Venerdì 16 febbraio a Mantova a Palazzo Castiglioni si svolgerà a partire dalle ore 18,00 il convegno pubblico dedicato al tema della Giustizia in Italia. L'incontro è realizzato con l'intenzione di condividere esperienze, idee e proposte di riforma tanto essenziali per l'affermazione dello Stato di Diritto nel nostro Paese quanto lasciate spesso al margine del dibattito politico e della riflessione pubblica.
Parteciperanno attivamente al dibattito: Maurizio Turco coordinatore della Presidenza del Partito Radicale, Sergio Genovesi Avvocato penalista in passato sindaco di Mantova, Alessio Romanelli Vicepresidente della Camera penale di Cremona, Jacopo Rebecchi Assessore alla legalità del comune di Mantova, Michele Chiodarelli Segretario provinciale PSI (candidato al Senato per la lista Insieme). Modera ed introduce l'evento Luca Ponchiroli del Partito Radicale.
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Riprende lo slancio del fronte laico per la riforma della giustizia
“È sicuramente arrivato il momento di concretizzare una riforma della Giustizia non più rinviabile per uno Stato europeo che si voglia liberale e democratico: separazione delle carriere, CSM, lunghezza dei processi, carceri sono alcuni dei temi che verranno discussi a Palazzo Castiglioni”.
Tale è la motivazione che muove gli amici radicali a programmare un evento su un tema irrisolto che pende come una spada sulle sorti della tenuta del Paese.
Il tema dell'importante simposio, che si svolgerà nella vicina Mantova ma che richiamerà partecipanti anche dal cremonese, dimostra come sia possibile rendere compatibili le ragioni del confronto elettorale con la permanente testimonianza sui temi civili. Che, come noto, costituiscono motivo di priorità per i movimenti di cultura socialista e laica. Impegnati a portare avanti la storica battaglia per la giustizia giusta.
L'esercizio giurisdizionale rappresenta una delle falle maggiori della vita pubblica italiana, che incide negativamente sia sulla stabilità del sistema Italia sia come motivo deterrente per le attività imprenditoriali dall'estero ad investire in un Paese in cui la certezza del diritto è così labile.
V'è da aggiungere che il ceto politico governante, in particolare quello del campo di centro-sinistra dal 2013 al volante di un convoglio riformista non sempre pilotato con perizia e raramente capace di sottrarsi alla tendenza anavigare a vista e a sfuggire ad un moto di pendolarità tipico delle posizioni non esattamente determinate e, soprattutto, impermeabili alle pressioni delle lobby e degli organi (che come nel caso della giurisdizione, da tempo inenarrabile si comportano come poteri costituzionali) appare, nonostante le mende descritte, progressivamente consapevole dell'irrinviabile appuntamento con una riforma radicale della giustizia.
Del che sarebbe anticipazione la Legge Orlando, concepita come esigenza se non proprio di riformare nello spirito di adeguamento ai più virtuosi standards civili di efficientare ai tempi la procedura penale. Mentre tamquam non esset per quanto si riferisce all'impianto del Codice Civile Rocco che, imperterrito, continua ad essere quello controfirmato da Sua Maestà il re Vittorio Emanuele III e da S.E. Cav. benito Mussolini!
Il provvedimento legislativo sembrerebbe farsi carico delle claudicanze e dei ritardi di un sistema che, anche grazie all'accidia della casta ed all'inefficienza generale del sistema burocratico, costituiscono ormai un intollerabile palla al piede per un Paese che non può permettersi, pena il disastro sulla tenuta sociale e pena anche la perdita di competitività con sistemi più avanzati, di girare la testa dall'altra parte.
È solo qui il caso di delineare sommariamente il segmenti della Legge Orlando: nuova disciplina della sospensione della prescrizione; impugnazioni; appello contro proscioglimento; deflazione ricorsi cassazione; stretta su ricorsi cassazione dopo patteggiamento; reintroduzione del cosiddetto «patteggiamento in appello”; partecipazione a distanza alle udienze; Inasprimento delle pene; Voto scambio politico-mafioso; Indagini preliminari; ampliamento dei diritti della parte offesa; colloqui con difensore; diminuzione del ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria; Intercettazioni; tempi certi chiusura indagine; contenimento dei tempi morti davanti al gip; delega al Governo a risistemare l'ordinamento penitenziario.
Nel merito abbiamo raccolto la valutazione dell'avv. Paolo Carletti, segretario provinciale del PSI di Cremona: “Una Giustizia giusta è un sistema in cui le parti del processo sono alla pari, in cui gli avvocati non sono considerati un intralcio ed in cui gli imputati non sono considerati carne in attesa di condanna. Purtroppo nel nostro sistema prevale una vena accusatoria marcata che ostacola l'amministrazione giusta della Giustizia. Non meno male fanno i provvedimenti legislativi emergenziali che frustrano la codificazione e mettono a pericolo la tenuta sistemica della Normativa Penale.”
Si potrebbe osservare che, a fronte di una così tanta carne al fuoco (che pure non ha prodotto quegli approdi condivisi che pure la materia richiederebbe), la riforma legislativa manifesti tratti contraddittori, conseguenza di molti condizionamenti politici e non. In primis, quelli della casta dei celebranti, che pretende, da tempo immemorabile, di avere riconosciuta la prerogativa d'imprimatur su tutti i provvedimenti legislativi che abbiano come oggetto la giurisdizione.
In aperto contrasto con le linee-guida della Carta Costituzionale in materia di tripartizione dei poteri e con i pronunciamenti referendari. Ad esempio, quello del 1987, promosso da Partito Radicale, PSI e PLI, ottenne sul quesito cardine della responsabilità civile dei giudici un risultato che non lasciava niente all'immaginazione con quei 20.770.334 voti favorevoli all'abrogazione (pari all'80,21%).
Ne scaturì, sul piano politico e legislativo, uno slancio dagli esiti sostanzialmente incongrui. Nonostante un timoniere di grande affidabilità, qual era Giuliano Vassalli, ministro di Grazia e Giustizia; che avrebbe condotto in porto una codice di procedura penale, entrerà in vigore nel 1989. Sarà destinata nel tempo a pesanti modificazioni fino allo snaturamento del suo senso e, soprattutto, del pronunciamento del corpo elettorale. Eh già, le prerogative castali non si toccano! Specie quando la casta è la casta per eccellenza. Depositaria, in buona sostanza, del potere di condizionamento della politica indebolita da parte della burocrazia.
Quanto mai opportuna l'iniziativa di testimonianza e di proposta del Partito Radicale “la giustizia in Italia: idee e proposte per una riforma irrinunciabile “ che vede ancora una volta impegnate le forze riformiste, che in passato, nonostante il loro peso quantitativamente minoritario, seppero scandire una feconda stagione di emancipazione civile. Socialisti e radicali, come dimostra il pannel della conferenza, sono ancora insieme. Il prossimo obiettivo: la separazione delle carriere dei giudici.