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Dossier: quale sinistra?

Contributo di Evelino Abeni

  25/01/2020

Di Redazione

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È stato colto con evidente interesse lo spunto partito dalla nostra testata e rivolto all'ancor vasto bacino della cultura politica della sinistra, lato sensu definita, sull'utilità di aprire un confronto sul ruolo e sulle prospettive di questo campo.

Come abbiamo osservato nel dossier dedicato più specificatamente alla riorganizzazione della comunità socialista territoriale, che si troverà nuovamente a discutere della questione oggi a Crema, l'unica chance è rappresentata dalla volontà di dar vita ad un nuovo soggetto della sinistra. Che non sia, aggiungiamo noi (con riferimento al progetto vagheggiato da Zingaretti), un artificio per tenere in piedi le velleità egemoniche di un'oligarchia autoreferenziale fortissimamente interessata ad esercitare i ruoli gestionali. Ma che sia, invece, il risultato di una profonda discontinuità di contenuti e di approcci associativi.

Ma che sia, invece, la testimonianza a sinistra dell'impulso di veleggiare a mare aperto.

La nostra riflessione ha colto non impreparati coloro che non si sono rassegnati al declino della sinistra e che reputano ancora possibile uno stacco di reni.

Qui riprendiamo il contributo sul tema di Evelino Abeni, noto esponente della vita politica cremonese nelle fila del PCI con un excursus di rilievo: segretario della Federazione Provinciale, vicesindaco di Cremona nella giunta Zanoni e successivamente Consigliere Regionale per due legislature.

Ho guardato con interesse (e piacere) gli interventi dei socialisti cremonesi apparsi su queste colonne circa le prospettive della sinistra italiana ed in particolare i rapporti con il Partito Democratico. Non voglio interferire nel loro merito, ma esprimere almeno soddisfazione nel vedere affermata – più che un desiderio – la volontà di concorrere a costruire una effettiva unità della sinistra italiana. Dar vita finalmente, dunque, ad un nuovo soggetto politico nel quale, a buona ragione, i socialisti – anche per i loro valori fondanti – debbano poter far parte. Affermata tale volontà (che deve essere non solo da chi proviene dalla tradizione socialista ma anche da quella di chi proviene da quella del comunismo italiano, congiuntamente a tutte le forze ed i movimenti di ispirazione democratica ed antifascista) si tratta di vedere quale percorso intraprendere per raggiungere l'obiettivo. Vedo emergere, al riguardo, diverse opinioni/opzioni. Due, però, mi paiono quelle principali. Quella di chi ritiene si debba convergere sulla posizione espressa da Zingaretti per dar vita ad un nuovo soggetto politico, che superando l'attuale assetto del PD, si apra alle “persone” e a tutto quello che di nuovo si sta muovendo nella società italiana. E quella di chi ritiene possa meglio rispondere a tale esigenza una sorta di “costituente”, cui prendano parte – impegnandosi in un confronto su contenuti programmatici – tutti i soggetti (politici, sociali, culturali, ambientalisti) interessati al conseguimento di tale obiettivo. Posizioni entrambe rispettabili, a parer mio, purché si abbia ben presente che una tale operazione non possa, non debba prevedere tempi troppo dilatati per la sua realizzazione. Non è il caso, infatti, che io sottolinei qui le urgenze che la situazione italiana (e non solo italiana) ci evidenziano. E di fronte ad una destra sempre più agguerrita, “sfascista”, sovranista ed incapace (al di là di altisonanti e puramente propagandistiche affermazioni demagogiche) di prospettare ed attuare scelte progressiste che abbiano credibilità. Si debbono evitare, inoltre, alcune contraddizioni nella costruzione dell'auspicato processo unitario, come quella di chi chiede a Zingaretti un effettivo coinvolgimento di tutti gli interessati nella elaborazione dei contenuti programmatici e delle forme organizzative del nuovo soggetto politico cui si vuole dar corpo e – nel contempo – rimproverare Zingaretti di non dare ancora, lui, tutte le risposte ai problemi che si pongono. Ha certamente ragione chi sostiene che la sinistra italiana ha bisogno di contenuti ancor più che di nuovi contenitori, ma anche questi sono necessari per individuare sedi, luoghi in cui produrre elaborazione ed iniziativa. Non riesco a credere (e ne sono dispiaciuto) che l'attuale situazione dei contenitori nella sinistra italiana (con l'eccessiva frammentazione in orti ed orticelli “politici”) sia in grado di produrre elaborazione di contenuti all'altezza dei bisogni che la situazione ci pone di fronte. La questione dell'unità della sinistra va affrontata con maggiore determinazione di quanto si è fatto finora, recuperando anche quell'anima, quella idea di società che la sinistra non può non avere nei suoi connotati. Anima che non deve essere disgiunta, però, da realismo. Un realismo che non può non indurci a vedere che questo processo debba misurarsi innanzitutto con la proposta di Zingaretti, purché il PD manifesti non soltanto nelle affermazioni ma nei fatti la volontà di aprirsi ad altre forze, ad altre sensibilità, per divenire, più che un nuovo partito, un partito nuovo. Se si difetta in materia di realismo, si corre il pericolo di far fallire un'operazione non certo facile ma necessaria. Facendoci correre il rischio di rimanere per un bel po' di tempo a “pettinare le bambole”, per usare una espressione bersaniana. Io non sono entrato nel PD e non sono disponibile ad entrarvi ora, per così com'è nella condizione attuale e per le ambiguità e le reticenze che ancora manifesta su taluni problemi. Ma ad un discorso di profondo rinnovamento come è quello che pare intenda portare avanti Zingaretti, quale percorso per la costruzione di una unità a sinistra sono – nonostante la mia non giovane età – molto interessato.

EVELINO ABENI

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