Integriamo in questa rubrica del nostro periodico due schede predisposte da Giuseppe Azzoni, dedicate a temi che stanno occupando il dovuto spazio nell'approfondimento storico e culturale locale.
Tra qualche settimana “la marcia” per eccellenza, infatti, assumerà auspicabilmente una posizione centrale nel dibattito. Da settimane Azzoni, divenuto negli anni recenti, uno dei più impegnati ricercatori, si è, come si suol dire, portato avanti. Producendo, con un notevole dispendio di impegno e di passione, portato avanti.
Contestualmente a tale ricorrenza nel radar degli eventi culturali cittadini è entrato un gesto civile, importante per la preservazione delle fonti storiche, che andrebbe fortemente apprezzato e preso ad esempio.
Dieci giorni fa, infatti, si è svolta presso l'Archivio di Stato una cerimonia di ufficializzazione della donazione, da parte degli eredi, delle carte afferenti all'archivio personale del prof. Alfredo Puerari, una figura fortunatamente indimenticata del (fino a qualche tempo fa) ricco giacimento di personalità del sapere, della cultura, dell'arte, dell'idealismo della Città.
Il gesto dei due figli Francesco ed Anna, che in questi anni si sono generosamente applicati nello sforzo di non disperdere le fonti della testimonianza civile e professionale del padre costituisce, in questi momenti un po' così, un esemplare richiamo, quanto meno per la salvaguardia delle fonti della memoria e della loro fruizione presso le strutture preposte.
Alfredo Puerari, andrebbe sempre osservato, non è stato solo colui che (a costo zero per la Civica Amministrazione) non fece scappare a Cremona lo Stradivari 1715, vera scaturigine di una stagione feconda, che sprigionò uno dei rari fervori cittadini attorno al perno per eccellenza dell'ottimizzazione della centralità del suo “tesoro”: il violino.
Ma il professore è stato a tutto tondo un gigante della vita culturale ed artistica. E politica, lato sensu, se si ricordano la sua partecipazione all'antifascismo militante ed al risorgimento di Cremona democratica, dai giorni della Liberazione fino a buona parte del secondo dopoguerra. Egli, infatti, fu uno degli intellettuali che diede sostanza, con il suo ruolo di condirettore del quotidiano Fronte Democratico (espressione del C.L.N.), all'immane sforzo di assuefare la comunità ai canoni della liberaldemocrazia in itinere in quel triennio 1945-48.
Suoi sodali di prima fila Emilio Zanoni e Mario Coppetti, che conservò fino alla morte avvenuta in tardissima età un interessante interscambio epistolare.
Tutto questo bendidio, pur appartenendo a fascicoli diversificati, si incrocerà nell'offerta assicurata dal prezioso servizio dell'Archivio di Stato.
Ci sembrava doverosa questa presentazione delle due eccellenti schede predisposte sugli argomenti da Giuseppe Azzoni.
Appunti su Cremona e la marcia su Roma
Qualche anno fa, durante il lavoro per un libro collettivo nel centenario del Comune di Rivarolo del Re, il ricercatore e collezionista di cimeli Mauro Poli mi mostrò la bozza di un vecchio invito a partecipare, in data 9 ottobre 1932 nella villa del nobile Paolo Longari Ponzone di Rivarolo, alla celebrazione con posa di una lapide per il X anniversario del “... convegno tenuto il 9 ottobre 1922 per organizzare la Marcia su Roma”. La bozza recava una correzione a mano che modificava quanto sopra in “... per organizzare una delle azioni preparatorie della marcia su Roma”. Alla celebrazione avrebbe dovuto esserci, con Roberto Farinacci, anche Italo Balbo che però non ci andò per “imprescindibili doveri d'ufficio”. Egli aveva invece partecipato ad un precedente consimile evento nel 1924. Il giornale “Cremona Nuova” in quella occasione riportò questa frase del suo discorso: “Rivarolo del Re mi ricorda una notte fatidica quando alla vigilia della marcia su Roma ci adunammo in pochi nella villa del vostro Sindaco e preparammo la rivoluzione che doveva dare all'Italia il governo fascista”. In effetti la notte del 9 ottobre 1922 si tenne a Rivarolo una “riunione segreta” con Farinacci, Balbo ed i capi fascisti di Cremona, Mantova, Piacenza, Parma, Reggio e Ferrara. Stando ai diari di Balbo e di Farinacci lo scopo della riunione era però diverso e limitato. Scrive Balbo che si trattava di “un rapporto rapido dei capi fascisti (…) per il colpo di mano su Parma sovversiva (...) prova generale di una più vasta azione del fascismo (di cui) solo Mussolini conosce lo sviluppo”. Scrive poi che Farinacci gli garantiva la partecipazione delle squadre cremonesi ma che con lui “ci fu una conversazione animata a due con strani presentimenti del futuro...”. Per parte sua Farinacci confermerà nel suo diario (pubblicato nel 1933 col titolo “Squadrismo - dal mio diario della vigilia”) che si doveva parlare della spedizione di rappresaglia contro la Parma che, due mesi prima, aveva costretto alla ritirata l'assalto squadrista capeggiato da Balbo per occupare il municipio e la città. Aggiunge però che lui (Farinacci) riteneva un errore condurre in quel momento quella azione, non si doveva “localizzare lo sforzo fascista”, si doveva invece puntare su “un movimento generale”. Farinacci prosegue scrivendo che i due chiesero lumi a Mussolini e che Mussolini diede ragione a lui: Balbo doveva sospendere la spedizione su Parma perché si preparava una “azione in grande stile”.
Negli anni il ras cremonese lasciò consolidare nella zona la mitica vulgata della segreta riunione di Rivarolo che aveva organizzato la marcia su Roma, riunione nella quale lui aveva fatto prevalere la linea giusta.
Gli studi storici e la memorialistica hanno ben definito che la vicenda definita come “marcia su Roma” ebbe tre livelli: la marcia vera e propria (con la partenza la sera del 27 ottobre e il blocco di reparti militari alle porte di Roma all'alba del 28 vigendo lo stato d'assedio); le occupazioni di prefetture, caserme, stazioni, poste e telegrafi in molte città; le pressioni sul re da parte di esponenti nazionalisti e gerarchie militari. Il capo del governo Facta decretò lo stato d'assedio il 27, il giorno dopo il re non lo firmò, il governo si dimise e il re chiamò Mussolini per l'incarico.
L'ala più dura del fascismo puntava sugli atti eversivi, su una conquista del potere più di forza che non per concessione della monarchia.
Il recente libro di Mimmo Franzinelli, “L'insurrezione fascista - storia e mito della marcia su Roma”, entra nei particolari regione per regione dello svolgersi dei suddetti tre livelli della vicenda ed annota che Cremona e Bologna registrarono gravi fatti di sangue mentre in generale ci furono molti accomodamenti e prevalse la scelta arrendevole del re.
In effetti il fascio cremonese puntò sugli atti di forza locali di “presa del potere”, concentrò in questo tutti i suoi militanti ed in pratica non partecipò alla marcia nella notte tra il 27 e il 28. Solo il giorno 28 il quotidiano fascista “Cremona Nuova” annuncia: “Questa sera alle 19.30 appuntamento alla stazione, un battaglione fascista partirà alla volta di Roma...”. Lo stesso giornale sotto il grande titolo “L'ora è scoccata” esalta invece quanto era accaduto nel cremonese il giorno 27: l'assalto alla prefettura, il disarmo di carabinieri, occupazioni di poste e telegrafi, di municipi e bivacchi in spazi pubblici. Leggiamo nel citato diario di Farinacci che la mattina del 27 ottobre ebbe luogo la riunione dei massimi dirigenti del fascio cremonese: “Balestreri, Orefici, Moretti, Pantaleo e Gambazzi”. Orefici e Moretti provvederanno alla occupazione della sottoprefettura rispettivamente di Casalmaggiore e di Crema, nelle varie zone si provvederà al disarmo “di tutti i carabinieri, in tutte le stazioni ed a prendere possesso di tutti i centralini telefonici e telegrafici. Balestreri alle ore 19 occupi la Prefettura e gli Uffici pubblici”. Scattano le azioni previste a Cremona, già dalle 18.30 si sono occupati, oltre a poste, stazione e officina elettrica, anche uffici della Questura e della Prefettura. Il Prefetto passa i poteri all'autorità militare (Col. Petrini), arrivano fascisti dalla provincia, vengono sbarrati gli accessi stradali e gli ingressi della Prefettura. Giunge notizia che a S. Giovanni in Croce i carabinieri si sono opposti a cedere le armi e sono morti tre fascisti. Arriva un inviato dal “quartier generale della Rivoluzione che ordina di sospendere l'azione”, in attesa dell'esito delle trattative in corso a Roma. Farinacci chiama Mussolini per dirgli che non può fermarsi e gli spiega quanto sta accadendo, Mussolini risponde: “di fronte a questi fatti non resta che continuare”. Per entrare nella Prefettura l'assalto degli squadristi prosegue con scale e funi per raggiungere le finestre, i soldati mandati dal Col. Petrini intimano loro di fermarsi, dopo gli squilli di tromba sparano, nel diario si registrano sette nominativi di squadristi “morti o moribondi” e 13 di feriti.
In proposito Franzinelli scrive di 4 morti fascisti e di 7 agenti feriti. Leggiamo poi nel libro “Patrie smarrite” di Corrado Stajano che il reparto che fece fuoco era comandato da suo padre, Capitano del 50° Fanteria di stanza a Cremona.
Dopo oltre due anni di gesta violente e di crimini che vedevano le forze dell'ordine lasciar fare o addirittura spalleggiarli, evidentemente i fascisti non pensavano potesse accadere il contrario, lo stesso Farinacci gridò ai suoi: “... sono colpi a salve!”.
Con lo stato d'assedio i fascisti erano stati fermati sia alle porte di Roma (là senza sparatorie) sia a Cremona. Il giorno dopo, 28 ottobre, tolto lo stato d'assedio e saputo della scelta politica regia di dare il potere a Mussolini, a Cremona avviene una cosa incredibile, Il Col Petrini e il Prefetto incontrano Farinacci con tutti i riguardi e, come lui scrive poi nel diario: “nel solenne silenzio Petrini si avanza e dice (…): Per l'Italia, per l'Esercito, per il Re io consegno nelle mani del vostro duce tutti i poteri” (vostro duce inteso Farinacci). “Le truppe rendono gli onori a me e alle Camicie Nere, le Camicie Nere rendono gli onori al Colonnello Petrini per tutto l'Esercito”.
Subito dopo si affiggono gli editti di Roberto Farinacci a cominciare da questo: “…. nulla deve turbare l'andamento della vita pubblica in città e provincia. (…) Il servizio d'ordine è affidato ad un corpo di polizia fascista al quale i cittadini dovranno prestare assoluta obbedienza (...)”.
Nel successivo ventennio a Cremona la ricorrenza della marcia vedrà ogni anno grandi celebrazioni e parate, in diversi modi questo evento eversivo verrà mitizzato come “rivoluzione fascista”, gli squadristi morti verranno solennemente definiti martiri, Farinacci un condottiero glorioso.
Nel 1926 uscì la Legge 100/1926 su benefici a Benemeriti del fascismo (e loro familiari) per caduti, feriti, partecipanti alla Marcia su Roma. Sulla stessa materia nel 1933 si emanò il DL 1706/1933.
Nel 1934 vengono raccolte le domande per la concessione del “Brevetto marcia su Roma”. La possono avanzare coloro che hanno partecipato agli eventi del 27 e 28 ottobre nel cremonese o alla marcia vera e propria (che riprese senza più ostacoli nei giorni dopo la revoca dello stato d'assedio). I nomi dei richiedenti sono moltissimi, occupano colonne del giornale “Il Regime Fascista”, viene pertanto pubblicata la raccomandazione a chi ne fosse a conoscenza di denunciare i casi di “insussistenza delle richieste”.
Nel 1937, XV della marcia, “Il Regime Fascista” riporterà gli elenchi dei riconosciuti come meritevoli della decorazione “Marcia su Roma”. Sono circa 300.
di Giuseppe Azzoni – 28 settembre 2022.