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"Buona" memoria. Combattiamo l’indifferenza, impariamo ad osservare, aiutiamoci a testimoniare

Il titolo, ovviamente, è nostro; mentre il sottotitolo è stato preso a prestito dalla conclusioni di Riccardo Scaglioni, studente dell’ITIS J. Torriani di Cremona

  30/01/2018

A cura della Redazione

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Al di là di questa insiemistica un po' temeraria, forse stanno bene insieme e rappresentano l'incipit ed il titolo di coda del senso dell'iniziativa del Panathlon di Cremona, per celebrare la “giornata della memoria”.

L'aggettivo “buona” è bivalente. Nel senso che la nostra memoria lo è e non intendiamo assolutamente uniformarla al contesto attuale fatto di tentativi di riscritture e, nel migliore dei casi, di rassegnazione. Ma buona, soprattutto, è la mission di questa giornata che vuole rievocare, a settantatre anni di distanza, l'evento di quel 27 aprile 1945. Giorno in cui, con l'entrata del primo reparto della LX Armata del generale Kurockin del 1° Fronte Ucraino del maresciallo Ivan Konev[ nel campo lager di Auschwitz, venivano restituiti alla libertà ed alla dignità umana 7.000 prigionieri ancora in vita. Una sorta di semilavorato, un residuo dell'inconclusa (anche se abbondantemente avanzata) “soluzione finale”. Sarebbe difficile sostenere che quei 7000 esseri (diversamente dagli sfortunati soccombenti stimati 1.100.000) strappati alla morte potessero essere compiutamente definiti degli esseri viventi (come anni dopo avrebbe dimostrato la vicenda di Primo Levi). L'ingresso dell'Armata Rossa nel lager polacco, oltre al conseguimento di un decisivo snodo militare ed umanitario di grande impatto simbolico, avrà il merito di consegnare alla storia la fattualità di tutto quanto aveva forse costituto, in aggiunta agli istinti annessionistici del nazismo, il core businnes di quei cinque anni di guerra insensata ed atroce.

Da quell'evento, che avrebbe preservato dal dissolvimento le fonti fisiche e documentali di quella immane tragedia umana e con esse la possibilità di testimoniarla, sarebbe scaturita (risoluzione 60/7 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria) la “Giornata della memoria”. In Italia avrebbe avuto effetto a seguito della LEgge n°211 del 20 luglio 2000. La sua ricorrenza nel 2018 a Cremona si è snodata lungo un intenso e significativo programma, articolato in una trentina di iniziative. Che hanno virtuosamente coinvolto istituzioni territoriali, biblioteche, associazioni, singoli cittadini, artisti e, soprattutto, il mondo della scuola.

Di ciò va dato merito ai loro promotori, come alla folta partecipazione.

Non certo per clonare la cronaca della carta stampata, ma sicuramente per fornire il senso di una vastità di impegno, apprezzabile e feconda, forniamo qui un quadro riassuntivo di quanto è avvenuto in tutta la provincia. Che dà convenientemente la percezione di una volontà ormai corale di fare della Giornata della Memoria una ricorrenza/apice di un modulo di imprescindibile testimonianza civile.

Difficile sarebbe essere più dettagliati. Ci limitiamo a citazioni stringate, ma non di meno doverose, di multiformi espressioni celebrative; che dicono sufficientemente del pluralismo di apporti e dell'inventiva messi in campo per una degna e feconda celebrazione.

Abbiamo annotato la performance dei “Casalmattori” che nella cittadina casalasca hanno interpretato brani del diario di A. Frank. L'aula magna dell'Istituto Romani è stata trasformata nel rifugio segreto di Anna Frank.

A Bonemerse quarta e quinta della primaria han dato vita allo spettacolo “Il violino sopravvissuto” con brani musicali e letture tratte da “Il violino della Shoa”; mentre a Ostiano è stato aperto per le visite il settore ebraico del cimitero locale (iniziativa questa analoga a quella del Comune di Monticelli d'Ongina). Cingia dè Botti ha onorato la Shoa con la mostra “Disegnare la Shoa”. Pescarolo ha organizzato una fiaccolata ed onorato la targa alla memoria del suo cittadino Rosolino Masseroni, deceduto a Gussen.

A Castelleone, nella Sala Leone, esibizione di GV Band imperniato su “L'uomo del treno” di Fabrizio Altieri.

Molto fitto il calendario celebrativo di Soncino una cittadina, che affonda le proprie radici culturali nella testimonianza della comunità israelitica. A cura di Pro Loco, Casa dello Stampatore e Fondazione Perlasca, si è svolta presso il Museo una serata che ha posto l'accento sulla storia del “giusto” Giorgio Perlasca.

Vaiano ha allestito un riuscito corteo studentesco della pace, con cui si è voluta ricordare la figura dell'imprenditore ebreo Giuseppe Fiano, internato ad Auschwitz.

Grande dispiegamento di energie feconde anche a Crema Città. Dove si è svolto un programma, sviluppato con una cerimonia presso il Famedio di Piazza Istria e Dalmazia, con una conferenza con la partecipazione di quattrocento studenti presso l'aula magna dell'università imperniata sulla figura di Perlasca, con letture e brani musicali presso la Scuola Media Galmozzi.

Merita particolare sottolineatura l'iniziativa che ha raccolto, per iniziativa della signora Elisa, presso la Biblioteca scolastica di Via Marconi un bel gruppo di piccoli scolari pizzighettonesi accompagnati dai genitori. Una bimba ha commentato il diario di Anna Frank; mentre Giuseppe Azzoni dell'ANPI ha contestualizzato, ovviamente con un linguaggio congruo alle possibilità percettive dei partecipanti, la giornata celebrativa.

Anche nel capoluogo il fervore celebrativo ha lasciato il segno. In sala Manfredini del Civico Museo si è dato vita, a cura degli allievi della Scuola Campi e di Noteinsieme, ad uno spettacolo di brani musicali e di letture. L'Associazione EmmeCi ha allestito in Sala Rodi un racconto dedicato alla Shoa.

Degno di particolare menzione l'evento allestito da Archivio di Stato ed ANPI, articolato in una conferenza ed in una mostra curata da Coppetti, dedicato al memoriale di Libero Accini, internato a Dachau. Il botto delle celebrazioni si è avuto con l'iniziativa di testimonianza, cultura ed arte presso l'auditorium del Museo del Violino. Con cui è stata data voce a chi la voce era stata tolta con l'internamento nei lager e la soppressione. Con l'impareggiabile lettura dell'attore Dario Cantarelli e con le corde del Violino della Shoa. Anche i sodalizi privati come la Società Filodrammatica Cremonese non hanno mancato l'appuntamento. Nel teatro gioiellino di Piazza Filodrammatici la Shoa è stata rievocata con “l'ora blu della fiaba”, un omaggio a Ilse Weber, infermiera pediatrica morta ad Auschwitz.

Diciamo subito, senza nulla voler togliere a quelle che sono seguite, che la prima tenutasi allo stadio Zini di Cremona si è rivelata di grande valore; giustificando pienamente quel nostro benaugurante “buona memoria” del titolo. Con cui anche col rimando al beethoviano “Inno alla gioia” interpretato dall'ensemble del Liceo Musicale A. Stradivari, ci è parso possibile alleggerire quel condensato di preoccupazioni, di funeste consapevolezze, di frustrazioni ogni giorno presenti nei nostri pensieri e nel nostro stato d'animo.

La bella (altro aggettivo, ne siamo convinti, inappropriato per una siffatta ricorrenza ma congruo ad esprimere l'auspicio che ne abbiamo alla fine tratto) pagina di testimonianza, scritta nel tempio della attività agonistica per eccellenza, fa assumere alla rievocazione un particolare significato. In quanto, in un contesto di vasta partecipazione civile ed istituzionale per alcuni versi scontata, ha dimostrato di voler fondare i propri perni nel mondo dello sport e della scuola. La cui testimonianza restituisce fiducia nella possibilità di rimettere sui giusti binari le consapevolezze di una temperie non esattamente incoraggiante.

Diciamolo francamente; si tratta di due mondi da cui, ogni giorno che il buon dio manda sulla terra, promanano imperturbabilmente segnali preoccupantissimi, destinati a moltiplicare gli effetti emulativi di una sovraesposizione mediatica indugiante su esempi negativi.

La manifestazione ha, sotto tale punto di vista, fornito l'occasione per richiamare e sottolineare una sequenza di fatti avvenuti nelle locations sportive: le decalcomanie spregiative di Anna Frank dei tifosi Laziali a dileggio dei Giallorossi; l'imbecillone attaccante che nello stadio di Marzabotto (Marzabotto!), dopo il goal, saluta romanamente ed esibisce la maglietta effigiante l'aquila della RSI; l'individuazione degli inceneritori dei lager come auspicabile abitazione dell'avversario sportivo.

Ma lo sport non è questo! L'hanno sottolineato i rappresentanti del Panathlon, l'organizzatore dell'evento, Gigi Torresani ed il presidente Giovanni Radi. Il primo ha ricordato che, durante la seconda guerra mondiale, 60.000 sportivi praticanti attività agonistiche furono oggetto di persecuzioni; perché ebrei, rom, contestatori politici, “asociali”.

Nei campi di internamento hanno affrontato la loro condizione traendo dai valori sportivi l'ispirazione e la consistenza del loro opporsi a chi voleva sterminarli.

L'oratore ne ha ricordati alcuni: Alfred e Gustav Felix, ginnasti tedeschi ebrei; Judeike Simons ed Helena Nordheim, Anna Polak, ginnaste cecoslovacche; Rukelie Trollmann, pugile tedesco di etnia sinti; Max Scheurer, calciatore austriaco; Eddy Hammel, calciatore olandese; Roman Cantoz, nuotatore polacco; Ilya Szribran, schermidore polacco; Oscar Gerde, schermidore ungherese; Arpad Wejsz, calciatore ed allenatore ungherese (tre scudetti conquistati in Italia negli anni trenta). Tra questi anche Vittorio Staccione, che praticò anche il prato verde dello Zini.

Cui, ha ricordato Torresani, tre anni fa Cremona dedicò la lapide, opera del professore Mario Coppetti, installata nello stadio. Per la cronaca, l'artista/partigiano, che nel mese scorso ha valicato le 104 primavere, non potendo presenziare di persona causa un fastidioso acciacco invernale, ha delegato la figlia dottoressa Silvia.

Un altro importante esponente del mondo sportivo praticato, il dott. Paolo Rossi, presidente dell'Unione Sportiva Cremonese, ha evidenziato la grande indifferenza con cui al famigerato Binario 21 della Stazione Centrale di Milano la gente assisteva alla raccolta degli ebrei destinati alla soppressione nei campi di concentramento.

Presso quel binario recentemente il calcio italiano, rappresentato da dieci sodalizi di A, quattro di B (tra cui la Cremonese) e tre di C e dai più rinomati calciatori del presente del passato, ha testimoniato l'orgoglio di essere parte attiva di questo ricordo e della divulgazione presso il mondo sportivo dell'intramontabilità dei valori della tolleranza, del rispetto, della lealtà, della fratellanza.

Parole molto sentite ed azzeccate anche da parte di una delle massime espressioni del governo dello sport. Quel prof. Oreste Perri, indimenticato atleta e Sindaco di Cremona, che oggi è al vertice regionale del CONI, che ha esordito affermando che lo sport deve rendere uguali gli sportivi e che, di fronte al quasi incontrollabile fenomeno del razzismo riecheggiante negli stadi, l'unica distinzione di colore non è quella della pelle ma quella del colore della maglietta. Lo sport deve assumersi il compito di cambiare il mondo, migliorandolo.

Molto apprezzato anche l'intervento di Ilde Bottoli, che è giustamente considerata il perno della rete scolastica per i viaggi della memoria. L'anno scorso rinnovatisi con una percepita crescita di significato e partecipazione. Bottoli ha colto l'occasione, esprimendo apprezzamento per la recente nomina a senatore a vita da parte del Capo dello Stato, per anticipare che il 19 sarà a Cremona la neo-senatrice Liliana Segre.

Dopo l'intervento del delegato della Presidenza della Provincia, ha preso la parola il Sindaco di Cremona, prof. Gianluca Galimberti. Il quale, riferendosi al significato che la celebrazione deve trasmettere, ha preliminarmente considerato che l'odio distrugge, muore e fa morire. Quell'odio si insinuò nel tempo; non solo nelle certezze dei gerarchi, ma anche nella coscienza popolare. Le parole e l'indifferenza generano odio ed indifferenza. Noi qui pronunciamo parole che vogliono generare speranza ed incontro. Questa giornata mette a nostro carico importanti responsabilità di testimonianza.

Federico Molinaro, nipote di Vittorio Staccione, morto due mesi prima della fine della guerra insieme al fratello a Gusen, sottocampo di Mauthausen, ha rimarcato due tratti inscindibili nella personalità dello zio calciatore grigiorossso: il valore della lealtà sportiva, della testimonianza civile di quell'antifascismo, ma anche di quella fede nel socialismo che l'avrebbero condotto nelle fauci della polizia fascista e delle SS. Ossessivamente operanti nell'ambiente operaio cui era tornato dopo l'esperienza agonistica.

Il programma della mattinata ha dato spazio anche ad apprezzate espressioni artistiche. Jim Maglia ha letto, emozionando i presenti, una pagina tratta da “Dallo scudetto ad Auschwitz” di Matteo Marani (col fischio di tragico fine partita del 31 gennaio 1944) dedicato alla figura dell'allenatore ebreo-ungherese Árpád Weisz; mentre l'attrice Chiara Tambani ha letto una pagina del diario di Anna Frank.

L'ensemble del Liceo Musicale A. Stradivari, composto da Francesco Assini, Giulia Mirri, Pietro Toniazzo, Diego Mosetti, Damiano Lottici, Giulio Gigliotti e diretto da Giovanni Grandi, che aveva esordito con un brano di Bach, ha chiuso il meeting con “l'inno alla gioia” alias nona sinfonia di Beethoven.

Appare corretto fare menzione dei partecipanti istituzionali e non. Per l'associazionismo sportivo erano presenti Claudio Ardigò del C.S.I., Renato Bandera dell'AICS, Goffredo Jacchetti dell'UISP. Pure presenti il delegato provinciale del CONI Tiziano Zini e Vanni Brotto della Juvi.

Ha partecipato anche una folta delegazione dell'ANPI, tra cui Giuseppe Azzoni e Mariella Laudadio. Abbiamo notato anche Agostino Melega e Michelangelo Gazzoni.

Dell'intervento dello studente dell'ITIS Riccardo Scaglioni preferiamo fornire il testo integrale, piuttosto che farne menzione. Contiene spunti di notevole maturità e consapevolezza. Che fanno ritenere, da un lato, non episodica l'applicazione della scuola a trasmettere alle nuove generazioni un messaggio di consapevolezza e di speranza nella ragione. Della scuola fatta di bravi studenti. Della scuola fatta da docenti capaci di trasmettere nozioni ed insegnamenti civili.

L'INTERVENTO DI RICCARDO SCAGLIONI, studente dell'ITIS TORRIANI di Cremona

Siamo qui oggi perché Vittorio Staccione, calciatore della Cremonese, rappresenta il contributo che anche il mondo dello sport ha dato alla riconquista della libertà per l'Italia e per il Mondo.

Durante la nostra visita ai campi abbiamo appreso che Vittorio Staccione era fra i deportati che sono stati inseriti nelle file di Gusen, dove, per quanto possibile, il trattamento loro riservato era più atroce di quello dello stesso Mauthausen.

Riteniamo che il messaggio arrivato fino a noi dal vissuto di questo calciatore possa essere l'icona di una vita all'insegna della libertà e dell'uguaglianza, pronta a sacrificarsi per la difesa di questi ideali.

Per questo vogliamo ricordare quanto accaduto nello Stadio Olimpico di Roma nel mese di ottobre, denunciandolo come un oltraggio alle vittime ebree della Shoah, a tutte le vittime del Nazifascismo, e soprattutto alla figura della giovane Anna Frank, simbolo della fiducia nell'umanità.

Lo scorso anno abbiamo aderito all'iniziativa del viaggio della memoria, nell'ambito della quale è stata realizzata una ricerca sui cittadini cremonesi deportati a Mauthausen e Gusen.

Grazie alle informazioni acquisite si è creato un legame molto forte tra noi e questi “sconosciuti”, che sono diventati nostri concittadini, nostri fratelli, che hanno sacrificato la loro vita per la conquista della libertà.

Quando siamo entrati nel campo però è diventato più forte il senso di appartenenza alla collettività umana. All'unica “razza”, all'umanità, senza divisioni e particolarismi.

I cittadini cremonesi deportati sono diventati improvvisamente una minima parte delle persone che la macchina Nazista aveva coinvolto nei suoi orrori.

Qui erano vissuti e morti cittadini sovietici, polacchi, ungheresi, jugoslavi, francesi, spagnoli, cecoslovacchi, greci, tedeschi, belgi, olandesi, norvegesi, inglesi e americani.

Erano uomini di tutte le nazioni quelli caduti vittime della follia nazista Ed erano uomini, non animali, ma uomini, incredibilmente uomini coloro che –a vario titolo- si erano resi colpevoli degli atroci crimini commessi nei campi.

Tutti abbiamo visto film e letto libri sulla Shoah e sulla deportazione, ma ciò che ci è stato raccontato al campo andava al di là della nostra immaginazione; generava paura, indignazione, terrore.

Ascoltando le parole della guida ci pioveva addosso tutto l'orrore delle azioni disumane compiute dalle SS e dai Kapò verso I prigionieri.

Dalla storia di Mauthausen abbiamo capito che l'uomo non si trasforma in un mostro all'improvviso.

Attraverso passaggi graduali e successivi egli può arrivare a spogliare di ogni dignità altri uomini. Col consenso della società “civile” o –almeno- con la sua complice passività.

Questo succedeva in Austria negli anni tra il 1938 e il 1945.

La gente che viveva nei dintorni continuava la propria vita, giocava a calcio e faceva feste all'ombra delle baracche di Mauthausen.

Nessuno protestava, (solo una famiglia del posto cambiò residenza), la gente aveva imparato a convivere con queste atrocità, fino a non riconoscerle più, fino a non capire che il concetto stesso di umanità si stava disgregando sotto i loro occhi.

Noi abbiamo paura che questo possa ripetersi.

Come studenti dell'IIS Torriani e come cittadini Italiani ed Europei sentiamo il dovere di far vivere il ricordo di quanto successo partendo dalle realtà del nostro territorio.

Per questo ringraziamo la rete di scuole e la nostra scuola, che dal 2009 si impegnano per trasmettere questo messaggio alle giovani generazioni, permettendo loro di visitare di persona i luoghi e sentire i testimoni che recano ancora i segni di quelle persecuzioni.

Ringraziamo il Panathlon e l'amministrazione comunale che tutti gli anni promuovono iniziative per commemorare la Giornata della Memoria, contribuendo a mantenere vivo in noi il ricordo.

Combattiamo l'indifferenza, impariamo ad osservare, aiutiamoci a testimoni

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