Andiamo per ordine. Occupandoci prima del messaggio implicito nel titolo. Poco più di due mesi fa chi avesse voluto evocare Orazi e Curiazi e la disfida di Barletta sarebbe stato (giustamente) guardato come disertore. La Coldiretti ed il combinato di aggregati operativi da essa “partecipati” furono additati come esecutori di un disegno che solo i privi di preveggenza non avevano stimato possibile: il ratto della Fiera del Bovino da latte.
Che per 70 anni è stato il cuore e la griffe di un ente fieristico, che, nel corso degli anni, si era un po' “allargato”, per ragioni di maggior prestigio e alla ricerca di una difficile sostenibilità del rapporto tra costi e ricavi. Già (a dimostrazione della sensazionalità dell'evento) un importante quotidiano nazionale titolò: “trasloca dopo 69 anni: il caso arriva in Regione. Continua a far discutere la decisione di spostare la 69esima ...”.
Se corrispondessero al vero sia la veemente reazione sia l'esternazione di una discontinuità proditoria, ai players delle vicende non resterebbe che dichiararsi o incompetenti o stupidi.
Era da almeno mezzo secolo che i due competitors dell'imprenditoria agricola (per giunta partners di riferimento di una serie importanti di organismi fondamentali per l'economia agricola e terziaria) si guardavano in cagnesco e si scambiavano colpi. Sul piano del collateralismo alla politica e della contesa dei pacchetti di associati.
Che stava a significare la legittimità del controllo di Consorzio Agrario, Fiera, Associazione Allevatori ecc…Ma stava a significare anche l'esercizio di un'importante cinghia di trasmissione con gli equilibri politico istituzionali e l'influenza sull'informazione.
Poi, ad un certo punto, a partire dalla transizione dalla prima alla seconda repubblica, i rapporti di forza si modificarono per effetto del venir meno dei punti referenziali con la politica e per effetto di quella sorta di sliding doors dei flussi associativi e, soprattutto, per quanto riguarda Cremona, del cedimento strutturale della coesione della base associativa e dell'autorevolezza del gruppo dirigente della “Libera”.
Da un quarto di secolo alla ricerca delle occasioni per dimostrare la propensione a diventare un Re Mida capovolto.
Sia come sia, i rapporti di forza si invertirono progressivamente ed il ruolo di principessa e ranocchia si scambiarono.
Tutte dinamiche queste che, se fossero appartenute esclusivamente alla “dialettica” tra corpi intermedi sociali, sarebbero, pur sollevando qualche perplessità di stile, state legittime.
Ma, si dà il caso che le istituzioni (in parte di diritto privato ed in parte pubbliche) sono, da un lato, partecipate da istituzioni amministrative e, dall'altro, rivestano una forte rilevanza comunitaria.
Ma, a dispetto di tutto ciò, l'ANAFIJ (controllata da Coldiretti) ai primi di aprile raccolse i suoi giocattoli e decise di andare a giocare sul green della (agguerrita) concorrente di Montichiari.
Che la questione non fosse solo la diversa location ludica e lo sfregio alla competitrice Confagricoltura dovrebbe essere universalmente assodato.
Dietro il “ratto”, infatti, è difficile non intravvedere un più ampio progetto di dislocazione delle “vocazioni” sul territorio. A vantaggio di un'area, già molto privilegiata dalla politica (come la bassa bresciana) e a detrimento di un territorio già molto marginalizzato (come il sud Lombardia).
Per riassumere, azzardiamo che, se sull'individuazione dell'esecutore materiale dell'operazione di delocalizzazione della Mostra del Bovino da Latte (che è, ripetiamo, la griffe della Fiera e dell'agricoltura padana) non ci dovrebbero esserci dubbi, sul mandante, per quanto meno pacifico, non sarebbe difficile arrivare a qualche conclusione.
Del che abbiamo (in solitudine) scritto e senza essere smentiti.
Il Presidente nazionale Coldiretti è bresciano e reca quarti di nobiltà politica a tutti noti. L'Assessore Regionale all'agricoltura è bresciano e non si può dire (per ricorrere ad un eufemismo) che non si sia speso per la causa.
Per qualche giorno è imperversata una reazione mediatico politica ad alta intensità; che avrebbe fatto presagire, da parte della rappresentanza del territorio violato, la riedizione di un Vietnam. Invece, dimostrano di essersene fatta una ragione
Poi le polveri si sono bagnate. Lo speech è diventato meno veemente. E, soprattutto, sono entrati in gioco “i pontieri”. In primis il quotidiano locale, supportato in una foto di famiglia dal presidente della Libera/SEC in seconda fila. In secundis, da dichiarazioni non partisan alla ricerca di margini di ricomposizione (tanto c'è gloria e spazio per tutti). E, ultimo ma non ultimo, il proposito di “rilanciare” la Fiera e l'eccellenza vocazionale del territorio.
Segmento, quest'ultimo, fortemente sostenuto dalla sala regia del Pirellone. Che in un primo momento dichiarò “di essere stata presa alla sprovvista” (che se fosse vero farebbe il paio con la vicenda dei presidi antipandemici e la disclosure elvetica. E che, dall'inaugurazione del campus di Santa Monica in poi, ha (l'appetito mediatico vien mangiando) preso coraggio e sta imperversando in termini di comparsate.
A motivo di ciò, avremmo voluto come “occhiello” del titolo “a volte ritornano”. Cui abbiamo rinunciato perché più che ritornare, sono sempre qui.
Un via vai di appartenenti alla governance istituzionale di vario livello. Catapultati in un territorio da "handle with care", considerando le performances passate e recenti.
Ne citiamo alcuni, in ovvia aggiunta al Governatore Fontana, che dieci giorni fa aveva guadagnato l'epicentro nel parterre della visita presidenziale.
Ne citiamo alcuni, tra i più contigui alle problematiche che un mese fa avevano fatto gridare allo scandalo della Fiera rapita.
Non si può dimostrare documentalmente la loro diretta connivenza. Ma appare impossibile negare che Gianmarco Centinaio, ex ministro, ora sottosegretario all'Agricoltura e Fabio Rolfi assessore regionale lombardo all'Agricoltura (di nascita e di elezione bresciana) fossero all'oscuro dell'operazione Mostra Bovina.
Occasione dell'ultima passerella il world milk day che dovrebbe fornisce ad un territorio elettivo come quello cremonese l'ambizione di diventare se non proprio la “capitale mondiale del latte” vagheggiata dal Trinchetto Galimberti, sicuramente il più importante e titolato riferimento nazionale.
Ma come “riparti” se meno di un mese fa questo rango che era certificato dalla Fiera internazionale è stato spostato con destrezza in altra location concorrente?
Si deve essere invaghito tardivamente il Governatore di Cremona. Per tre anni l'aveva ignorata (quando non penalizzata, a distanza). Poi, ecco il filotto di visite. A dimostrazione dell'intenso amore, si fa riprendere dall'obiettivo mentre (a prescindere dai guai di salute) beve il caffè mattutino e legge il quotidiano La Provincia.
Che coi peana del primo cittadino parolaio si fa immediatamente cantore della fortunata circostanza.
Né sappiamo cosa venga a fare a Cremona il Governatore Fontana. (ultima tappa del tour delle città lombarde).
Il palinsesto della visita dice molto più di quanto sarebbe necessario per accreditare l'impressione di una comparsata, di cui mancano tutti i presupposti di causalità.
Il territorio provinciale è stato tartassato dall'inclemenza della pandemia. I presidi sanitari, nonostante la dedizione degli operatori e del volontariato, hanno dimostrato, a voler essere non troppo severi, un'inadeguatezza molto prossima al totale fallimento. La fase successiva, al terzo picco, getta una luce sinistra sia sulla residua capacità della struttura dell'ASST E dell'AST di far fronte ai compiti d'istituto.
Non sarà con le campagne di distrazione di massa sulle responsabilità, con le blandizie e con le promesse. Quindici giorni fa operò in occasione della visita all'hub vaccinale una moral suasion intesa a disincentivare un rapporto “dialettico” con il Governatore.
Noi siamo molto più determinati e meno propensi a subire siffatte suasions. Soprattutto, se l'intento fosse quello di ribadire vuote ed ingannevoli promesse, come il nuovo ospedale e l'Autostrada Cremona Mantova.
PS. Nei paginoni dedicati al “world milk day” c'è stato giustamente spazio anche per l'autopromozione dell'eccellenza per antonomasia: il latte e si suoi derivati. Il calciatore Julien Rantier, nell'intento di essere testimonial a tutto tondo, dichiara che nella dieta alimentare non può mancare il “Parmigiano”.
Bello spottone per un comparto di allevatori e produttori che conferiscono e trasformano, nel convincimento dell'imbattibilità, l'oro bianco in Grana Padano.