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ECO-Bacheca del 28 maggio

  28/05/2023

Di Redazione

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Questa bacheca dell'Eco porta affisse le locandine di significativi eventi e rassegne, che caratterizzeranno la vita culturale della nostra Città e del nostro territorio. Ne abbiamo ricevuto evidenza e li segnaliamo ai nostri lettori, nell'auspicio che coglieranno l'opportunità.

Presentazione del libro "Sul colle più alto" di Valdo Spini

Forum socialista: PNRR, la grande sfida

“È nato stamani a Roma” scriveva Riccardo Nencini, in previsione dell'evento conviviale che, per la prima volta dopo molti anni di diaspora, vedeva riunite l'espressioni di ciò che resta del socialismo italiano.” Forum Socialista”, luogo di dibattito politico e culturale cui aderiscono iscritti e non iscritti al Psi, laici, rappresentanti del mondo accademico, tanti giovani alla loro prima esperienza politica. 

La prima sessione del Forum si è regolarmente svolta, avendo come linea guida teorica il documento, che avevamo a suo tempo pubblicato e che, per utilità, ripubblichiamo.

Che, come si sarebbe potuto realisticamente temere, il Forum fosse destinato a rappresentare, nel lungo contesto della “diaspora”, la proverbiale rondine destinata a non fare primavera, era messo nel conto. Anche in considerazione di analoghe iniziative (di area socialista) attivate, ahinoi, con spirito e con finalità competitive.

In contrasto con tale infecondi vaticini, invece, si sta affermando l'Associazione Socialista Liberale, coordinata da Oreste Pastorelli, e continua ad un ritmo quotidiano l'uscita de La Giustizia, diretta da Mauro Del Bue.

La sessione tematica dedicata alla “grande sfida PNRR” incoraggia a ritenere che la ricerca di uno sforzo di armonizzazione e convergenza in vista di un progetto capace di rilanciare nel contesto italiano una presenza assolutamente indispensabile per il sistema liberaldemocratico e per la sinistra riformista sia partita e proceda. Da sottolineare il carattere aperto ed inclusivo del pannel, che supera le attuali rigide demarcazioni di campo.

Nella storia della nostra Repubblica, i socialisti hanno svolto un ruolo pilota. Questo almeno fino al 1992 e alle vicende che hanno portato all'avventato autoscioglimento del Psi il 12 novembre 1994. 

Nel '92-‘94 è stata effettuata un'operazione mediatico-giudiziaria del tutto unilaterale perché il finanziamento irregolare non riguardava certo solo il Psi, ma tutti i partiti, Pci compreso. Nella fase successiva si è passati a qualcosa di peggio: al tentativo di cancellare dalla stessa memoria storica ogni riferimento al Partito socialista e al socialismo in quanto tale. Una questione che è emersa anche nel recente anniversario della morte di Craxi che è stato ignorato, pure sul terreno della riflessione critica, da tutto il Pd. In più di cinquant'anni i socialisti hanno sempre avuto la capacità di avvertire, prima di tutti gli altri, i mutamenti in corso nella politica. Nel loro dibattito interno si sono rispecchiati processi di crisi in divenire che anticipavano nuovi problemi e nuove situazioni. Per questo i socialisti, al di là del loro peso elettorale e della loro collocazione politica, sono stati i protagonisti attivi dei grandi passaggi politici della democrazia italiana: dalla scelta per la Repubblica al centrosinistra; dalla questione dei cattolici al progetto per la democrazia dell'alternativa; dalla grande riforma istituzionale agli interventi di riforma dello Stato sociale e civile. 

Questa esperienza partitica dobbiamo considerarla conclusa e non ripetibile. Ma non deve sorprendere che, dopo molti anni ed esperienze diverse e contraddittorie, i socialisti riprendano a parlare in una sede comune, senza gerarchie e pregiudizi, che potremmo definire come il Forum socialista. Questo perché la cultura politica dei socialisti, dovunque essi siano, avverte la crescente condizione di precarietà del sistema politico attuale; coglie i processi di dissoluzione dei partiti e delle alleanze che hanno dominato in questi anni; sente l'urgenza di fare i conti con un bipolarismo incompleto e artificiale che ha determinato un obiettivo degrado nella democrazia italiana, accentuandone i caratteri di democrazia delegata e deresponsabilizzata. 

Si ricomincia così a parlare di socialismo, non di partiti e appartenenze. Il socialismo oggi deve essere una nuova ragione di analisi e di proposte. Il fattore attivo di un nuovo contratto sociale perché si è dissolto nella coscienza dei cittadini e nell'esperienza dei fatti il legame che teneva salde le condizioni di vitalità e sviluppo del Paese. In sostanza il compromesso Stato-cittadini-imprenditori-classe lavoratrice, che per molti anni ha consentito non contestati rapporti di proprietà, uno Stato sociale redistributivo, un ascensore sociale funzionante, un attivo sistema di contrattazioni sociali, ha ceduto per l'incompatibilità di queste politiche con la crisi economica e le sue tipologie rompendo un sistema di certezze e garanzie. 

Facciamo queste osservazioni non per rilanciare, magari in una traduzione lillipuziana, la forma partito Psi: il Psi, come il Pci, come la Dc, appartiene alla storia e non è più riproponibile in quanto tale. Quello che invece noi intendiamo rivendicare non è solo la memoria del socialismo italiano ma anche il fatto che i contenuti ideali della civiltà socialista in alcuni snodi fondamentali e anche in alcune proposte di riforma mantengono la loro validità: ci riferiamo alla riforma della giustizia, al presidenzialismo, alla solidarietà con l'Ucraina, all'impegno meridionalista, a tutte le tematiche riguardanti il lavoro e a quella che chiamiamo la “globalizzazione della sopravvivenza”. L'impegno riformatore su questi nodi essenziali ha un retroterra politico-culturale di grande rilievo che in tutti questi anni è stato alimentato grazie all'impegno individuale e collettivo di singole personalità e di strutture organizzate di studio appartenenti a un'area socialista assai estesa che sfugge a ogni schema di natura partitica e anche a ogni scelta pregiudiziale di schieramento. 

Grazie sia al lavoro individuale di alcuni storici di alto livello, sia a quello posto in essere da alcune fondazioni culturali (la Fondazione Socialismo, la Fondazione Craxi, la Fondazione Kuliscioff, la Fondazione Nenni e la Fondazione Brodolini), i cosiddetti vinti si sono conquistati proprio sul campo della ricerca storica una dimensione di notevole spessore che rovescia il motto secondo cui la storia è sempre quella dei vincitori. 

Al di là delle vicende più strettamente politico-partitiche, emerge che proprio di fronte alle situazioni drammatiche che stanno sconvolgendo il mondo contemporaneo la questione socialista, che si estrinseca in primo luogo nel riformismo, ha una straordinaria attualità. Il nesso socialismo-libertà si ripropone con tutta la sua forza ideale sia di fronte all'aggressione all'Ucraina, scatenata da una Russia caratterizzata da un pericoloso nazionalismo predatorio, sia di fronte all'imperialismo cinese che sta investendo Taiwan sul piano militare e vaste zone del mondo sul piano economico. 

Su un altro versante, quello del capitalismo contemporaneo, possiamo verificare, sulla base di ciò che è avvenuto da molti anni a questa parte, la validità dell'allarme lanciato molto tempo fa da un grande studioso marxista della seconda generazione come Rudolf Hilferding sulle distorsioni che può provocare l'affermazione del capitale finanziario proprio nei confronti dei genuini protagonisti dei rapporti di produzione capitalisti, cioè sia sui lavoratori che sugli imprenditori. Si è vista anche la permanente forza del compromesso socialdemocratico sia perché il trinomio casa-scuola-ospedali – considerato con sufficienza sia dai neoliberisti sia dai massimalisti nuovi e antichi – riveste un'importanza decisiva rispetto alle esigenze fondamentali dei cittadini, sia per ciò che riguarda l'approccio di stampo riformista per l'innovazione nell'industria, il rapporto positivo nell'impresa fra gli imprenditori e i lavoratori, la tematica ambientale e climatica. 

Queste nostre osservazioni si riconnettono in termini di continuità ma anche di innovazione a tutta una problematica sviluppatasi nel corso della storia del socialismo italiano nel dopoguerra che è andata, anche fra tensioni e contraddizioni, da Riccardo Lombardi a Bettino Craxi. Riteniamo che queste posizioni possano essere sinteticamente definite come il progetto dei riformatori che, a nostro avviso, oggi può rappresentare l'unica alternativa seria e credibile a quella dei conservatori liberali che costituisce il retroterra culturale della posizione assunta da Giorgia Meloni e che spiega anche la ragione di fondo della sua vittoria alle recenti elezioni. Infatti in un Paese che ha la storia dell'Italia – nella quale i vent'anni di regime fascista hanno costituito un tragico disvalore e i tre anni della Resistenza un grande valore unificante – una versione ambigua e pasticciata del post fascismo mai avrebbe potuto acquisire grandi consensi oltre la cosiddetta linea gotica come ha messo del resto in evidenza la storia dell'Msi e della stessa An. Invece l'operazione è riuscita alla Meloni perché essa nella sostanza è andata oltre quell'esperienza e si è inoltrata, sia sul piano culturale sia su quello dei riferimenti europei, sul terreno del conservatorismo liberale che, come dimostra anche il recente “Manifesto dei conservatori” scritto da Roger Scruton, è altra cosa rispetto all'ultranazionalismo sovranista e ancor più al post fascismo. In ogni caso, questa posizione strategica della destra va presa sul serio e in parola proprio per costruire un'alternativa. Quindi, al di là delle vicende più strettamente politico-partitiche, a nostro avviso l'unica alternativa possibile e praticabile ai conservatori è proprio quella dei riformatori nelle traduzioni politiche possibili (il riformismo, il laburismo, il liberalsocialismo). 

Alla luce di quello che è avvenuto in questi anni, sono in campo tre nozioni di globalizzazione: quella che finora ha prevalso, cioè una sorta di globalizzazione selvaggia e senza regole che ha accentuato gli squilibri economici, sociali e ambientali e due altri tipi di globalizzazione che riteniamo positivi e che possiamo definire la globalizzazione della crescita e la globalizzazione della sopravvivenza che a sua volta si fonda su una serie di scelte: la transizione ecologica dalle energie fossili altamente inquinanti a quelle più moderne e pulite siano esse rinnovabili, elettriche, all'idrogeno. A livello urbano lo smaltimento dei rifiuti richiede un impegno anche educativo per consumi sostenibili per quantità e qualità, l'arresto dello sfruttamento intensivo della terra, dell'avvelenamento dell'acqua e dell'aria. Occorre un'economia circolare per favorire lo smaltimento dei rifiuti attraverso produzione di energia da fonti di calore non inquinanti. 

In questo quadro risultano decisivi tre punti di riferimento: l'Europa, il Mezzogiorno d'Italia che deve arrivare a federarsi, il socialismo europeo. A questo punto è fondamentale che oltre all'euro l'Europa da un lato pervenga a una politica economica la più omogenea possibile e dall'altro a una politica estera della difesa comuni. Il riferimento storico rimane quello del Manifesto di Ventotene ma adesso esistono precise ragioni geopolitiche che rendono urgente questa scelta. Per responsabilità della Cina comunista e imperialista e della Russia guidata da una dittatura ultranazionalista e predatoria, dobbiamo fare i conti con una nuova versione della guerra fredda. Essa richiede da un lato l'unità dell'Occidente ma dall'altro l'affermazione di un'Europa unita, alleata degli Usa e dotata di un'autonoma forza politica, culturale, economica e militare. L'Italia deve impegnarsi nella costruzione dell'Europa federale sapendo che in questo quadro sono comunque fondamentali il Mediterraneo e il Mezzogiorno. Il ruolo che il Mezzogiorno d'Italia sta assumendo in Europa, il cui mare Mediterraneo è mare interno, è sempre più strategico, visto che è una via di accesso e di riferimento, collegando la sponda Sud del Mediterraneo ai destini del Vecchio continente. Ragion per cui, il Sud d'Italia non sarà periferico e marginale bensì centrale rispetto alla Penisola e all'Europa. Di qui, la lettura di una Italia mediterranea proiettata verso il futuro in chiave di protagonista nei prossimi decenni. Non si deve dimenticare che il Mediterraneo è l'uno per cento della superficie marina nel mondo, dalla quale passa il venti per cento del traffico commerciale mondiale. Resta il fatto che l'Europa non può fare a meno dell'Italia mediterranea che è circa il cinquanta per cento del territorio attrezzato. Il Mezzogiorno dovrà diventare attore principale nella sua unità, superando campanilismi e regionalismi, rilanciando la sua identità territoriale, economica, sociale, politica e culturale nello Stato nazionale e nell'Unione europea. 

In questo contesto occorre federare le Regioni del Meridione, “unificando la programmazione e la gestione di almeno il 50 percento dei fondi Ue e nazionali, in una progettualità interregionale finalizzata all'armatura infrastrutturale del territorio, alla formazione, alle politiche di sviluppo tecnologico e di servizi, con l'obiettivo di realizzare nell'Italia mediterranea la grande piattaforma economica logistica euro-mediterranea”. A tal fine, è esiziale la proposta di legge dell'autonomia differenziata, che mette a rischio l'unità d'Italia e rende irrealizzabile l'Italia federata e il sistema Ue-Mediterraneo. È in questo contesto che va collocato il nostro riferimento al socialismo e al Partito socialista europeo. Il socialismo del ventunesimo secolo è quello che combina insieme socialismo, democrazia, liberalismo. È una scelta valida sia in senso positivo che per la durissima battaglia che va condotta contro gli autoritarismi di opposto segno, di destra e di sinistra, che sono in campo sospinti dal sovranismo e dal populismo. Questa battaglia ha possibilità di successo se è caratterizzata dall'impegno per la crescita sostenibile, per la pace nella giustizia che deriva anche dalla difesa dei popoli aggrediti come l'Ucraina, per riforme che hanno per obiettivo la redistribuzione delle risorse, l'aumento dei consumi pubblici (case, scuole, ospedali) e dei salari. 

Intendiamo concludere questa riflessione con alcune osservazioni riguardanti i risultati del congresso del Pd. Il Pd avrebbe potuto avere una possibilità di superare la sua crisi qualora la sua assise fosse stata l'occasione per un grande dibattito fondato su piattaforme alternative e sul conseguente voto degli iscritti. Un confronto fra una posizione di stampo riformista, garantista, europeista e atlantica e una posizione movimentista, radicale e pacifista. Ciò non è avvenuto in modo limpido e chiaro per molteplici ragioni. Un ruolo fondamentale in senso negativo lo ha svolto il meccanismo congressuale. Essendo basato solo sui gazebo sia nella prima fase, quella riservata agli iscritti, sia nella seconda parte, aperta a tutti i cittadini in modo indifferenziato e senza filtro, quel meccanismo non ha mai offerto l'occasione per un confronto argomentato e approfondito su tesi strategiche di segno opposto sia a livello nazionale che a livello locale e quindi si è sempre risolto solo e soltanto in una conta. Ciò ha comunque portato entrambi i candidati di opposta posizione in un caso a sfumarla (Stefano Bonaccini) e nell'altro a mistificarla (Elly Schlein) per ottenere consensi da ogni parte. In secondo luogo, di fatto questo meccanismo congressuale ha espropriato gli iscritti del potere di scelta del segretario. Al di là della contingenza, ciò è avvenuto per la debolezza intrinseca del partito in quanto tale che diversamente dal passato non ha più una struttura interna così solida e riconosciuta da affermare la sovranità dei suoi organi dirigenti e dei suoi stessi militanti su una scelta decisiva quale è quella del segretario. Questo meccanismo, già di per sé perverso, ha consentito che si materializzasse un'operazione politica fondata sulla combinazione di alcuni elementi fra di loro molto diversi. Per di più, a questo meccanismo fondato solo sulla conta, e in ultima analisi sulla conta di una platea indifferenziata e senza alcun filtro, si è aggiunta la facoltà di consentire a una personalità non iscritta al partito addirittura di poter concorrere alla segreteria. Tutto ciò ha consentito la realizzazione dell'operazione politica che ha portato alla elezione della Schlein. In primo luogo, a sostegno dell'assoluta novità, costituita dalla figura stessa della Schlein, si è schierata proprio larga parte di quella classe dirigente che negli ultimi 15 anni ha gestito il governismo del Pd e che era stata messa sotto accusa per la sconfitta del 25 settembre. Come ha dimostrato il risultato del voto degli iscritti, quest'area del partito era ormai largamente minoritaria. Sennonché per il voto aperto a tutti del 26 febbraio sono intervenuti due nuovi elementi risultati decisivi. Anzitutto, come risulta dalle analisi dei flussi, c'è stato, non si saprà mai se spontaneo o organizzato, una quota rilevante del voto grillino. Altro elemento è stato indubbiamente costituito dal ruolo svolto dall'attrazione personale della Schlein che ha ottenuto un vasto consenso di giovani e di donne di orientamento radicale del tutto esterno e anche estraneo alla piattaforma tradizionale del Pd. Infine, un significativo apporto di nicchia è stato quello proveniente dall'Articolo 1 che così è potuto rientrare nel Pd marcando un successo politico. 

Il concorso di tutti questi elementi ha fatto sì che il Pd è stato letteralmente rivoltato come un calzino. Quello che era un partito del tutto governista, mezzo riformista, mezzo populista-giustizialista, è diventato un partito movimentista per certi aspetti radicale di massa, con rilevanti interrogativi sulla sua reale collocazione internazionale. Valutiamo che un esito siffatto è del tutto contraddittorio rispetto all'esigenza che noi riteniamo invece fondamentale che è quella di opporre al conservatorismo liberale di Giorgia Meloni, a sua volta solcato da mille contraddizioni all'interno del centrodestra, un'alternativa riformatrice ispirata ai contenuti presenti nella prima parte di questo documento. È evidente che l'esito del tutto imprevisto del congresso del Pd pone enormi problemi sia ai riformisti senza tessera, sia a quelli collocati nel Terzo polo e ancor di più a quelli finiti in minoranza nel Pd. Evidentemente si aprono a questo punto molteplici interrogativi affidati alla dialettica politica del futuro. 

Con queste riflessioni e con il convegno ad esse conseguente intendiamo da un lato ribadire che tuttora esiste un'area politico-culturale che si rifà agli ideali e alla storia del socialismo italiano e dall'altro, come abbiamo già affermato, riferirci a tutti coloro di centro e di sinistra i quali ritengono che un'autentica posizione riformista può essere l'unica alternativa al conservatorismo liberale oggi vincente.

Ribadiamo che questo nostro contributo prescinde da ogni riferimento a partiti o correnti di essi.

Firmatari: Fabrizio Cicchitto, Claudio Martelli, Riccardo Nencini, Claudio Signorile, Gennaro Acquaviva, Franz Caruso, Carmelo Conte, Bobo Craxi, Giovanni Crema, Mauro Del Bue, Giulio Di Donato, Ugo Finetti, Umberto Guerini, Ugo Intini, Felice Iossa, Daniela Mainini, Biagio Marzo, Oreste Pastorelli, Enrico Maria Pedrelli, Sergio Pizzolante.

Come si può ferire la città urbana, con Giorgio Mantovani

Lunedì 29 maggio, alle ore 16.30, Società Filodrammatica Cremonese, Università Terza Età: "Come si può ferire la città urbana". Relazione introduttiva di Giorgio Mantovani.

Si sta orientando verso la fase conclusiva il (come solito) fecondo programma di approfondimento del benemerito sodalizio, animato da decine di partecipanti e da una squadra di validissimi relatori.

La sessione segnalata riguarda, ma solo apparentemente, una questione “urbanistica”. Tema sul quale il relatore Mantovani costituisce una garanzia di competenza.

In realtà noi auspichiamo che il tema possa costituire l'innesco per una più vasta analisi attorno alla condizione della terza età, alla fragilità derivante da fascia anagrafica, alla condizione in atto per fronteggiarle adeguatamente.

Solo di passaggio, segnaliamo che solo qualche giorno fa un'importante sessione del Consiglio Comunale, dedicata all'approvazione del Bilancio dell'Azienda Speciale Comunale per i Servizi alla Persona “Cremona Solidale” potrebbe in teoria aver avviato, con la caduta della preclusione del modello istituzionale (azienda pubblica o RSA), una riflessione meno ingessata da ideologismi e più aperta ad uno sforzo corale. Nei confronti di una problematica sociale meritevole di visioni e progetti trasversali.

Daremo conto dello svolgimento del convegno. E forniremo il nostro contributo per sollecitare e raccogliere contributi, di analisi e di proposta.

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