della politica governante, dell'informazione di regime, dei candidati a ruoli nella nomenklatura dei corpi sociali intermedi), è quella descritta da una delle poche voci libere, rimaste sul mercato della testimonianza civile.
Anche noi, fortunatamente portatori di un minor rating di acuzie clinica, da almeno un paio d'anni siamo alle prese con un nostro personale percorso di follow up, fin qui, forse a causa di non ancora certificati alti rischi, poco considerato sul piano della tempistica.
Tempi, invece, più congrui, quasi telegrafici, abbiamo riscontrato nella filiera curativa di uno degli acciacchi correlati all'appartenenza alla fattispecie dei baby boomers.
Il che non discende dal riscontro di circostanze in contraddittorio con una tendenza, che è percepibile dall'universo mondo (ad eccezione degli struzzi e di chi per interesse non vuol vedere e sentire); bensì dal fatto che certi reparti ospedalieri, per la loro specificità, non sono assoggettabili alla canalizzazione nella prioritaria filiera antipandemica. Il reparto acceduto era eccellente prima e, nonostante, gli “splendori delle ultime due direzioni del ciclo “aziendalizzato”, resta eccellente. Al punto che catalizza un flusso di un'utenza extraterritoriale, che stimiamo significativa. Il che dimostra due cose. La prima è che quando i reparti ospedalieri non vengono vandalizzati ad esclusivo beneficio della sanità capitalistica e i relativi organici medici e paramedici non vengono vessati e disincentivati, è possibile che continui una tradizione di buona sanità in house. La seconda è che, di fronte a tale conclusione incontrovertibile, non è più rinviabile il ritorno ad una postura civica “vertical”, da parte dell'opinione pubblica e della cerchia di investiti di mandato (istituzionale o sociale, che sia).
Una rondine (il nostro buon riscontro) non fa primavera, nell'inverno di quell'irreversibile decadimento del livello prestazionale delle strutture mediche e ospedaliere territoriali.
Ci rivolgiamo alla politica ed agli eletti in qualsiasi livello istituzionale, locale e/o regionale e nazionale, per un monito/endorsement: prima che sia troppo tardi, assumetevi le vostre responsabilità e fate in modo che la spirale dello sfascio sia arrestata ed invertita.
Questo stato di cose, come da anni denunciamo, è frutto della spinta controriformista; che ha trovato nell'estrapolazione dai gangli del sistema pubblico della compartecipazione istituzionale del territorio e nella conversione del modello di controllo e di indirizzo partecipato in un modello di direzione oligarchia, guidata dal rapporto referenziale col dante ruolo, l'humus adatto.
Usque tandem questa spoliazione delle prerogative e dei diritti della sanità territorializzata e del controllo dal basso? Ce lo chiediamo da anni. Se lo devono, di fronte alle evidenze, chiedere gli investiti di mandato elettivo. Le evidenze, per i nosocomi del nostro territorio, sono esattamente quelli descritti con aderenza ai fatti ed al coraggio civile da Paola Tacchini. Già, per anni gli embeddeds del sistema hanno controfattualmente glissato (forse perché non messi alle strette). Da due anni praticano tattiche di sviamento e promesse compensative mirabolanti (come il nuovo ospedale).
La vera questione è che è continuata troppo a lungo la pratica del decommissioning del notevole ospedale che fu; attraverso la polarizzazione delle degenze, la messa in condizione di valenti primari e medici di convertire la loro professionalità altrove, la cancellazione di alcuni servizi, la violazione della tempistica delle prestazioni nosocomiali (che nella sostanza coincide con una decurtazione dei reparti).
Si è iniziato (poco prima della pandemia) col TIN. Si è proceduto e si procede con il taglio delle prestazioni oncologiche (follow up, prevenzione e cura), con la tendenziale soppressione dell'Area Donna.
Piange il cuore vedere come funziona l'ospedale che fu di Priori, Galliani, Majori, Cottarelli.
Prendersela coi i vertici monocratici, di impronta mercenaria, serve a poco (anche quando vengono incardinati da Governatori sulla base di requisiti in cui non si sa se prevalga l'accertamento effettivo di professionalità o la sintonia con cui si suona la stessa musica).
Il cambio di fase non può non passere e non può non essere conseguente da una seria testimonianza civile.
Tramonto sull'Area Donna
Segnali significativi si sono visti già nel 2021.
Prenotazione di una mammografia di controllo a febbraio eseguita a settembre. Abituata a sedermi accanto ad altre donne, con le quali in passato, spesso si aveva modo di relazionarsi e consolarsi, mi sono ritrovata in una sala d'aspetto pressoché deserta.
Parlando con il personale presente, sempre disponibili ad ascoltarci e rassicurarci, ho visto anche il loro sgomento, e spesso alle nostre domande su future diagnostiche le risposte erano vaghe.
Abbiamo cercato di segnalare il pericolo di questa mancanza di servizio per noi pazienti senologiche, facendo anche una trasmissione dedicata all'argomento, sull'emittente locale #Telecolor il 6 novembre, con ospiti in studio l'ex Primario Giovanni Dottor Allevi e il Consigliere Regionale Marco Degli Angeli. Sembrava si fosse una volontà di ascolto quando il 19 novembre 2021, in aula magna dell'ospedale cittadino, c'è stato un incontro voluto dal Rotary, generosi sostenitori con macchinari, computer e ausili vari in utilizzo nella Brest Unit.
Ospiti tutti i primari di pertinenza (senologi, oncologi, radiologhi, chirurghi) oltre al sindaco, assessori e consiglieri anche di minoranza e naturalmente allo stesso direttore generale. Ero presente all'incontro, nella veste di paziente, e ho ascoltato attentamente tutti gli interventi, prendendomi appunti. Cito il sunto del discorso (meramente di facciata) del Direttore Generale:
"Arrivato nel 2019, noto il reparto Brest Unit una sorta di "First Class" di questo ospedale, grazie anche alle generose donazioni di pazienti da noi curati (es. ROTARY)... L'area Donna è una eccellenza riconosciuta anche dalla Certificazione EUSOMA, non solo nell'ambito della cura, ma anche della accoglienza e della elevata capacità professionale del personale... Le donne (intese come pazienti) si devono sentire "coccolate"..."
A dicembre siamo tutti più tranquilli e fiduciosi... forse, piano piano, riusciremo a tornare alla normalità.
Le tre radiologhe (fatte andar via in vari modi) sono sostituite da un bravissimo nuovo medico, preso dal presidio ospedaliero di Oglio Po per tre giorni a settimana, ma non è abbastanza per tornare alle 40 mammografie giornaliere del 2019, ci si deve accontentare di una 20ina a settimana, purtuttavia confidiamo in nuove assunzioni (così fanno ipotizzare alcune voci di corridoio).
Escono articoloni sul giornale cittadino che lodano l'efficacia della Brest Unit e ben 4 trasmissioni dedicate su un'altra emittente cremonese.
Rispettivamente il 18, il 25 gennaio, l'1 e l'8 febbraio, sono ospiti in studio o in video call 4 primari ospedalieri: il radiologo, l'oncologo, il chirurgo plastico e il radioterapista.
Tutti concordi nel parlare di una grande sinergia fra di loro e di voler lavorare al meglio vista oltretutto l'elevata incidenza di questo tipo di tumore alla mammella, con una percentuale maggiore rispetto ad altre aree lombarde.
Peccato che questa ultima settimana ho ricevuto diverse segnalazioni da pazienti con in atto terapie o follow up, che si sentono rispondere che devono andare a farsi fare diagnostiche altrove. Ultimo segnale, appuntamenti fissati da tempo annullati, spostamento di chemioterapia da area Donna al reparto di oncologia che raccoglie qualunque tipo di paziente. Questo comporterà una rotazione casuale del personale che farà perdere a noi donne quel precedente importante riferimento e senso di partecipazione che si aveva, me tre si era accompagnate in questi momenti difficili.
Non siamo più persone con un nome o una storia, siamo codici numerici e curarci è solo una questione di business. Questo grazie ai decenni di malasanità voluta dalla regione Lombardia, autonoma in queste scelte.
Cosa possiamo fare? Ad ogni problema, mancanza di risposta, impossibilità diagnostica, carenza di cura per la quale precedentemente avevamo accesso, dobbiamo segnalare per iscritto all'URP (Ufficio Relazioni Pubblico)... sommergiamoli di lettere, e inviamone una copia anche All'Assessore di regione Lombardia.
Verba volant Scripta manent...sed... Facta Valent
Paola Tacchini